L’Italia non è (ancora) un Paese per donne. Il Comitato Cedaw: «Lontani dagli obiettivi della Convenzione»
L'Italia è un Paese ancora caratterizzato da sessismo e stereotipi di genere a livello sociale e istituzionale, ben lontano dagli obiettivi fissati nella Cedaw (Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination Against Women), la Convenzione per l’Eliminazione delle Discriminazioni contro le Donne siglata nel 1979 proprio per promuovere una società fondata su equità e uguaglianza in materia di diritti delle donne.
Nelle osservazioni conclusive sull’ottavo rapporto dell’Italia (viene emesso ogni 4 anni) il Comitato Cedaw di Ginevra, istituito per verificare l’applicazione delle norme della Convenzione e composto da esperte in materia, ha espresso crescente preoccupazione per un quadro normativo e legislativo poco chiaro e privo di definizione sul fronte delle discriminazioni. Ha poi formulato specifiche raccomandazioni, invitando per l'ennesima volta il nostro Paese a rafforzare in modo sistemico e in una prospettiva a lungo termine la dimensione di genere nell'attuazione della Convenzione, adottando misure per affrontare efficacemente le disparità nel godimento dei diritti delle donne.
L'Italia è un Paese in cui regna un grave gap economico e di potere tra uomo e donna
«Le osservazioni delle esperte del Comitato confermano l’Italia come un paese caratterizzato dalla persistenza del sessismo e degli stereotipi di genere a livello sociale e istituzionale in relazione a tutti i temi trattati dalla CEDAW, in particolare educazione, violenza, lavoro, affermazione dei diritti delle donne, accesso alla giustizia», ha detto Marcella Pirrone, avvocata Rete D.i.Re, Donne in Rete contro la violenza.
Il Comitato, elencando una serie di raccomandazioni rivolte al governo anche da parte del Consiglio dei Ministri della Corte Europea dei diritti umani, ha sottolineato il grave gap economico e, in generale, di potere tra uomo e donna, così come nelle relazioni familiari e in ambito lavorativo, nella partecipazione a tutti gli ambiti politici, culturali, sociali ed economici della società. Si è soffermato anche sul tema dell'educazione, con la raccomandazione di "garantire che gli stereotipi di genere siano eliminati dai libri di testo a tutti i livelli di istruzione e in tutte le regioni dello Stato parte, e che i curricula scolastici, i programmi accademici e la formazione professionale degli insegnanti trattino adeguatamente i diritti delle donne e l'uguaglianza di genere", e la raccomandazione di “fornire un'educazione obbligatoria, completa e adeguata all'età sulla salute e sui diritti sessuali e riproduttivi alle ragazze e ai ragazzi come parte del normale curriculum scolastico”.
Le raccomandazioni del Comitato Cedaw
La richiesta, espressa con estrema preoccupazione, è stata quella di adottare una chiara definizione di discriminazione contro le donne, che comprenda la discriminazione diretta e indiretta nella sfera pubblica e privata, e tutte le forme intersezionali, e in generale di riformulare la politica nazionale per le pari opportunità sul lavoro, continuando a rafforzare ulteriormente le misure volte ad aumentare l'accesso delle donne all'occupazione. Un'ulteriore richiesta è quella di “aumentare la disponibilità di strutture e servizi di assistenza all'infanzia di qualità a prezzi accessibili in modo significativo e adottare programmi volti a sostenere le donne che cercano di rientrare nella forza lavoro dopo lunghe interruzioni di carriera”.
«È stato delineato un quadro di persistenti discriminazioni e mancata affermazione dei diritti delle donne in Italia, che è radice del problema della violenza contro le donne ed esacerba tutte le forme di violenza, fisica, psicologica, sessuale, economica e domestica - sottolinea Elena Biaggioni, vicepresidente D.i.Re – Rispetto all’esistente sistema di contrasto alla violenza, il Comitato osserva gravi deficit strutturali».
Oltre a sottolineare l'importanza di finanziamenti adeguati ai centri antiviolenza e alle case rifugio, il Comitato ha espresso importanti raccomandazioni che riguardano nello specifico la violenza alle donne.
Tra queste, la necessità di rafforzare la formazione dei professionisti in ambito giudiziale e legale e di affrontare i pregiudizi giudiziari di genere prevenendo la vittimizzazione secondaria delle donne e garantire, attraverso formazione continua e obbligatoria di giudici, pubblici ministeri, funzionari di polizia e altri funzionari incaricati dell'applicazione della legge, che gli ordini di protezione siano effettivamente applicati e monitorati, con sanzioni in caso di mancata osservanza.
La soddisfazione delle associazioni: "È tempo di agire e adeguarsi"
Le osservazioni del Comitato hanno raccolto il plauso delle numerose associazioni che si battono per la tutela dei diritti civili e delle donne. Il Forum Italiano sulle Disabilità ha espresso soddisfazione per il modo in cui le esperte del Comitato hanno "ascoltato le voci delle ragazze e delle donne con disabilità. Ora abbiamo strumenti validati per chiedere al nostro Paese che è giunta l’ora di eliminare le discriminazioni”.
Per Action Aid “assicurare adeguate risorse umane, tecniche e finanziarie al sistema antiviolenza italiano e potenziare l’impianto normativo delle politiche antiviolenza, garantendo il coordinamento con le Regioni, è dirimente per prevenire la violenza maschile contro le donne, fornire assistenza e supporto ed eliminare le disparità territoriali. ActionAid accoglie con particolare favore questa raccomandazione all’Italia del Comitato ONU per l’eliminazione della discriminazione contro le donne, in linea con le evidenze che da anni raccoglie per garantire a tutte le donne, indipendentemente dal luogo di residenza, il diritto a vivere una vita senza violenza”.
SNOQ Torino si è concentrato invece sulle osservazioni del Comitato in relazione al diritto all'aborto, sottolineando la preoccupazione espressa "per l’effetto ostacolante al diritto di aborto dell’ampio ricorso all’ obiezione di coscienza su tutto il territorio italiano. La grave disapplicazione della Legge 194 e le forti differenze territoriali rimangono un problema e ciò rafforza le richieste della società civile di implementazione effettiva della legge oltre che di recepimento delle recenti linee guida dell'OMS".
Che cos'è la Cedaw
La Convenzione per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW) è il più importante strumento internazionale giuridicamente vincolante in materia di diritti delle donne. Definisce "discriminazione contro le donne" ogni "distinzione, esclusione o limitazione basata sul sesso che abbia l’effetto o lo scopo di compromettere o annullare il riconoscimento, il godimento o l'esercizio da parte delle donne, indipendentemente dal loro stato matrimoniale e in condizioni di uguaglianza fra uomini e donne, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile, o in qualsiasi altro campo".
La Convenzione è anche lo strumento che detta le linee guida per arrivare all'eliminazione della discriminazione, dal diritto al lavoro ai diritti nel lavoro passando per quelli relativi alla salute e alla pianificazione familiare, all'eguaglianza di fronte alla legge, nella famiglia e nel matrimonio, nell’educazione e nell’istruzione, nella partecipazione alla vita politica, nello sport, nell'accesso al credito e nella concessione o perdita della nazionalità.
Gli stati che ratificano la Convenzione Cedaw si impegnano non solo ad adeguare a essa la loro legislazione, ma anche eliminare ogni discriminazione praticata da "persone, enti e organizzazioni di ogni tipo", nonché a prendere ogni misura adeguata a modificare costumi e pratiche consuetudinarie discriminatorie.