L’identità è una scoperta fluida: Prisma, la nuova serie tv che lo racconta
Disponibile dal 21 settembre su Prime video, Prisma è la nuova serie prodotta da Cross Productions affidata alla regia e alla scrittura di Ludovico Bessegato e Alice Urciolo: dopo Skam Italia, uno sguardo sinergico che continua a essere attento alle istanze della GenZ senza la pretesa di appropriarsene. Al centro, la relazione tra l’identità, le aspirazioni, l’aspetto fisico e gli orientamenti sessuali di un gruppo di adolescenti di Latina.
Protagonisti del racconto sono due gemelli, Marco e Andrea (interpretati da Mattia Carrano), all’apparenza identici ma profondamente diversi nelle inquietudini che esprimono. Il loro percorso di scoperta di sé sarà gioioso e turbolento insieme e coinvolgerà allo stesso modo anche il loro numeroso gruppo di amici, tutti alla ricerca del proprio posto in un mondo in continuo cambiamento.
«Non vogliamo mettere nero su bianco dei concetti predefiniti di cosa sia giusto o sbagliato» spiega Bessegato – «ma osserviamo la realtà e scegliamo di parlare delle cose che ci interessano rappresentandole per quello che vediamo».
Non diciamo mai cosa fare o come comportarsi, ma mostriamo le storie delle persone: per questo le giovani generazioni non vedono sullo schermo la paternale, ma si sentono ascoltate
Dall’ascolto e dall’osservazione delle vite altrui Prisma prende forma: Alice Urciuolo, sceneggiatrice e scrittrice, autrice di Adorazione (66thand2nd, 2020), è partita dalla sua amicizia con la poetessa Giovanna Cristina Vivinetto.
«Ci siamo conosciute all’università, prima dell’inizio del suo percorso di transizione» - racconta Urciolo – «quando ha pubblicato il suo libro di poesie, Dolore minimo (Internlinea, 2018), Giovanna ha parlato del suo percorso di scoperta e accettazione della sua identità di genere e ha detto una cosa che ha molto colpito molto sia me che Ludovico e da cui siamo partiti per costruire il personaggio di Andrea, un ragazzo fluido con un’identità non definita: i termini con cui Giovanna parlava del rapporto con il suo corpo non erano di odio. Ma di amore. Siamo molto abituati alle narrazioni in cui le persone che hanno un’identità di genere non conforme odiano il corpo in cui sono nati perché non lo sentono proprio e, nonostante questa sia un’esperienza comune a tante persone, non è la totalità. Ci sono persone che dicono di non aver mai provato odio nei confronti di loro stesse e che invece amano il loro corpo».
Sono tante le esperienze che ci sono rispetto all’identità e al come si vive all’interno della propria pelle: questo ci aveva molto colpito e l’abbiamo messa nel racconto. Andrea è a suo agio con sé stesso e sta scoprendo delle nuove possibilità
Nuove possibilità: Andrea è un personaggio che ha un’identità di genere libera, che non sa come definire e, proprio come Giovanna, ha un fratello gemello.
«Parlando con Giovanna abbiamo scoperto che aveva un fratello gemello e ci è sembrato un aspetto bizzarro e fertile su cui lavorare» – spiegano Bessegato e Urciolo – «Andrea poteva avere una figura identica a lui che però era la versione del maschile accettabile perché, a differenza di suo fratello Marco, nasconde tante cose».
Dal punto di vista registico, aggiunge Bessegato, questo ha rappresentato una nuova sfida: «mi piaceva l’idea di mettermi alla prova dal punto di vista tecnico e registico: dirigere un attore alla prima esperienza in due ruoli così complessi, dovendo interagire con sé stesso, era un’ulteriore sfida rispetto a quella iniziata anni fa con Skam dirigendo attori giovani alle prime esperienze. La verità è che abbiamo bisogno di metterci alla prova su qualcosa di più complicato e Mattia Carrano è stato molto bravo».
Non solo Andrea, tutti i protagonisti di Prisma portano con sé una loro complessità, che diramano in più direzioni: il punto di arrivo, più che il doppio, è il prisma
«Tutte le loro parti li costituiscono, fanno parte di loro stessi» aggiunge Urciolo. Una dimensione già presente in Skam ma che qui acquisisce ulteriore profondità e si scontra con la coesistenza di bene e male, positivo e negativo: «abbiamo provato a rompere il meccanismo per cui gli amici sono sempre in grado di capirci e consigliarci, ci interessava raccontare un mondo più complesso dove il bene e il male, il positivo e il negativo possono coesistere. In Prisma ci sono più individualità che si incontrano rispetto a Skam: più solitudini che si incrociano e si scontrano. Non c’è una dimensione di gruppo monolitico. Tutti i personaggi sono portatori di un disagio, non c’è un personaggio bandiera che si rapporta con amici perfettamente in grado di supportarlo. Sono tutti contemporaneamente portatori di riflessioni e di ricerca su di sé».
Esiste un altro modo di essere donna e uomo? A fare da sfondo a questa domanda e «vedere che succede» - come dice a un certo punto Nina ad Andrea – c’è Latina: un prisma di cose, voci e identità. «Latina è una città che non assomiglia a nessun’altra» – afferma Bessegato - «qui convive un passato fascista e un presente in trasformazione: la sua identità è sfumata e in costruzione come quella dei protagonisti».
«Con Latina ho un legame biografico ma è il posto dove doveva essere ambientato questa storia» spiega Urciolo:
parlare di ruoli di genere in una città di fondazione fascista, in cui il modello di uomo e donna è quello patriarcale, ci sembrava la scelta giusta per dare un’ulteriore lettura alla storia
L’attenzione ai luoghi si accompagna a quella per setting e linguaggio: «tutto quello che si vede in Prisma è profondamente studiato e proviene da incontri che abbiamo fatto nella realtà» specifica Bessegato.
Ne è dimostrazione la linea di ascolto LGBTQIA+ help line, a cui Andrea si rivolge nella serie e che rappresenta la riproposizione su schermo di Gay Help Line, il servizio telefonico di primo ascolto di Arcigay: «anche Skam 2 inizia con una serie di telefonate a Gay Help Line in cui le persone raccontavano le loro esperienze di omofobia: avevo chiesto a Pietro Turano, attore di Skam italia e vicepresidente di Arcigay Roma, di mettermi in contatto con alcune persone che avevano chiamato per raccogliere le loro testimonianze. Anche con Prisma, Pietro ci ha aiutati sia nella scrittura delle battute di Raffa (operatrice della help line) sia nella costruzione dell’arredo della sede: pur non girando direttamente nella sede di Gay Help Line, ci hanno permesso di attingere dalla loro realtà concretamente e così l’abbiamo riprodotta nella versione filmica».
Prisma, come le identità che racconta, rifugge dalle definizioni e diventa universale: mostra con onestà le storie che porta su schermo e non si pone come obiettivo quello di lanciare un messaggio a tutti i costi.
fare un film con questo intento non funziona e gli conferirebbe una data di scadenza: se dietro la storia non c’è un’emozione forte, quella storia non resta. Vogliamo costruire storie che vadano oltre la strumentalizzazione del tema politico del momento
Non una serie comportamentale, ma un racconto sincero: da qui si parte per riconoscersi.