A Bergamo, la mostra di Beatrice Sancinelli è un omaggio alla bellezza di sentirsi fragili
Tutto inizia con un battito cardiaco. Pulsante, che vibra attraverso gli oscillatori del gilet aptico con cui si visita la mostra. È questo il tema centrale della prima mostra personale di Beatrice Sancinelli: il suono dei pensieri, delle emozioni, delle paure. Che rumore fa il nostro stato d’animo? Un rumore fragoroso, anche se siamo abituati a silenziarlo. In un mondo sempre più anestetizzato, può risultare difficile ascoltare il proprio dolore. Proprio da qui parte Rumore dell’Umore, progetto espositivo curato dall’”art sharer” Maria Vittoria Baravelli che fino al 28 maggio consentirà di immergersi nel viaggio emotivo di Beatrice Sancinelli, artista, regista e autrice televisiva.
La mostra consiste in nove opere audiovisive che si snodano tra gli ambienti bui, illuminati solo da candele, dell’ex monastero cinquecentesco del Chiostro del Carmine di Bergamo, normalmente chiuso al pubblico.
Un percorso a più tappe composto da brevi filmati taglienti dove il ballerino e performer Emanuele Algeri mette in scena le emozioni provate dall’artista nei primi mesi della pandemia, quando, in una stanza bianca da colorare con angosce e speranze, assisteva agli accadimenti della sua città, Bergamo. «L’idea di questa mostra nasce nel marzo 2020, proprio da un dialogo con Emanuele, un amore difficile da definire, un amico d’anima. Durante l’isolamento mi raccontava che ballava nella sua stanza, mentre io nella mia stanza pensavo, riflettevo su quello che stavamo passando. Rumore dell’Umore è nata dalla pandemia ma non parla di questo, è un viaggio personale, uno scambio emotivo con le persone che vengono qui», racconta Beatrice Sancinelli, 27 anni e un’esperienza professionale maturata tra gli Stati Uniti e l’Italia nel campo della produzione di film e video.
Un’esperienza intima, quella raccontata da Rumore dell’umore, pensata per diventare collettiva, universale
A renderlo possibile è anche una fruizione inedita della mostra grazie a Vest3, giubbotto tecnologico aptico prodotto dall’azienda americana Woojer che viene fatto indossare all’ingresso dello spazio espositivo. Un dispositivo nato come accessorio per i gamer che consente di percepire i suoni in tutto il corpo, in un coinvolgimento fisico multisensoriale dove le percezioni si amplificano.
Completamente inclusiva, la mostra può dunque essere fruita anche dalle persone cieche e sorde: l’ingresso è consentito in gruppi di dieci visitatori alla volta e ognuno viene dotato di cuffie e del giubbotto Vest3, che dal mondo del gaming debutta nell’arte. «Ho vissuto molto in America e durante la pandemia sentivo spesso alcuni dei miei amici che vivono ancora là. Un giorno un mio amico gamer indossava questo giubbotto: mi incuriosì subito e pensai che potesse essere perfetto per questo progetto. All’estero questa tecnologia è conosciutissima, ma in Italia non era mai arrivata. Ho contattato così Woojer e hanno creduto sin da subito nel mio progetto, diventando i miei primi sponsor. Sono la prima ad aver portato questa tecnologia in Italia», prosegue l’artista.
Agendo quasi da seconda cassa toracica, il giubbotto consente di “sentire” le emozioni raccontate nei nove video della mostra – Inizio, Caos, Noia, Mancanza, Speranza, Euforia, Esaurimento, Coesistere, Spensieratezza - oltre all’esperienza sonora sviluppata dal sound designer Nicola Gualandris.
Un’innovazione tecnologica, quella di Vest3, che viene fatta muovere nel contesto storico del Chiostro del Carmine di Bergamo, quest’anno, insieme a Brescia, Capitale Italiana della Cultura 2023: «Sono cresciuta in Città Alta a Bergamo, eppure non conoscevo questo luogo finché, nell’autunno del 2021, non trovai per la prima volta questo portone aperto. Ne varcai la soglia e rimasi affascinata da questo cortile magico. La mia curiosità mi porta sempre a scoprire cose meravigliose. È stato come chiudere un cerchio. Avevo la location per la mia mostra», prosegue.
Ed è un po’ un omaggio alla città di Bergamo quello di Rumore dell’Umore, una ballata che affronta il suo dolore per dirgli finalmente addio e voltare pagina: «Sì, questo progetto è omaggio alla mia città e anche a mio nonno, che è stato ricoverato in terapia intensiva nel 2020, proprio all’inizio della pandemia. Alla sua età, a 80 anni, non era affatto scontato sopravvivere. Rumore dell'Umore celebra la forza di noi bergamaschi», conclude l'artista.