Famiglie omogenitoriali: fine dei diritti? Intervista a Francesca Vecchioni

Dopo la sentenza della Corte di Cassazione del 30 dicembre 2022 è stato imposto lo stop alla registrazione in anagrafe dei figli delle coppie omogenitoriali. Un provvedimento che ha suscitato dibattiti e manifestazioni in tutta Italia, e che di fatto restringe i diritti dei bambini: ne abbiamo parlato con Francesca Vecchioni, fondatrice e presidente della Fondazione Diversity

Negli ultimi giorni se ne parla moltissimo: la decisione di fermare la trascrizione dei figli delle famiglie omogenitoriali – ovvero delle coppie dello stesso sesso – riporta di fatto l’Italia indietro di decenni, segnando un processo di involuzione nel riconoscimento dei diritti civili in Italia.

Un provvedimento che, bloccando il riconoscimento di entrambi i genitori (biologici e non) di un bambino nato da famiglie omogenitoriali, lede il diritto di tale bambino di avere una famiglia.

Figli di coppie omogenitoriali: la sentenza della Corte di Cassazione

È il 13 marzo quando una circolare del Ministero dell’Interno chiede al Comune di Milano di interrompere la registrazione all’anagrafe dei figli nati da famiglie omogenitoriali. La richiesta si basa su una sentenza della Corte di Cassazione del 30 dicembre scorso, che blocca la decisione con cui nel 2018 i giudici della Corte d’appello di Venezia imposero al sindaco di Verona di riconoscere i due padri di un bambino nato in Canada nel 2015 grazie alla Gestazione per Altri – anche conosciuta come maternità surrogata -, una pratica resa illegale in Italia dalla legge 40 del 2004.

Secondo la Corte di Cassazione,

“la pratica della gestazione per altri, quali che siano le modalità della condotta e gli scopi perseguiti, offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane; ciò esclude la automatica trascrivibilità del provvedimento giudiziario straniero”

In caso di Gestazione per Altri (GPA), dunque, soltanto il genitore biologico può essere riconosciuto come tale all'anagrafe. L’altro genitore dovrà procedere all’adozione in casi speciali: una procedura legale lunga e tortuosa, che prevede visite a casa e colloqui anche per anni

Ma vediamo in cosa consiste la GPA e perché il riconoscimento dei bambini delle coppie omogenitoriali ha poco a vedere con la procreazione assistita.

GPA: cos’è (e perché non c’entrano solo le coppie omosessuali)

La Gestazioni per Altri è una forma di procreazione assistita in cui una donna porta avanti una gravidanza per conto di un'altra coppia, ovvero gli aspiranti genitori del nascituro, o di un genitore designato. La donna gestante mette a disposizione il proprio utero che viene fecondato con l’ovulo e/o lo sperma dei genitori del nascituro attraverso fecondazione in vitro o inseminazione artificiale.

Ci sono moltissime coppie che per svariate ragioni ricorrono alla Gestazione per Altri: coppie eterosessuali con problemi medici che impediscono loro di portare a termine la gravidanza, coppie omosessuali, persone single. Non si tratta, quindi, di una procedura utilizzata esclusivamente da coppie omosessuali, anzi: in pochi sanno che ad affidarsi alla GPA sono prevalentemente coppie eterosessuali.

In Italia, la Gestazione per Altri è vietata dalla legge 40 del 2004: le coppie che desiderano ricorrere alla GPA devono quindi farlo all’estero, ad esempio nei Paesi Bassi, in Grecia e nel Regno Unito, dove è legale.

Se per le coppie eterosessuali però, al rientro in Italia è consentito procedere alla registrazione del nuovo nato in anagrafe, non è più così per le famiglie omogenitoriali.

Francesca Vecchioni: “tutti i bambini dovrebbero avere gli stessi diritti”

Scrittrice, formatrice, attivista, nonché fondatrice e Presidente della Fondazione Diversity, realtà che dal 2013 è impegnata nel diffondere la cultura dell’inclusione nei media, nei luoghi di lavoro e nelle istituzioni, Francesca Vecchioni è mamma, insieme alla sua ex compagna Alessandra, di due bambine nate da fecondazione eterologa. Le abbiamo chiesto di esprimersi su questo provvedimento e di raccontarci la sua personale esperienza.

Francesca Vecchioni
Francesca Vecchioni

Sabato 18 marzo eri a manifestare insieme a tantissime persone che chiedono una legge che tuteli i bambini tutti, senza discriminazioni.

