Come sopravvivere alle domande dei parenti a Natale, abbattendo gli stereotipi

Come sopravvivere alle domande dei parenti a Natale? Una domanda che rimbomba nella testa di molte persone proprio in questi giorni: una guida semplice e immediata su come rispondere agli interrogativi più gettonati e imbarazzanti che, soprattutto, riguardano e valutano la vita delle donne

 «E il fidanzato? La fidanzata? Ma quando ti sposi? Non ti sposi? E la laurea? Ma qual è esattamente il tuo lavoro? Quando un figlio?»: le occasioni di convivialità natalizia possono rappresentare un momento ostico e stressante se, a sedere a tavola, sono quei parenti e familiari che – pur non essendo frequentazioni assidue nella propria quotidianità – preservano la particolare confidenza e disinvoltura di indagare gli aspetti più insondati delle esistenze altrui.  

Come fronteggiarli? In primis, si può scegliere di non farlo. Dare conto delle proprie vite non è un obbligo morale, né legge costituzionale. Per cui, scegliere di non rispondere è una scelta assolutamente valida

In alternativa, è possibile affrontare anche il parente più curioso con il potere dei dati: lasciarli parlare, facendo riferimento a fatti concreti e precisi, è una strategia efficace per assestare risposte consapevoli e decostruire gli stereotipi radicati. A tavola e fuori.

Ma che lavoro fai?

Non riuscire a spiegare anche alla zia più affezionata che cosa significhi “SEO”, “content strategy”, “algoritmo” o “engagement” è perfettamente normale: appena dieci anni fa, ad esempio, la professione del social media manager cominciava la sua scalata.

Nel 2006 Facebook era solo agli albori, oggi ha un miliardo e mezzo di utenti nel mondo: i social network sono diventati parte integrante non solo delle nostre vite ma anche di ogni modello di business.

Il cambiamento e l’innovazione stanno procedendo più veloci che mai ed è facile immaginare, secondo l’ultimo report Human Capital Index del WEF, che presto sorgeranno nuove professioni nei settori più promettenti come la robotica, i trasporti automatici, l’intelligenza artificiale, le biotecnologie, la genomica e i materiali hi-tech. «Lavoro già nel futuro» potrebbe essere la risposta suggerita.

Hai comprato casa?

Stabilità immobiliare, un grande classico che guida le domande nei cenoni natalizi. A formulare la risposta più convincente sono i dati emersi da una recente indagine di Ener2Crowd.com, piattaforma di investimenti: con uno stipendio di circa 1.600 euro al mese occorrono 41 anni per acquistare la propria abitazione.

I dati dell'analisi, come scrive il gruppo, vedono gli italiani «arrancare finanziariamente ed economicamente in un mercato, quello immobiliare, gonfiato da dinamiche emotive e pronto ad implodere dopo che la crisi sanitaria del Covid-19 ha prodotto un cambiamento sociale radicale la cui componente più importante è la fuga dalle città e dagli uffici».

Ma non solo: lo scenario emerso dall’indagine vede le nuove generazioni italiane sempre più distanti dalla possibilità di acquistare un appartamento, per motivi legati al mercato del lavoro e alle basse ed incostanti retribuzioni. Quando ci riescono, sono costrette a indebitarsi per un'intera vita: circa il doppio del tempo che ci avrebbero impiegato le generazioni precedenti. Come si legge nello studio: "Nel 1962 un operaio della Fiat con uno stipendio di 50.000 lire al mese poteva permettersi di acquistare un appartamento in un quartiere residenziale limitrofo al centro storico, impegnando solo il 50% della propria retribuzione, in 21 anni. Nel 1972 lo stesso operaio ne impiega 19 per acquistare un appartamento di analoghe dimensioni in una zona leggermente più periferica".

Quando ti laurei?

L’università non è una gara e, l’eccellenza a tutti i costi, è una narrazione poco coerente al modello universitario che chiedono le studenti e gli studenti che la vivono: più inclusivo e meno competitivo.

Avvalorare il concetto di merito e correlarlo al primato nei tempi, oltre che fuorviante, ignora una dimensione importante: quella del privilegio e delle condizioni materiali di partenza

Ciò nonostante, come evidenzia il rapporto AlmaLaurea 2022, le persone laureate promuovono l’università. Ma il sistema non le promuove.

Gli indicatori fanno emergere una valutazione positiva dell’università con l’88,8% del campione che si dichiara soddisfatto del rapporto con i docenti e il 72,9% che confermerebbe la scelta compiuta sia di corso sia di ateneo. Per contro, il mercato del lavoro tratteggia un quadro di instabilità per le persone neo-laureate con un aumento dei contratti a tempo determinato.

La forma contrattuale più diffusa nel 2021, a un anno dal conseguimento dal titolo, è il lavoro non standard, prevalentemente alle dipendenze a tempo determinato, che riguarda circa il 40% degli occupati (41,4% laureati di primo livello e 38,5% laureati di secondo livello). Rispetto alla rilevazione del 2019 l’incremento è pari a +2,6 punti percentuali per i laureati di primo livello e +4,9 punti quelli di secondo livello. 

E il fidanzato? La fidanzata?

Etero e monogama: la relazione su cui generalmente si indaga è questa. Il motivo? Preparare il terreno per la domanda strettamente correlata, ovvero «quando ti sposi?»

A decostruire le convinzioni e fornire un quadro esaustivo della realtà è direttamente l’ISTAT: in Italia più di una famiglia su tre (35,1%) è formata da una sola persona.

Come emerge dal rapporto Istat 2022 presentato lo scorso luglio, il cambiamento più forte è quello della famiglia tradizionale. 

Sono diminuite le famiglie composte da coppie con figli che nel Centro-nord non rappresentano più il modello prevalente. Al contempo, sono aumentate le coppie non coniugate, le famiglie ricostituite, i single non vedovi e i monogenitori non vedovi

Secondo le stime, nel 2040 il 39% delle famiglie sarà costituito da persone che vivono da sole. In percentuale i single hanno superato le coppie con figli, che costituiscono ormai solo il 31,2% delle famiglie. 

Quando fai un figlio?

Maternità e paternità sono una scelta libera e, soprattutto, non obbligata. C'è "una florida e talvolta felice minoranza di donne che non fa figli perché non vogliono". Con queste parole, scritte in un articolo su Specchio de La Stampa il 16 gennaio 2022, la giornalista Simonetta Sciandivasci ha sollevato il tema e dato vita a un dibattito acceso su una scelta ancora non pienamente legittimata: non avere figli.

Una questione spinosa che ha provocato, come racconta Sciandivasci, la rabbia di "maschi, femmine, mariti, mogli, padri, nonni, nonne, zie, amiche di mia madre, professori di liceo, professori universitari, adolescenti, colleghi, colleghe, un prete"

Da questo lungo scambio di opinioni è nata l'antologia I figli che non voglio (Mondadori, 2022), curata dalla stessa Sciandivasci: le storie raccontate sono una vivida testimonianza della lunga strada da fare affinché la libertà di volere o non volere figli diventi tale.

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Mettere i propri desideri al centro: un augurio e una risposta convincente, non solo a Natale.

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