Giornata internazionale delle persone con disabilità: la persona prima di tutto
Il principio di uguaglianza sostanziale costituisce il presupposto logico su cui si fonda ciascun ordinamento democratico e riveste un ruolo centrale nella ricostruzione dei diritti sociali: tale principio si può riflettere nella legge n. 13 del 1989 ovvero sull'abbattimento delle barriere architettoniche.
VEDI ANCHE CultureGoogle Maps: arriva una nuova impostazione dedicata ai luoghi accessibiliLa disabilità , di per sé, non esiste, è una semplice caratteristica. La disabilità nasce in relazione con un ambiente non pronto ad accoglierla, dunque il problema risiede in un mondo costruito per persone senza disabilità, pensato dunque non per tutti e le barriere architettoniche ne sono un esempio
Questo argomento viene ancora oggi sminuito e ridicolizzato. Eppure nel lontano 1986 vennero introdotti i PEBA, Piano di Eliminazione Barriere Architettoniche, ovvero dei progetti che i comuni possono approvare per rilevare le barriere architettoniche presenti e richiedere dei contributi per l'eliminazione di quest'ultime.
Purtroppo queste barriere architettoniche nascono anche da barriere culturali date da superficialità, arroganza e ignoranza sulla questione. Un esempio? Una struttura o un edificio ideato senza tener conto dell'eliminazione delle barriere architettoniche è conseguenza di barriere culturali che non tengono in considerazione ogni individuo con le sue caratteristiche.
L'importanza di un linguaggio inclusivo
Il cambiamento culturale può partire da un linguaggio corretto e più inclusivo. Ecco qualche esempio di come potremmo modificare il nostro linguaggio per dare spazio a una maggiore inclusività:
- Un primo esempio importante è quello di anteporre sempre la persona: una persona con disabilità non è la sua sedia a rotelle ma ha un nome e cognome. Inoltre basterebbe dire una persona sorda, anziché "un sordo"
- è sbagliato dire "costretto" in carrozzina, la sedia a rotelle non è una costrizione ma anzi, al contrario uno strumento utile per garantire autonomia e movimento
- Carrozzella, Carrozza. Chiamiamola col suo nome: carrozzina o sedia a rotelle
- Usare un linguaggio di compassione o pietismo è altrettanto sbagliato
- Parlare subito e solo all'accompagnatore senza rivolgere parola alla persona con disabilità è sbagliato
Allora non si può fare o dire niente? No, basterebbe usare rispetto ed intelligenza
Tutto questo si può anche riassumere in una sola parola: abilismo. Cos'è l'abilismo? Si tratta di un bias implicito molto difficile da riconoscere ed individuare.
Possiamo dire che ha diverse forme e gradi: dalle micro aggressioni involontarie e socialmente accettabili (compassione, micro svalutazioni, pietismo, paternalismo, ecc) a quelle socialmente inaccettabili (come crimini di odio e violenza).
Ma se ognuno di noi volesse essere dalla parte della soluzione anziché del problema, potrebbe partire col pensare di far sempre riferimento alla persona e non alla sua disabilità (in realtà neanche al colore della pelle, età, genere, ecc)
è consigliabile dunque favorire, ove possibile, un linguaggio "person-first" anzichè "identity-first"
Detto questo, l'unica priorità soprattutto nel linguaggio rimane quella del rispetto, quindi è da abolire l'uso del termine "disabilità" come offesa o derisione: anche se l'intento non è quello di offendere le persone con disabilità lo si fa ugualmente.
Se dunque vogliamo fare qualcosa nel concreto per le persone con disabilità dobbiamo smettere di usare certi termini per offendere, solo perché lo riteniamo un "modo di dire" diffuso.
Si può scherzare invece sulla disabilità? Bisognerebbe saperlo fare. Come? Stando ad esempio dalla parte della persone con disabilità o della minoranza, per elevarla e non per colpirla (ironia punch down e punch up). Solo in questo modo si può ridere della disabilità con intelligenza e rispetto, dunque con consapevolezza, perspicacia e spessore.
Da donna e donna con disabilità, spesso vittima di una multi discriminazione e tante, troppe ingiustizie, ho provato ad elencarvi alcune situazioni difficili che una persona con disabilità vive quotidianamente (ovviamente c'è ancora tanto altro, aihmé).
Per questo penso che la tematica dell'inclusione debba essere affrontata trasversalmente, coinvolgendo il mondo della scuola nella sua interezza (studenti, genitori, docenti) ma anche nel mondo dello sport, della famiglia, del lavoro. Abbracciare una cultura inclusiva non significa accettare senza porre l'accento sulle differenze ma, anzi, riconoscerle e valorizzarle insieme alle unicità di ognuno di noi.
Cerchiamo di non costruire barriere e impariamo a costruire strade capaci di unire il mondo delle persone con disabilità e persone senza disabilità, per capire che siamo tutti diversi e unici ma al contempo persone con doveri e diritti che, nel caso delle persone con disabilità, non sono capricci o privilegi ma vere e proprie necessità per garantire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società.
L'inclusione ha bisogno di leggi che la sorreggono ma ha soprattutto la necessità di essere sostenuta dalle persone, ed è per questo che voglio dire soprattutto ai più giovani in occasione di questa Giornata per i diritti delle persone con disabilità: di non aver paura della diversità e, in modo conforme alla frase "siamo tutti uguali ma tutti diversi", di ricordare che la differenza è una ricchezza, un valore aggiunto in una società capace di includere, rispettare e accogliere.