Cos’è The Genderbread person, il biscotto che spiega il concetto di genere per combattere le discriminazioni
Ad aver creato il modello per primo nel 2011 è stato Sam Killerman, avvocato per i diritti LGBTQ+, che lo ha poi perfezionato nel 2012 lasciandolo volutamente senza copyright: l'idea è stata accolta da una comunità che ne ha a mano a mano aggiornato le versioni e i contenuti, oggi raccolti sul sito. C’è la versione standard, per accompagnare discorsi, lezioni, saggi; la versione Poster, accompagnata da una dettagliata spiegazione; il formato Worksheet da compilare; dispense e altre risorse scaricabili gratuitamente, a seconda delle esigenze.
Avere a disposizione risorse accessibili per l'educazione pubblica sulla diversità di genere può ridurre la paura e le discriminazioni
Per fare un esempio, il modello è stato utilizzato in una serie di incontri riservati ai funzionari pubblici in UK che avevano l’intento di favorire un approccio migliore all'identità e all'espressione di genere nel linguaggio della documentazione burocratica.
The Genderbread Person decostruisce in maniera chiara e comprensibile il genere e la sessualità, per chiarire le differenze e per capire come si relazionano e influenzano le diverse dimensioni dell'identità e del comportamento umano.
Attualmente nel Genderbread person i pezzettini da mordere sono quattro: identità di genere, espressione di genere, sesso e attrazione.
Come si configura il modello
Il grafico enfatizza come l'identità di genere, l'espressione di genere, il sesso anatomico o quello assegnato alla nascita, l'attrazione sessuale e l'attrazione romantica siano distinti e scollegati nelle varie persone. Per fare un esempio:
il fatto che una persona si identifichi fortemente con la “femminilità” in termini di identità di genere, è in realtà indipendente dal suo sesso biologico
In più, lo schema ha il merito di non definire, ma di descrivere ognuna di queste caratteristiche come spettri, più che scelte tra due opzioni. In questo modo si rende giustizia alla complessità dell’identità: non si è per forza una cosa o l’altra, ma ci si può sentire più vicini a una piuttosto che all’altra.
Per esempio, all’interno della dimensione dell’espressione di genere, qualcuno dovrà collocarsi più vicino al centro oppure verso l’estremità destra nello spettro della mascolinità per descrivere l’insieme delle caratteristiche esteriori, di abbigliamento o comportamenti che sente più sue.
Insomma, il modello del Genderbread presta molta attenzione a spiegare come l’identità personale sia il risultato della combinazione di più elementi, che tra loro hanno nature distinte e che si apre a una varietà di possibilità.
La polemica
Nonostante il biscotto funzioni in modo efficace per comprendere facilmente il concetto di genere, da qualche anno viene coinvolto in una polemica che vuole metterlo in discussione.
Lo scorso dicembre, ad esempio, il dibattito è partito dalla Florida, dove un utente Twitter ha postato scandalizzato la foto dell’etichetta del biscotto dove si legge la dicitura "gingerbread person" invece del più tradizionale "gingerbread man". Il tweet è diventato subito virale, generando una spirale di commenti più o meno aggressivi che si pronunciavano in difesa di generiche tradizioni, in particolare della tradizionale classificazione, chiamata binarismo, di sesso e genere nelle uniche due forme di maschile e femminile, contro la quale il biscotto "persona" si sarebbe presuntamente scagliato.
In realtà, quella del gingerbread person è una polemica che si rinnova anno dopo anno, appena i biscotti tornano in pasticceria e qualcuno, per primo, s’indigna. Ed è paradossale: ogni Natale, la comunità LGBTQ+ e i movimenti femministi cercano di togliere la faccenda da sotto i riflettori.
Più che un’azione politica, infatti, si tratterebbe semplicemente della scelta individuale di alcuni pasticceri di chiamare l’omino di pan di zenzero persona, certo in virtù della possibilità di una maggiore inclusività, ma poco più.
La storia che diventa virale ogni anno, invece, rappresenta quello che possiamo definire clickbaiting divisivo: la foto viene, cioè, cliccata, commentata e condivisa tantissimo alimentando la sensazione di una lotta fra fazioni. Questo fenomeno contribuisce a polarizzare la situazione, diventando ogni volta terreno per argomentazioni violente; in più, banalizza le difficoltà che affrontano le persone che non si identificano con il binarismo di genere e le loro lotte per la rappresentazione.
Eppure, qualcuno nel biscotto di pan di zenzero ci ha visto un’occasione. Come si legge in una delle tante ricondivisioni su internet:
quando il concetto di genere diventa così fragile che può essere messo in crisi da un biscotto, forse è ora di superare il binarismo.