Mutilazioni genitali femminili: cosa sono, dove si praticano e perché parlarne
Quando si parla di mutilazioni genitali femminili le pratiche sono innumerevoli; c’è chi esegue la clitoridectomia, chi la escissione, chi la cucitura, c’è poi la Sunna ed infine la modificazione della vagina. Cambiano i nomi ma gli effetti di queste pratiche sono devastanti; le origini si perdono nella notte dei tempi eppure ancora oggi sono tanti i Paesi in cui ancora vengono praticate.
L'atto violento viene eseguito soprattutto in alcune zone dell’Africa e dell’Asia, ma l’orrore arriva fino ai Paesi Occidentali.
Cosa sono le mutilazioni genitali femminili
A spiegare esattamente di cosa si tratti quando si parla di mutilazioni genitali femminili ci pensa l’OMS. L’Organizzazione Nazionale della Sanità ha identificato in questa categoria ogni tipologia di procedura che prevede rimozione parziale o totale degli origani genitali femminili ma anche tutte quelle lesioni che vengono eseguite in questa zona del corpo senza alcuna ragione terapeutica.
In modo particolare si parla di:
- Clitoridectomia. È un intervento che ad eliminare chirurgicamente il clitoride in modo totale o parziale
- Escissione. É la pratica di mutilazione e asportazione totale del clitoride
- Infibulazione. Mutilazione dolorosa praticata per impedire rapporti sessuali prima del matrimonio
Quali sono le conseguenze di queste pratiche?
Le mutilazioni genitali femminili sono una vera e propria violazione dei diritti umani e vanno fermate. Sono tanti i VIP che si sono schierati a tutela delle donne, e soprattutto delle bambine, ancora costrette a subire queste pratiche. Le lesioni non solo provocano dolori insopportabili ma vanno a creare problematiche importanti che hanno riflessi anche sul futuro, causando conseguenze sia sul piano fisico che psicologico.
A dichiararlo è l’OMS stessa che ha evidenziato conseguenze immediate così come nel lungo periodo; tra le prime problematiche da affrontare possono esserci emorragie, infezioni e ovviamente shock che vanno ad aggiungersi anche alla maggiore possibilità di contrarre HIV dato che spesso gli strumenti non sono sterilizzati. Nel lungo periodo possono sopraggiungere infezioni genitali, problemi sia alle vie urinarie che nel periodo mestruale e soprattutto una impossibilità a godersi i rapporti sessuali provando dolori inimmaginabili.
Come accennato, i danni si riflettono sia sulla salute mentale che psicologica: tenete in considerazione che queste pratiche brutali vengono eseguite su bambine o su giovanissime donne, prima dell’età della pubertà.
Perché vengono praticate
Nonostante la pratica venga condannata, ci sono ancora molte zone che restano fedeli alle proprie tradizioni culturali. In molte zone si continua in questa direzione, danneggiando inesorabilmente la vita delle bambine e delle ragazze coinvolte. Dietro alle motivazioni c’è fondamentalmente una identità culturale che desidera la donna pura prima del matrimonio e con la purezza si intende la verginità, cioè i genitali inviolati. Il dolore della zona e il mancato piacere dato dall’amputazione del clitoride, portano le ragazze ad allontanarsi totalmente da questa tipologia di esperienza, conducendole al matrimonio senza che nessun uomo si sia mai avvicinato a loro. Spesso sono le stesse madri a condurre alla tortura le proprie figlie; la tradizione è così consolidata che si tramanda con l’idea di garantire loro un futuro.
Concretamente però, questa pratica barbara serve a continuare a tenere sotto controllo la donna. Chi la subisce è destinata a un ruolo di sottomissione e soprattutto trova una forte limitazione nella vita sessuale. Colpirle, eliminando ogni forma di piacere sessuale, è ciò che accade con questa terribile tradizione.
Dove vengono (ancora) praticate
Nonostante le dichiarazioni dell’Organizzazione mondiale della Sanità e le prese di posizione di moltissime associazioni, sono ancora troppi i Paesi in cui si praticano le mutilazioni genitali femminili. Si contano all’appello circa trenta Paesi africani e del Medio Oriente ma anche in Asia e in diversi paesi dell’America Latina ci sono molti casi.
I dati fanno paura anche in Europa: nonostante sia assolutamente illegale praticarla su questi territori, si contano circa 600.000 donne vittime di questa pratica nelle nazioni UE e oltre 180.000 in pericolo presso 13 Paesi europei. Oltre il 90% delle donne tra i 15 e i 49 anni provenienti dall'Africa Subsahariana e dalla Penisola Arabica hanno una mutilazione genitale secondo l'OMS. L'OMS dichiara che oltre il 90% delle donne tra i 15 e i 49 anni provenienti dall’Africa Subsahariana e dalla Penisola Arabica sono state coinvolte.
Perché è importante parlarne e fermarle
Ad esporsi contro queste pratiche violente sono numerose associazioni. Il Parlamento Europeo nel 2020 ha preso un impegno per cercare di porre fine a questa tradizione, fornendo assistenza e supporto concreto alle vittime.
I passi avanti sono stati numerosi: pensate che fino al ’93 non era nemmeno riconosciuta come una violazione dei diritti umani; ora invece molte associazioni e volontari hanno preso una posizione decisa e fanno di tutto per tutelare le minori.
VIP e star contro le mutilazioni genitali
A rafforzare l’attenzione sul tema ci pensano VIP e star impegnati per la tutela dei diritti e tra loro spicca un nome italiano. Parliamo di Fiorella Mannoia, in collaborazione con Amref Italia, è stata in Kenya per realizzare alcuni scatti e sollevare la tematica attraverso una mostra fotografica a tema. Ma non è la sola: a prendere voce è anche Waris Dirie, una modella e scrittrice di origine somala che ha subito lei stessa l’infibulazione e ne ha raccontato gli orrori in un film.
Tra le più attive sul tema anche Angelina Jolie; l’attrice inviata speciale delle Nazioni Unite, è impegnata nella conduzione di una campagna mondiale contro le mutilazioni genitali femminili.