The Ballad of Human Mutations: a Milano, una mostra sul valore della non conformità

Alla Fabbrica del Vapore di Milano, fino al 10 novembre, l’esposizione fotografica dell’artista padovana Aliteia rivela i corpi di alcune persone affette dalla neuropatia Charcot-Marie-Tooth. Una patologia che è il punto di partenza di una riflessione profonda e delicata sulla fragilità umana e sulla bellezza di riconoscerla in ognuno, senza nasconderla

«Ricordo che quand’ero bambina, al mare, inventai un gioco: dovevo cercare un piede che fosse elegante quanto quelli di mia mamma e mia zia. Per me i loro piedi erano bellissimi, non capivo perché volessero coprirli. Fu in quel momento che scoprii una parola che sarebbe entrata nella mia vita per sempre: Charcot-Marie-Tooth», spiega Alice Babolin, in arte Aliteia.

È questa la genesi di The Ballad of Human Mutations, la prima mostra personale di Aliteia in scena alla Fabbrica del Vapore (Alveare Culturale) fino al 10 novembre 2023. Organizzata in partnership con ACMT-Rete per la Malattia di Charcot-Marie-Tooth e in collaborazione con PROSSIMI Srl Impresa Sociale ETS, è incentrata sulla Charcot-Marie-Tooth, la più comune delle neuropatie ereditarie ma al contempo patologia rara e poco conosciuta, che colpisce i nervi del sistema nervoso periferico compromettendo la funzione motoria, sensitiva e/o i riflessi di piedi e mani.

Una malattia che l’artista conosce da vicino, dall’esperienza dei familiari che ne sono affetti. Proprio da qui parte la ricerca introspettiva che ha dato forma a The Ballad of Human Mutations.

L'artista Aliteia
L'artista Aliteia

«Si tratta di un progetto che nasce dal mio vissuto e che si è concretizzato grazie alla partnership con ACMT-Rete per la malattia di Charcot-Marie-Tooth OdV, associazione formata da persone affette da Charcot-Marie-Tooth e da suoi sostenitori. Le immagini di questa esposizione nascono da un cerchio a cui hanno partecipato alcune persone dell’associazione: ho chiesto loro di mettere a nudo alcune zone del corpo che solitamente nascondono, parti di cui si vergognano e che invece racchiudono profonda bellezza e umanità», prosegue Aliteia.

The Ballad of Human Mutations
The Ballad of Human Mutations

Attraverso l’esposizione di 20 fotografie di medio-grande formato e un’installazione scultorea site-specific – «tratta dal calco del piede di mia zia», spiega l’artista – la mostra indaga il concetto di “non conformità del corpo”, interrogandosi su che cosa ne definisca le tracce, il perimetro all’interno cui ci muoviamo. Protagonisti dei ritratti in bianco e nero sono mani e piedi che si intrecciano dando forma a una danza, a un movimento dolce che si dipana per la sala. Una ballata, come il titolo del progetto suggerisce. La mostra espone anche fotografie del dietro le quinte della pratica performativa da cui sono nati gli scatti.

The Ballad of Human Mutations
The Ballad of Human Mutations

Una mostra che è un manifesto della sensibilità di Aliteia: artista poliedrica e sperimentatrice, Alice Babolin concepisce l’arte come veicolo di conoscenza e di trasformazione. Il suo nome d'arte, Aliteia, deriva dalla parola Aletheia (ἀλήθεια), che in greco significa letteralmente "lo stato del non essere nascosto; lo stato dell’essere evidente". Aletheia è la verità che non si può nascondere, e così è il concept di The Ballad of Human Mutations: un progetto che vuole svelare una verità del corpo che non ha senso nascondere poiché è portatrice di identità, di diversità, di profonda umanità.

«Aliteia è riuscita in un compito molto complesso: mettere a nudo le persone lasciando che mostrassero parti del corpo che solitamente vogliono nascondere, di cui provano vergogna. Eppure questa non è una mostra sulla Charcot-Marie-Tooth: è una mostra sulla fragilità e sull’importanza di non celarla ma anzi, di trasformarla in un elemento di espressione del proprio vero sé», spiega la curatrice Alisia Viola.

A sinistra, la curatrice Alisia Viola, a destra, Aliteia
A sinistra, la curatrice Alisia Viola, a destra, Aliteia

Un progetto fotografico profondamente femminile, come spiega anche la stessa artista, che ha voluto cogliere i turbamenti, i dubbi delle persone affette da Charcot-Marie-Tooth, allargando però il discorso a tutte le persone che sentono di non aderire a modelli estetici che riducono l’ampiezza delle infinite sfumature della bellezza. «Non è una mostra inclusiva. Includere presuppone la presenza di un confine. Piuttosto si tratta di espandere, di allargarsi e andare incontro a tutti coloro che si sentono non conformi, che provano disagio per come sono. La loro fragilità è parte dell'essere umani. Siamo tutti fragili e imperfetti, ed è meraviglioso così», conclude Aliteia.

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