Il primo Pride della storia italiana? A Sanremo, esattamente 50 anni fa
Era il 5 aprile del 1972, e a Sanremo, la “città dei fiori” della Liguria, nota in tutto il mondo per il suo festival, andava in scena un evento che avrebbe fatto la storia della comunità LGBTQ+ italiana: per la prima volta, un gruppo di militanti e attivisti per i diritti LGBTQ+ decise di scendere in strada per manifestare contro un convegno sulle devianze sessuali, in cui veniva inserita anche l’omosessualità. Dalla decisione di pochi nacque così qualcosa che oggi è punto di riferimento per molti: il primo Pride italiano.
Aprile è un mese molto importante per la comunità LGBTQ+ italiana, e non è un caso che sia stato scelto per diventare, a partire dal 2022, il LGBT+ History Month, un mese in cui ricordare le origini e celebrare le lunghe e difficili battaglie combattute e vinte da cinquant’anni a questa parte.
Nell’aprile del 1972 a scendere in strada per primi furono i membri del neonato gruppo “Fuori”, il fronte unitario omosessuale rivoluzionario italiano, che scelse di manifestare a Sanremo in concomitanza con il Congresso internazionale sulle devianze sessuali a cura del Centro Italiano di Sessuologia, associazione di stampo cattolico
Un evento che ribadiva le posizioni della comunità scientifica dell’epoca sull’omosessualità, identificandola cioè come una devianza, una malattia mentale: bisognerà aspettare un anno perché l’American Psychiatric Association la rimuova dalla classificazione delle malattie mentali nel Diagnostic and Statistical Manual (DSM), e altri venti perché la World Health Organization, nel 1992, la elimini dalla lista delle malattie mentali dell’International Classification of Diseases (ICD).
Il 5 aprile del 1972 a Sanremo si riunirono quindi fior di ricercatori, psicologi, psichiatri e studiosi per discutere di devianze sessuali, omosessualità compresa, e dei modi in cui curarle. Una quarantina di attivisti decise di rispondere con una contro manifestazione, riunendosi davanti alla sede del congresso per distribuire volantini e mostrare cartelli e manifesti in cui protestavano contro una visione miope, e anche molto pericolosa, dell’omosessualità.
Erano passati tre anni dalla cosiddetta “rivolta di Stonewall”, i due giorni in cui a New York nacque, di fatto, il movimento di liberazione gay nel mondo come lo intendiamo oggi, e l’Italia, con Sanremo, divenne un nuovo fronte caldo: giornali e telegiornali dedicarono alla protesta ampio spazio e la manifestazione ebbe risalto internazionale, diventando una sorta di “Stonewall italiana”
La rivolta di Stonewall
Parlare dei moti di Stonewall è fondamentale per capire e conoscere la storia del movimento per i diritti LGBTQ+.
La rivolta ebbe luogo il 27 e il 28 giugno del 1969, in risposta ai sistematici raid che la polizia effettuava nei locali queer di New York per identificare i presenti e, in alcuni casi, pubblicarne anche i nomi sui giornali, oltre che per procedere con gli arresti con l’accusa di “indecenza”
La notte tra il 27 e il 28 giugno otto poliziotti entrarono in un bar di Chistopher Street, a Mahanattan, ma questa volta, all’ennesima incursione, la transessuale Sylvia Rivera decisi di reagire: le cronache raccontano che Rivera venne colpita con un manganello, e che per tutta risposta lanciò una bottiglia contro un agente dando fuoco alle polveri della rivolta. La nottata si trasformò in una battaglia in cui centinaia di persone si ribellarono alla violenza della polizia, all'intolleranza, allo stigma e ai pregiudizi, e in cui circa 2.000 persone accorse sulla scena fece fronte comune contro 400 poliziotti al grido di “Gay Power”.
