Didattica contro gli stereotipi: una guida multidisciplinare per educare alla parità di genere
Pensata per promuovere l'educazione di genere tra gli studenti, la guida si suddivide in quattro macro tematiche: l'educazione alla cittadinanza globale; la promozione dei diritti e alle differenze di genere e di orientamento sessuale; il contrasto agli stereotipi e il contrasto alla violenza di genere. «Ogni attività presenta una scheda didattica molto semplice dove sono indicati i target di progetto, l'obiettivo e la finalità. Per introdurre l'attività è prevista una descrizione narrativa che permette di immergersi nel contesto e capire la situazione. Altro elemento a disposizione sono i collegamenti disciplinari e i rimandi a diverse materie che possono essere fatti durante l'attività e le eventuali varianti», spiega Francesca Carrara di ACRA. In ogni scheda vengono fornite anche delle risorse aggiuntive legate alle tematiche trattate di volta in volta: consigli di lettura, visione di video, giochi online e offline.
Il toolkit si basa su metodologie didattiche attive volte a promuovere la partecipazione. Attraverso un approccio multidisciplinare e intersezionale si punta all’implementazione di questi percorsi all'interno dei curriculum di educazione civica.
La dimensione digitale del toolkit offre una possibilità di uno strumento aperto, ovvero si può espandere e modificare sulla base dei feedback e delle integrazioni di insegnanti che, nell’arco del progetto, ne avranno fatto uso.
Didattica innovativa per educare al genere
La guida nasce dal confronto fra varie realtà: «Abbiamo proceduto in collaborazione raccogliendo le best practice già realizzate dai partner del progetto», spiega Rosy Nardone, ricercatrice in didattica e pedagogia speciale e componente del consiglio scientifico del Centro Studi di Genere ed Educazione dell'Università di Bologna.
In questo modo, la guida multidisciplinare raccoglie attività che sono già state sperimentate nel corso del tempo e che hanno coinvolto in prima persona gli studenti e le studentesse, i docenti e le docenti. Si parte dalla certezza che si tratta di attività che hanno funzionato, che sono state validate dai soggetti a cui sono state proposte e che vengono riattualizzate in base alle esigenze.
L’educazione alle differenze e alle differenze di genere non costituisce un ambito disciplinare a sé stante, e spesso questi percorsi si inseriscono nell’ambito delle ore di educazione civica. Questo è fondamentale, ma bisogna anche andare oltre:
Noi cerchiamo di capovolgere questa logica. L’educazione al genere non è una disciplina, ma è l'occhiale attraverso cui costruire i saperi disciplinari
L’agency per costruire la partecipazione
La metodologia usata nel kit cerca di agire nelle pieghe delle discipline, insinuandosi in modo creativo nei percorsi canonici di apprendimento. La didattica attiva viene proposta, ad esempio, attraverso attività che hanno a che fare con il linguaggio e che possono essere messe in pratica da un docente di italiano che vuole andare al di là delle regole grammaticali. Quali sono le desinenze da usare per declinare le varie professioni al maschiele al femminile? A questa domanda l’insegnante può rispondere proponendo, durante la sua lezione, delle attività che problematizzino le regole canoniche. In questo modo a diventare protagonisti, attraverso il dibattito e il confronto, sono gli studenti e le studentesse.
Non è una trasmissione verticale del sapere: attraverso le attività si ragiona insieme. Non c'è la risposta giusta: ci sei tu che ti metti in gioco, che vivi a livello esperienziale la conoscenza e te ne ricordi anche fuori dall’aula
Come chiarisce Carrara: «L'obiettivo è quello di andare a promuovere negli studenti e nelle studentesse una maggiore consapevolezza rispetto alle tematiche legate al genere e agli stereotipi di genere, tentando di scardinare quelle che sono le concezioni tradizionali che riguardano i ruoli stereotipati. L'idea è quella di rendere consapevoli i giovani e le giovani sul fatto che il genere è una dimensione sociale e culturale che poi va a influire anche sulla loro esperienza, sulle loro opportunità, sulle loro aspettative e sulla società».
Per raggiungere gli obiettivi prefissati, il toolkit propone delle attività dove l’uso del digitale diventa parte integrante del processo.
Nel toolkit viene proposto un esercizio che porta al centro l’urbanistica di genere: si esce dal contesto della classe, vengono attraversati i luoghi della città e si esperisce in prima persona come gli stereotipi di genere agiscono nella quotidianità. Per farlo si ricorre a degli strumenti che solitamente vengono demonizzati tra i banchi di scuola: gli smartphone. «Abbiamo pensato un'attività in cui lo smartphone è uno strumento di ricerca: viene chiesto di esaminare e mappare i nomi delle vie per interrogarsi sul perché una via si chiama così. L'idea è che lo smartphone dia spunti creativi e porti ragazzi e ragazze a comprendere che si può praticare la cittadinanza civica attiva anche attraverso questi strumenti», dice Nardone.
Un progetto trasversale che unisce territori
La guida vuole migliorare la conoscenza del corpo insegnante, aumentare la consapevolezza del mondo studentesco delle scuole secondarie di secondo grado riguardo la trasversalità della tematica di genere attraverso percorsi di apprendimento sulle questioni di genere. La peculiarità del progetto è la sua replicabilità nei più disparati contesti territoriali da Nord a Sud Italia: Novara, Milano, Bologna, Siena, Roma, Piacenza, Napoli e Cosenza.
Il quadro tracciato nel report “Le ragazze stanno bene?” di Save The Children mostra come le dinamiche di potere e controllo, la violazione degli spazi personali della partner, la richiesta di foto intime senza consenso e la violenza fisica, psicologica e sessuale siano dei temi su cui bisogna lavorare ancora molto anche tra le persone della Generazione Z, nonostante abbiano più possibilità di accedere alle informazioni e alla conoscenza.
Costruire consapevolezza e consenso sulle tematiche che hanno a che fare con il genere è un tema «urgente in tutta Italia e non ha a che fare soltanto con zone ad alta densità di povertà educativa ed economica: è trasversale. Bisogna farsi carico - a livello sociale ed educativo - di creare alfabetizzazione ai diritti di genere e all'affettività», conclude Nardone.