Good News/Bad News: le notizie sui diritti civili di ottobre 2024

Questo mese si parla di matrimoni omosessuali, proteste per il congedo parentale, cambio di genere e diritto all'aborto. Ecco le news più importanti sul tema dei diritti civili nel mondo

Torna anche a ottobre il consueto appuntamento con la rubrica dedicata alle news sui diritti civili, in cui vengono raccolte le notizie più interessanti e dibattute del momento. Questo mese guardiamo parecchio all'estero, ma con uno sguardo anche su alcuni fronti italiani particolarmente "caldi".

La Thailandia è il primo Paese del Sud-Est Asiatico a legalizzare i matrimoni omosessuali

Una news sui diritti civili che viene da lontano. La Thailandia è diventata il primo Paese del Sud-Est asiatico a riconoscere l'uguaglianza matrimoniale per le persone omosessuali. Re Maha Vajiralongkorn ha infatti dato l'assenso reale alla nuova legge approvata dal Parlamento lo scorso 18 giugno, e una volta pubblicata sulla Gazzetta ufficiale diventerà ufficiale entro 120 giorni.

Sulla base della nuova legge, le coppie LGBTQ+ potranno registrare il matrimonio a partire da gennaio del 2025. Il disegno di legge garantisce pieni diritti legali, finanziari e medici ai coniugi di qualsiasi genere, e descrive il matrimonio come una "partnership" tra due individui, cambiando nel Codice civile e commerciale i termini “uomini e donne” e “marito e moglie” rispettivamente in “individui” e “partner matrimoniali”. 

«Il diritto all’uguaglianza in Thailandia è iniziato - ha scritto su X Danuphorn Punnakanta, portavoce del partito di maggioranza Pheu Thai e presidente del comitato che ha supervisionato la legge - È solo l’inizio e seguiranno ulteriori leggi per i diritti e le libertà delle persone».

Il cambio di genere in uno stato europeo va riconosciuto in tutti gli altri: sentenza storica in Romania

Il rifiuto di riconoscere il cambiamento di nome e di sesso di un cittadino legalmente acquisito in un altro Stato membro è contrario al diritto dell'UE e costituisce un ostacolo all'esercizio del diritto di libera circolazione e di soggiorno. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia europea lo scorso 4 ottobre, con una sentenza destinata a fare la storia che è balzata subito tra le news sui diritti civili più importanti del momento.

La decisione della Corte arriva in seguito alla richiesta di un cittadino britannico-romeno che ha cambiato il proprio nome e titolo da femminile a maschile nel 2017, e ha ottenuto il riconoscimento legale della propria identità di genere maschile nel 2020 nel Regno Unito. Quando ha cercato di far modificare il suo certificato di nascita in Romania, le autorità locali hanno respinto la richiesta obbligandolo a intraprendere un nuovo procedimento separato per certificare il cambiamento di sesso.

La Corte ha stabilito che questo rifiuto viola i diritti su cui si fonda l’Unione Europea: «Dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza, Stato di diritto e rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori - si legge nella sentenza - sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini».

La Corte di Giustizia ha inoltre definito «irrilevante» il fatto che la domanda di riconoscimento e di annotazione del cambiamento di prenome e di identità di genere sia stata presentata in una data in cui il recesso dall’Unione Europea della Gran Bretagna aveva già avuto effetto.

Nel Regno Unito i padri protestano per chiedere l’aumento del congedo parentale

Fasce porta bebè a circondare statue di personaggi famosi per sensibilizzare sull’importanza di allungare il congedo parentale ai padri. Succede nel Regno Unito, dove gli attivisti di Dad Shift Uk da tempo si battono per ottenere più giorni di stacco dal lavoro per accudire i figli. L’ultima iniziativa è tra le più scenografiche: alle statue dell'ingegnere Isambard Kingdom Brunel, degli attori Laurence Olivier e Gene Kelly, dei calciatori Thierry Henry e Tony Adams sono state apposte delle fasce contenenti bambolotti per sensibilizzare sull’importanza di nutrire il legame tra padre e figlio.

