“C’è ancora domani” è il film italiano più visto dell’anno: perché dovremmo vederlo tutte (e tutti)

Uscito nelle sale il 26 ottobre, C’è ancora domani ha vinto il Biglietto d'Oro al Festival del Cinema di Roma. Un debutto da record, da moltissimi punti di vista. Primo tra tutti, il modo in cui racconta la condizione femminile nella società patriarcale

Un debutto che entra nella storia, non soltanto per i numeri registrati, ma anche perché è riuscito a stimolare la riflessione - e dunque il dibattito - su una piaga che ancora oggi riguarda tante, troppe donne: quella del patriarcato e delle battaglie per l’indipendenza, l’autodeterminazione e l’autonomia.

Stiamo parlando, ovviamente, di “C’è ancora domani”, film in cui Paola Cortellesi debutta come regista. Scelto come film d’apertura della diciottesima edizione della Festa di Roma, in programma dal 18 al 29 ottobre, il film ha debuttato nelle sale il 26 ottobre e ha già portato al cinema 1.841.817 spettatori, facendo incassare quasi 13 milioni di euro, superando addirittura l’ultimo blockbuster di Marvel. 

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Un risultato doppiamente importante alla luce del tema che Cortellesi, una delle artiste più amate - e complete del cinema italiano - affronta: girato interamente in bianco e nero e ambientato a Roma nella seconda metà degli anni ’40, nel secondo Dopoguerra, ha per protagonista Delia (Cortellesi), moglie di Ivano (Valerio Mastandrea), il “pater familias” per eccellenza, e madre di tre figli. Sono proprio i ruoli di moglie e di madre a definire Delia come persona, un punto di partenza su cui Cortellesi lavora per mostrare il percorso di rinascita e liberazione non soltanto della protagonista, ma anche della figlia, che sembra destinata a seguire lo stesso percorso.

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Il film, acclamato da pubblico e critica, è diventato immediatamente un manifesto della cultura patriarcale che sino a pochi decenni fa era regola, e che ancora oggi non è stata del tutto sradicata nonostante le battaglie femminili e i traguardi faticosamente conquistati. Gli schiaffi, gli insulti e le umiliazioni che Delia subisce dentro e fuori le mura di casa, e cui assistono i figli, colpiscono gli spettatori quasi quanto la stessa protagonista, perché appaiono come naturali, scontati, legittimi. Ispirandosi ai racconti della nonna e della bisnonna, Paola Cortellesi tratteggia un personaggio soltanto all’apparenza fragile, in realtà dall’anima d’acciaio, che in una Roma in cui soffiano venti di Liberazione viene sfiorata, e poi trascinata, da una brezza che parla anche dalla sua libertà. 

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Impossibile girarsi dall’altra parte davanti allo spaccato familiare e sociale tratteggiato da Cortellesi regista e portato in scena da Cortellesi attrice: una donna convinta dalla società e dal marito che ciò che pensa e dice non vale nulla, ma che grazie a una lettera con su scritto proprio il suo nome, quella che porterà le donne, finalmente, alle urne per votare, e all’amore per la figlia (interpretata da Romana Maggiora Vergano, che abbiamo intervistato qui) capisce invece di contare moltissimo. Prima di tutto per se stessa.

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Un dramma che fa molto ridere, una commedia che fa piangere, anche nella forma C’è ancora domani è innovativo, e anche per questo diventa uno di quel film che tutti dovrebbero vedere. Soprattutto i più giovani, come ha ben espresso Carla Signoris, che ha suggerito che venga mostrato nelle scuole. Nel frattempo Cortellesi si gode i tre premi vinti al Festival del Cinema di Roma - Premio del pubblico, Premio speciale della giuria e Menzione speciale come migliore opera prima - e il Biglietto d’oro come film italiano più visto dell’anno.

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