La Convenzione Internazionale dei diritti dell’infanzia ONU sancisce il diritto alla famiglia: in nessuna parte si parla di padre e madre, ma di genitori: perché le famiglie hanno tante forme. La famiglia non andrebbe definita nella sua forma, ma nella sua sostanza, nelle relazioni che racchiude, nell’amore che porta con sé. Sarebbe importante fare in modo che tutti i bambini e le bambine siano riconosciuti alla nascita, o nel momento in cui arrivano in una famiglia.

Perché è importante che vengano riconosciuti ufficialmente entrambi i genitori?

C’è un dettaglio molto importante che ci stiamo dimenticando in questo dibattito:

il diritto di veder riconosciuti i propri genitori corrisponde specularmente ai doveri che tali genitori si devono assumere nei confronti di bambine e bambini

Non riconoscendo ufficialmente un genitore come tale, si limita la tutela nei loro confronti anche di tutto un ramo della sua famiglia: nonne e nonni compresi.

Quali problematiche concrete porta con sé il mancato riconoscimento di un genitore?

Se uno dei due genitori non viene riconosciuto dallo Stato avrà bisogno di deleghe, carte e documenti ogni volta che è assente l’altro genitore. In situazioni urgenti, ad esempio nel caso di decisioni salva vita, le deleghe non bastano e il rischio è che da genitori ci si trovi a non poter intervenire. Nemmeno l’eredità è garantita, e sappiamo che non basta fare testamento essendoci in Italia la legittima.

È molto pesante, anche psicologicamente: ai bambini e alle bambine delle famiglie omogenitoriali viene ricordato costantemente che la loro famiglia non è riconosciuta, come se stessero mentendo

Qual è stata la tua esperienza personale?

Io e Alessandra, la mia ex compagna con cui ho avuto le mie due bambine, siamo ricorse alla fecondazione eterologa circa 12 anni fa, all’estero. I primi cinque anni non potevamo fare nulla per veder riconosciuta la genitorialità di entrambe, così abbiamo avviato il processo di adozione in casi speciali che richiede anni, in pratica, per adottare le proprie figlie. Un processo che non è richiesto nel caso di fecondazione eterologa svolta da una coppia etero. Nel 2018 è arrivata la possibilità di avere il riconoscimento con Giuseppe Sala: Alessandra ha potuto finalmente essere riconosciuta come madre anche legalmente. Lei ma anche tutta la metà di famiglia, nonne, zie, ecc, che non erano riconosciute come parenti.

Perché è importante che venga emanata una legge su questo?

Le leggi sono fatte per servire alla società. Per esempio, pochi anni fa sono stati regolamentati e riconosciuti i diritti dei figli delle coppie non sposate.

Se la società evolve, anche le leggi devono fare altrettanto. Inoltre, i diritti aggiungono qualcosa a qualcuno, ma non tolgono niente a nessuno

L’adozione in casi speciali è un percorso lungo che intasa i tribunali, discrimina rispetto ad altri bambini e bambine in vari modi, anche socialmente: l’adozione speciale costa sia in termini economici che psicologici.

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Dall’Unione Europea iniziano ad arrivare dei moniti…

Speriamo che dall’estero ci aiutino a cambiare questa situazione. In ogni caso, dobbiamo renderci conto che non siamo impotenti di fronte a questo: possiamo far sentire la nostra voce. Per esempio, l’Associazione Famiglie Arcobaleno, promotrice di una proposta di legge depositata in Parlamento, ha anche creato la campagna Disobbediamo, un appello a tutti i Sindaci e le Sindache d’Italia a disobbedire al provvedimento e continuare a registrare la doppia genitorialità dei figli delle coppie omogenitoriali.

Fondazione Diversity come cerca di sensibilizzare su questo tema?

Con Fondazione Diversity lavoriamo per far sì che i media e l’intrattenimento diano una rappresentazione inclusiva di tutte le persone. Il nostro immaginario collettivo è fortemente condizionato dai media: se non sono in grado di rappresentare la realtà per come è, contribuendo a creare stereotipi e pregiudizi, allora le diseguaglianze sociali non faranno che aumentare. Diversity lavora con l’analisi e la ricerca, sia nel campo dei media che in quello delle aziende, per mostrare il grande valore della diversità. Questo lo facciamo sia con i nostri Diversity Media Awards che con il Diversity Brand Summit, con l’obiettivo di diffondere il valore della diversità nelle aziende, nei media e in tutta la società.

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