Questo perché, come spiegano i papà britannici, il congedo di paternità inglese è “il peggiore d’Europa”, in termini di durata e condizioni. Nel Regno Unito infatti sono previste solo due settimane di congedo legale per i neopapà, pagate poco meno di 185 sterline a settimana. Tanto per fare un paragone, la Spagna prevede 16 settimane di congedo, la stessa durata prevista per le madri, mentre in Svezia i genitori possono dividersi equamente 480 giorni di congedo parentale retribuito. 

E in Italia? A oggi ai papà lavoratori dipendenti (pubblici e privati) sono imposti 10 giorni di astensione dal lavoro da prendere tra i due mesi precedenti e i cinque successivi al parto. I giorni diventano 20 in caso di parto gemellare o plurimo. Durante il congedo, il padre ha diritto a un’indennità del 100% della sua retribuzione. Viene riconosciuto anche un giorno facoltativo in più di congedo di cui il papà può usufruire in alternativa alla madre.

«Un congedo parentale adeguato per padri e co-genitori è positivo per le madri, positivo per i bambini, positivo per i padri e positivo anche per la società. I paesi con un congedo di paternità di sei o più settimane hanno un divario retributivo di genere inferiore del 4% e un divario di partecipazione alla forza lavoro inferiore del 3,7%, il che significa che il cambiamento può aiutare a far crescere l'economia aiutando al contempo le famiglie britanniche», si legge nella lettera aperta che i sostenitori della campagna lanciata da Dad Shift Uk hanno consegnato al primo ministro. Una news sui diritti civili che ci interessa molto da vicino.

All’ospedale Sant’Anna di Torino la protesta contro la stanza dell’ascolto 

Torniamo in Italia per una protesta legata all'apertura della contestata "stanza dell'ascolto" all'ospedale Sant'Anna di Torino. Si tratta di uno sportello interno alla struttura gestito da volontari del Movimento per la Vita, un’associazione antiabortista, cattolica e conservatrice. A promuoverla è stato l’assessore regionale alle Politiche sociali, Maurizio Marrone di Fratelli d’Italia, con lo scopo di «far superare le cause che potrebbero indurre le donne all'interruzione della gravidanza» attraverso un colloquio con i volontari, che potrebbero anche proporre contribuiti materiali a sostegno del prosieguo della gravidanza.

Proprio i fondi impiegati per mandare avanti lo sportello sono tra le questioni più contestate, visto che verranno utilizzati quelli del "Fondo Vita Nascente", approvato con una delibera dalla Regione Piemonte e finanziato negli anni scorsi con oltre 400mila euro e poi con quasi un milione di euro per il 2024. L'apertura della stanza dell'ascolto è stata possibile grazie alla convenzione firmata un anno fa, ed è stata duramente contestata dalle associazioni femministe e per i diritti civili, che ritengono lo sportello (cui si accede su appuntamento) uno strumento per convincere le donne a non ricorrere all'ivg, puntando anche sulla questione economica.

A fine settembre le attiviste di Non Una Di Meno avevano organizzato un presidio davanti all’ospedale Sant’Anna proprio per protestare contro la "Stanza dell'ascolto": «Nel 1978 il movimento delle donne occupava l'ospedale Sant'Anna per pretendere la piena applicazione della Legge 194, da poco approvata - hanno spiegato le attiviste di Non Una di Meno - Nel 2024 abbiamo rioccupato quello stesso ospedale perché vogliamo molto più della 194 e perché, oggi come allora, non vogliamo lasciare nessuno spazio alle associazioni antiabortiste».

«C’è un filo rosso di sorellanza che ci lega con le compagne di quegli anni - proseguono le attiviste - Perché se oggi non moriamo più a milioni a causa di procedure abortive pericolose e possiamo rivendicare un aborto con procedure sempre meno invasive è grazie a tutte quelle donne che hanno riempito le piazze, si sono autodenunciate e sono state processate per aver abortito, hanno aperto i consultori autogestiti, hanno condiviso saperi e pratiche e infine hanno ottenuto una legge, che seppur nelle sue limitazioni, ha riconosciuto il nostro diritto a scegliere e autodeterminarci, permettendoci ora di pretendere di più, in linea con le attuali tecnologie riproduttive»

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