Balletti Verdi: quando l’omosessualità in Italia faceva scandalo

Balletti verdi è stato uno dei più grandi scandali degli anni 60 in Italia legati all’omosessualità. Una vicenda che ci racconta da dove veniamo e apre uno sguardo su cosa significava non essere eterosessuale in Italia. Ve la raccontiamo

Il 5 ottobre del 1960 sul Giornale di Brescia viene pubblicato un articolo che informa di un’inchiesta in corso relativa all’ambiente omosessuale.

Un estratto del testo recita così: Da parecchio tempo si parlava in città di una vasta operazione intrapresa dagli organi investigativi per bloccare un dilagante circuito del vizio (…) Le notizie relative a convegni immorali, a trattenimenti di genere irriferibile, ad adescamenti ed a corruzioni e ricatti sono ripetutamente giunte fino a noi.

Secondo gli inquirenti, in una cascina situata nella località di Castel Mella, si tengono una serie di feste a sfondo omosessuale, dove sono coinvolti anche dei minorenni. Questa notizia, apparentemente di poca rilevanza, crea un vero e proprio fenomeno di isteria di massa: si arriverà a indagare quasi duecento persone.

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Garofani verdi nell’Italia anni 60

L’inchiesta relativa ai presunti "festini immorali" di Castel Mella, e il clamore mediatico che ne è conseguito, è passato alla storia come “i balletti verdi”.

Il termine coniato dal quotidiano Le Ore: “Balletti” ai tempi era un sostantivo usato in gergo per parlare degli scandali a sfondo sessuale. Il verde, invece alludeva all’omosessualità poiché era il colore che Oscar Wilde usava per gli iconici garofani che portava all’occhiello: lo stesso scrittore irlandese vittoriano era stato al centro di un processo e condannato a causa del suo orientamento sessuale.

Lo scrittore Oscar Wilde
Lo scrittore Oscar Wilde

Lo storico e attivista Stefano Bolognini ricostruisce la vicenda nel suo testo Balletti verdi: uno scandalo omosessuale (Liberedizioni, 2000), facendo emergere uno spaccato di come gli orientamenti non eterosessuali - nell’Italia degli anni 60 - fossero considerati devianti.

l’opinione pubblica del tempo giudicava aspramente l’omosessualità, come emerge dalle lettere che arrivavano ai giornali

Scrive un lettore a una redazione: Il pubblico è interessato a conoscere chi si aggira in certi luoghi… perché certi nomi non saranno nuovi del tutto. Ed è appunto sulla certezza di quelli e di questi che si potrebbe intraprendere una campagna di isolamento ed eliminazione da parte di tutti.

Anche Sara Poma, nel podcast Prima, dedicato all’importante figura di Maria Silvia Spolato, cita i “balletti verdi” come uno scandalo che fece numerosi danni all’interno della comunità omosessuale e rovinò molte vite. Coloro che venivano colpiti da questo tipo di accuse perdevano tutto: lavoro, rapporti sociali, affetti. In alcuni casi tentarono il suicidio.

Uno stigma che era necessario nascondere: vivere la propria sessualità alla luce del sole era impensabile.

Tra accuse ai VIP e nulla di fatto

L’indagine dura quasi quattro anni, con un clamore mediatico mai visto nel nostro Paese. L’isteria porta a ipotizzare che, legata ai balletti, vi fosse una tratta di minori tra Italia e Svizzera, un giro di droga, un’organizzazione dedita alla vendita di foto pornografiche.

Sono diffusi i nomi dei possibili partecipanti ai festini. A venire colpiti dall’esposizione mediatica sono persone di ogni ceto sociale.

L’apice della psicosi arriva quando un giovane cameriere che lavora presso una famiglia aristocratica romana afferma di aver partecipato ai balletti, e che ad essi aveva visto personaggi famosi del calibro di Mike Buongiorno, Gino Bramieri, Dario Fo, Franca Rame. Tutti questi personaggi si rivelano in seguito essere estranei ai fatti.

Dario Fo
Dario Fo

Notizie di scandali simili iniziano ad arrivare da ogni parte di Italia: ogni situazione è buona per sospettare di qualcuno.

Tra i genitori si faceva strada la preoccupazione che anche i propri figli potessero essere omosessuali, tanto che ad esempio il settimanale Il Borghese consiglia alle madri di distribuire ai figli foto di “vere donne”.

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Così i giornali dell’epoca descrivono le persone che si recavano agli interrogatori: Sulle scale della Procura si sono avvicendati squallidi individui… Qualche genitore non nascondeva la propria intima sofferenza… In mattinata sono comparsi due giovani biondi ossigenati, con vistosi maglioni verdi azzurro e calzoni attillati.

Tuttavia, il clamore finisce con un nulla di fatto e l’ipotesi dei festini con minorenni si rivela essere un’invenzione. Tra i quasi duecento indagati solo sedici sono effettivamente processati. Vennero tutti assolti tranne il proprietario della cascina dove tutto era iniziato, condannato a quattro anni di carcere per favoreggiamento della prostituzione.

Anche il giornale di Brescia, il primo a occuparsi del caso, il 31 gennaio 1964 titolò: «Finalmente ridimensionata la montatura dei balletti verdi».

Cosa raccontano i balletti verdi della nostra storia

I “balletti verdi” furono il primo scandalo mediatico a sfondo omosessuale. È interessante notare che questo tipo di storie venivano ai tempi raccontate nella cronaca nera, in quanto considerate forti e scabrose.

Bolognini fa notare come per parlare di questi fatti si usa un linguaggio morboso, pruriginoso. Si parla di torpitupini, fatti irriferibili, uomini viziosi, peccatori

A seguito di questo scandalo l’omosessualità entra nel dibattito politico: tuttavia nessun partito si rese portavoce delle istanze della comunità LGBTQIA+, anzi.

Infatti, secondo la sinistra, essere gay era un vizio borghese. Per la destra conservatrice invece gli omosessuali erano depravati, viziosi, mentre i per i cattolici erano dei peccatori

Afferma Bolognini:

La cultura dell’epoca era basata sul pregiudizio e i balletti verdi lo mostrano a noi contemporanei

Gli stereotipi, il sospetto e l’intolleranza impregnavano la cultura del nostro Paese anche solo 60 anni fa: tuttavia, per quanto la situazione attuale sia migliorata rispetto a quei tempi, le discriminazioni per la comunità LGBTQIA+ sono ancora molte.

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Occorre dunque ricordare chi eravamo per rendersi conto delle conquiste che sono state raggiunte, ma anche per non perdere di vista gli obiettivi che vogliamo ancora raggiungere. Facendo sempre attenzione a non perdere la via e a non tornare indietro durante il cammino.

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