Le schermaglie, interrotte all’alba, ripresero la notte successiva, e il bilancio di quelle due nottate fu di diversi arresti, molti feriti e una nuova consapevolezza all’interno della comunità LGBTQ+: non sarebbe più stato tollerato alcun sopruso
Nacque così il primo fronte del Movimento di liberazione gay, e a fine luglio si formò il Gay Liberation Front (GLF), fondato da Marsha P. Johnson, che si allargò a macchia d’olio in tutti gli Usa e poi nel resto del mondo. Nel 1970, per celebrare e commemorare la rivolta di Stonewall, proprio il GLF organizzò una marcia che dal Greenwich Village sarebbe arrivato a Central Park: parteciparono circa 10.000 persone. Da allora il mese di giugno divenne in gran parte del mondo, Italia compresa, il mese del Pride.
La storia dell’LGBT+ History Month
Se giugno è dedicato al Pride, ottobre negli Stati Uniti è invece dedicato alla storia della comunità LGBTQ+. Il cosiddetto LGBT+ History Month è nato nel 1994 su iniziativa di Rodney Wilson, un giovane insegnante di liceo prendendo spunto dal Black History Month e dal Women’s History Month propose di celebrare anche la storia della comunità LGBT+ e ricordarne obiettivi e battaglie. Wilson scelse ottobre per due motivi principali: da un lato evitare la sovrapposizione con il Pride Month di giugno, dall’altro celebrare altre due ricorrenze fondamentali negli Stati Uniti, e cioè la prima e la seconda manifestazione LGBT+ a Washington (1979 e 1987) e il National Coming Out Day, fissato all’11 ottobre.
Rodney, con l’aiuto di studenti, accademici, attivisti e associazioni, presentò la proposta di istituire l’LGBT+ Hystory Month. Per il primo anno, al costo di 5 dollari e su richiesta, il comitato costituente inviava per posta plichi contenenti materiale informativo relativo alla storia della comunità LGBTQ+ e del movimento di liberazione a scuole medie, college e università. Vennero inoltre organizzati numerosi eventi culturali e sociali tra cui conferenze, festival cinematografici, spettacoli teatrali e altri eventi finalizzati non soltanto a celebrare, ma anche a informare in maniera corretta.
Il primo LGBT+ History Month in Italia
A distanza di 28 anni, un gruppo formato da attivisti e accademici italiani ha deciso di lanciare anche in Italia l’LGBT+ History Month: loro sono Alessio Ponzio, storico alla University of Saskatchewan, in Canada; Chiara Beccalossi, storica alla University of Lincoln, UK; Federica Folino Gallo, social manager; Francesco Salvini, attivista e social media manager; Luca Locati Luciani, vicepresidente del centro documentazione Aldo Mieli; e Oscar Solvi Bertolissi, creative director al Queer Studio, UK.
«In linea con le origini dell’LGBT+ History Month di altri paesi, quello italiano mira a valorizzare una storia che non è stata mai insegnata, contrassegnata da persecuzioni e discriminazioni, per trarre un bilancio dei diritti conseguiti e da conseguire, individuando e contrastando le diseguaglianze odierne in nome di una società più aperta e inclusiva», hanno spiegato. Lanciato al Florence Queerfestival il 22 settembre 2021, il LGBT+ History Month Italia adotta un codice etico a cui le persone e organizzazioni che aderiscono sono invitate ad attenersi.
A gennaio 2022 erano arrivate oltre 140 adesioni di singoli - docentə universitarə e storicə di professione - e delle associazioni queer italiane. Anche biblioteche, librerie, cinema e case editrici hanno iniziato a offrire il loro sostegno all’iniziativa. Un segnale particolarmente importante, sottolinea il comitato costituente, è arrivato da quei gruppi che nel mondo anglosassone sono chiamati LGBT+ allies: la Società Italiana delle Storiche (SIS), la Casa Internazionale delle Donne di Roma, l’Università Kore di Enna, il Centro di storia culturale dell’Università di Padova, l’Ogepo Unisa (Centro interdipartimentale per gli studi di Genere e le Pari Opportunità) dell’Università di Salerno, il Lovers Film Festival di Torino».
Aprile è stato dunque il mese in cui chi ha aderito all’iniziativa ha organizzato eventi e manifestazioni per celebrare la storia della comunità LGBTQ+. E a Sanremo, città in cui tutto è partito nel non poi così lontano 1972, sabato 9 aprile si è tenuto il primo Sanremo Pride organizzato da Arcigay al motto di “L’orgoglio torna a Sanremo”.