Atenei “hate free”: da Bologna arriva un vademecum per un’università più inclusiva
Lo scorso 28 marzo, il consiglio di amministrazione dell’università di Trento ha varato il regolamento generale dell’Ateneo. Un normale documento che ha, in un certo senso, fatto scalpore perché scritto usando il “femminile sovraesteso” per le cariche e i riferimenti di genere. Infatti all’articolo 1 del regolamento universitario si legge che «i termini femminili usati in questo testo si riferiscono a tutte le persone». Quindi anche ai maschi. In questo modo vi è stato un ribaltamento: si è sostituita l’abitudine di usare il maschile sovraesteso.
Il femminile sovraesteso non è solo un atto simbolico, è cambiamento
«La presidente, la rettrice, la segretaria, le componenti del Nucleo di valutazione, la direttrice del Sistema bibliotecario di Ateneo, le professoresse, la candidata, la decana… Termini come questi sono citati e ripetuti più volte in riferimento a tutte le persone a prescindere dal genere», si legge nel comunicato stampa. Per Flavio Deflorian, il rettore dell’università di Trento, questo è un atto simbolico e serve a dimostrare che la parità di genere parte anche dal linguaggio.
Di grande importanza è anche il fatto che un passo così importante avvenga dentro l’accademia. Infatti, se il femminile sovraesteso è ormai di uso comune tra le associazioni e i movimenti femministi o per i diritti delle persone LGBTQIA+, non si può dire lo stesso a livello istituzionale.
Partire dal linguaggio resta sempre una regola aurea per decostruire gli stereotipi e appianare le disuguaglianze
Come rendere gli atenei più inclusivi?
«Quali sono le pratiche e gli strumenti che le università italiane adottano, o potrebbero adottare, per contrastare i rischi di discriminazione legati all’odio e rendere gli atenei più inclusivi?». Parte proprio da questa domanda la ricerca condotta dall’Università di Bologna, in collaborazione con la Rete nazionale contro i discorsi e i fenomeni di odio.
La ricerca ha preso in esame la situazione in 13 atenei; e sono state esaminate diverse categorie, non esclusive, né esaustive. Queste categorie possono essere aggiornate e ampliate, ma il punto importante è che questa ricerca ha permesso la creazione di un vademecum che raccoglie le buone pratiche per l'inclusione, elencando quelle già in atto e proponendo nuove strategie.
L’obiettivo del vademecum è trasversale: si vogliono prevenire e contrastare i discorsi e i crimini di odio in vari ambiti, dalla violenza basata sul genere alle discriminazioni sulla nazionalità o per l’appartenenza politica.
Incoraggianti i risultati: dalla ricerca emerge infatti che la maggior parte delle università italiane sono impegnate a istituire e promuovere pratiche, organi e iniziative volte a includere e garantire il diritto allo studio. Nonostante buone pratiche siano già in atto, si può migliorare promuovendo politiche realmente inclusive per tutte le persone e facendo in modo che i rettorati e le amministrazioni di tutti gli atenei italiani si impegnino ad attuare il vademecum.
A ogni categoria delle linee guida, ecco come migliorare l’inclusività
Sono tante le prassi che gli atenei italiani mettono in atto per rendere l’università un luogo più inclusivo e rispettoso delle differenze, della propria comunità, dell’ambiente. Alcune di queste sono previste per legge, altre sono state istituite su base volontaria.
Tra le categorie - prese in esame dalla ricerca - ci sono:
Organismi e strategie per la tutela degli studenti e delle studentesse. Da una parte deve essere garantita la presenza di persone con ruoli di riferimento, dall’altro serve collaborare con centri e studi di ricerca per adottare linee guida chiare.
Studenti e studentesse con disabilità. Oltre a essere previste strutture e pratiche che garantiscano il diritto allo studio affiancate a un adeguato supporto psicologico; secondo il vademecum andrebbe favorita una comunicazione realmente inclusiva evitando l’uso di parole non rispettose.
Studenti e studentesse con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA). Andando al di là di servizi e materiale didattico idoneo e appositamente creato, bisogna introdurre un linguaggio rispettoso di ogni diversità e scevro da stereotipi e pregiudizi.
Parità di genere. Su questo punto è già previsto che vengano istituiti degli sportelli, organi e regolamenti contro le molestie morali e sessuali e al fine di agevolare in contrasto alla violenza di genere. Tra le proposte che secondo il vademecum sarebbe opportuno aggiungere spiccano la creazione di spazi child friendly per conciliare la vita privata e il lavoro/studio, creare delle collaborazioni con i centri antiviolenza del territorio per fare informazione, installare distributori automatici di prodotti mestruali a prezzi controllati e incentivare l’utilizzo di entrambi i generi al posto del maschile sovraesteso.
Migranti e rifugiati. A proposito di migrazione, gli atenei italiani devono migliorare e possono farlo solo prendendo in considerazione queste soggettività e promuovendo progetti per l’integrazione a cui devono affiancarsi ricerche e studi in ottica decoloniale.
Persone LGBTQIA+. La carriera alias è solo la punta dell’iceberg. Servono interventi strutturali per migliorare la vita delle persone LGBTQIA+ dentro le università, dai bagni a-gender agli sportelli di supporto per creare confronto, informazione e approfondimento.
Persone iscritte all’università che si trovano in stato di privazione della libertà. Il vademecum identifica la necessità di un servizio di tutoraggio per le persone detenute.
Diritto allo studio. Per garantire questo diritto è fondamentale facilitare l’accesso a borse di studio, esonero tasse, agevolazioni. Inoltre, servono spazi e risorse adeguate per monitorare il benessere di chi lavora o studia in università per prevenire casi di burnout, disagio o marginalizzazione.
Sostenibilità e ambiente. Per tutelare l’ambiente devono essere promossi progetti che coinvolgano in maniera attiva tutta la popolazione universitaria al fine di creare delle reti nazionali e internazionali che si impegnano e mettono in atto azioni concrete su questo tema.
Il vademecum vuole contribuire alla diffusione di principi e pratiche che rendano l’università hate free e di conseguenza più inclusiva e rispettosa della diversità, volta a promuovere una cultura antidiscriminatoria e riportare al centro del dibattito pubblico e dei programmi formativi la parità e i diritti delle persone.