John McFall, il primo astronauta con disabilità nella storia
Quando parliamo di disabilità, troppo spesso la intendiamo come un limite, un problema della persona e non della società. Eppure, se questo mondo fosse costruito a misura di persone disabili, privo di barriere architettoniche e culturali, la disabilità non esisterebbe neanche. Questo concetto possiamo estrapolarlo anche direttamente dalla definizione di disabilità della Convenzione ONU che inquadra le persone con disabilità come "coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri."
Immaginare un ambiente completamente accessibile e inclusivo, privo di ogni barriera architettonica, sembra talmente impossibile da farci pensare, a volte, di voler andare sullo spazio: lì queste barriere non esisterebbero! E se questo fosse realtà?
Sto parlando di John McFall, il primo astronauta con disabilità ad andare nello spazio della storia dell'ESA. 41 anni, di origini britanniche, laureato in Medicina e Chirurgia presso la Cardiff University School of Medicine, John McFall è specializzando in traumatologia e ortopedia nel sud dell’Inghilterra. A 19 anni gli è stata amputata la gamba destra in seguito a un incidente in moto. Nel 2005 è diventato professionista di atletica leggera come velocista paralimpico e nel 2008 ha vinto la medaglia di bronzo per i 100 metri a Pechino.
Spero di poter essere di ispirazione per dimostrare che la scienza e lo spazio sono per tutti
Il progetto dell'Esa "Parastronaut" servirà a migliorare la comprensione e l'identificazione delle barriere che lo spazio potrebbe avere per i para-astronauti. L’ESA è stata infatti la prima agenzia spaziale al mondo ad iniziare il Parastronaut Feasibility Project, un programma per reclutare un astronauta con disabilità motorie, non come “ospite spaziale” ma come scienziato impegnato a tutti gli effetti in missioni, esattamente come i colleghi senza disabilità.
VEDI ANCHE CultureBallo anch’io, l’associazione che si occupa di danza per le persone disabili«Nello spazio siamo tutti in qualche modo disabili, anche noi che non abbiamo impedimenti fisici all'origine. È la tecnologia ad aiutarci, e dopo gli studi di fattibilità, sarà solo questione di adattare le tecnologie a determinate necessità», ha spiegato Samantha Cristoforetti, che già nel 2014 aveva portato sulla ISS, Stazione Spaziale Internazionale, la bandiera della pattuglia aerea di piloti disabili italiani WeFly! Team nell’ambito dell’iniziativa WeFly! per abbattere i pregiudizi dar valore alla disabilità.
Una novità, questa dell'ESA, sicuramente apprezzata da molti, come testimoniano le tantissime candidature, provenienti da ben 257 dai Paesi membri dell’ESA (31 solo dall’Italia, tra cui 7 donne).
«L’idea nasce innanzitutto dalla necessità di utilizzare al massimo le risorse umane. Esiste infatti del personale estremamente qualificato che non ha mai avuto questa possibilità per via di una disabilità fisica… questa non è un'operazione di facciata, bensì un'evoluzione e ci auguriamo possa diventare un cambiamento strutturale del volo spaziale», ha dichiarato Luca Parmitano, militare e astronauta italiano, durante la presentazione del progetto.
Sicuramente un progetto "spaziale" e davvero inclusivo. Augurandoci che possa essere d'aiuto per abbattere ogni forma di barriera prima sulla terra e poi, perché no, anche sullo spazio.