Educazione sessuale: l’Italia (ancora) fanalino di coda in Europa nonostante i buoni propositi
Si è tornati a discutere di educazione sessuale al termine di un estate molto preoccupante a causa delle violenze sessuali che si sono verificate a Palermo e a Caivano e che hanno provocato reazioni molto forti, anche alla luce del coinvolgimento di giovanissimi.
L'Italia, d'altronde, è rimasta una delle poche nazioni europee, insieme a Cipro, Bulgaria, Polonia, Romania e Lituania, a non avere inserito ufficialmente nei piani formativi programmi di educazione sessuale, neppure negli istituti superiori, e nel corso degli anni ben sedici proposte parlamentari hanno provato a introdurli, senza successo.
La proposta del ministro Valditara: lezioni in classe con studenti "insegnanti"
Proprio sulla scia di quanto accaduto questa estate, però, il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, aveva anticipato al Messaggero che il Governo sarebbe al lavoro su un "piano contro la violenza di genere", un modello articolato in cui l'educazione sessuale riveste, inevitabilmente, un ruolo fondamentale. Nelle previsioni di Valditara, le lezioni di “educazione alla sessualità” dovrebbero prevedere ore dedicate a discutere di parità di genere, maschilismo, consenso e delle varie forme di violenza di genere. La modalità che verrà sperimentata rappresenta una novità, quantomeno in Italia, perché coinvolge la cosiddetta “peer education”, ovvero l’educazione effettuata tra pari, cioè tra gli studenti.
Ogni classe, secondo il progetto, dovrebbe essere divisa in gruppi, e a ciascun gruppo di studenti sarà assegnato un argomento su cui verterà una lezione. L'obiettivo è coinvolgere il più possibile gli studenti, e superare eventuali barriere attraverso la comunicazione tra pari. Ad arricchire il dibattito, moderare e fornire informazioni sarà invece un gruppo di esperti, psicologi in primis. Pur annunciando l’entrata in vigore di questo provvedimento con il nuovo anno scolastico, a oggi però non vi è traccia della circolare che disciplina le linee guida dell’educazione sessuale e affettiva nelle scuole.
Italia tra i pochi Paesi rimasti a non avere l'educazione sessuale obbligatoria in classe
VEDI ANCHE CultureEducazione sessuale a scuola, in Italia non esiste: una petizione per rompere i tabùL’Italia resta quindi un Paese dove l’educazione sessuale in classe, se affrontata, è su iniziativa dei singoli dirigenti scolastici o amministrazioni. È il caso di Roma, dove il Municipio V lo scorso marzo ha approvato una risoluzione finalizzata a promuovere l’educazione sessuale nelle scuole primarie e secondarie di primo grado del territorio. Ma è solo per citare un caso recente, a dimostrazione del fatto che un approccio sistemico al tema ancora non è stato adottato. E questo nonostante in Europa l’educazione sessuale nelle scuole sia comparsa già a partire dagli anni Cinquanta: in Svezia è diventata materia obbligatoria nel 1955, in Germania nel 1968, in Danimarca, Finlandia e Austria nel 1970, la Francia si è adeguata nel 1998.
Eppure è la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità a indicare come, sebbene l’inizio dell’attività sessuale sia parte del normale sviluppo di un giovane individuo, un inizio troppo precoce o senza la dovuta attenzione alle infezioni sessualmente trasmesse possa avere ripercussioni negative sulla salute.
La prevenzione di queste patologie, insieme alla promozione dell’educazione sessuale in tutte le fasce della popolazione è al centro di una strategia globale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, la “Sexually transmitted infections 2016-2021”.
L’Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS e BZgA, il Federal Centre for Health Education tedesco collaborano ormai dal 2003 sul tema e nel 2010 hanno messo a punto un documento contenente le linee guida comuni per tutti i Paesi dell’Unione Europea, sottolineando come «l’approccio olistico dell’educazione sessuale è fondamentale nel promuovere lo sviluppo complessivo dei bambini e dei giovani, nonché lo sviluppo del loro comportamento sessuale. Questo approccio consente loro di sviluppare e ampliare le proprie conoscenze sulla salute e sui diritti sessuali e riproduttivi e li supporta nello sviluppo delle proprie capacità decisionali, di comunicazione e di riduzione del rischio. Inoltre, consente loro di sviluppare un atteggiamento positivo e responsabile nei confronti della sessualità e delle relazioni».
Nonostante questo, come detto, a oggi in Italia l’educazione sessuale resta una materia molto contestata e certamente non adottata in via ufficiale. I motivi sono svariati: da un lato lo stigma e i preconcetti verso il tema, in un Paese di estrazione profondamente cattolica in cui il sesso resta ancora, da certi punti di vista, un tabù, dall’altro l’assenza di una strategia e di una visione educativa in questo senso. Eppure, come dimostra un’indagine della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia, il 37% delle donne italiane vuole maggiori informazioni su benessere e salute sessuale, e oltre il 20% delle giovani tra i 20 e i 30 anni ha ammesso di avere appreso su Internet informazioni false, o solo parzialmente esatte, sulla sessualità.