Treviso

Treviso è la città in cui le donne vivono meglio. Ma l’Italia resta indietro

La Marca Trevigiana è in testa alla classifica della qualità della vita del Sole 24Ore riservata alle politiche femminili. Un'analisi da cui emerge una netta disparità tra Nord e Sud e la lontananza dell'Italia dagli obiettivi sulla parità di genere stabiliti dall'ONU

Treviso è la città migliore d’Italia in termini di qualità della vita delle donne. Il verdetto è arrivato dall'indagine annuale del Sole 24Ore, che per la prima volta ha deciso di inserire alcuni parametri per individuare le migliori città in cui vivere nello Stivale anche in relazione alle politiche sociali ed economiche femminili.

Gli indicatori presi in considerazione per l’analisi sono 12, già presenti in passato nell’elenco di quelli elaborati dal Sole, ma mai sino a oggi scorporati per creare un indice a sé stante che mette in luce le discrepanze territoriali nella parità di genere. Una decisione quantomai attuale, tenendo conto del fatto che si tratta di un tema che l’ONU ha inserito tra i 17 più importanti cui lavorare in vista del 2030 (i cosiddetti "Sustainable Goals") e che occupa un posto centrale nelle politiche di rilancio e ripresa post pandemia. 

Le eccellenze al femminile di Treviso

Treviso domina facendo la media dei punteggi conseguiti nei 12 indicatori relativi al mondo femminile: la speranza di vita alla nascita; il tasso di occupazione delle donne e l’occupazione giovanile; il gap occupazionale di genere; il tasso di mancata partecipazione al lavoro; il gap retributivo tra uomini e donne; il numero di imprese femminili; gli amministratori donne, sia nelle imprese sia nei Comuni; le violenze sessuali; le performance nello sport; le prestazioni olimpiche. Il capoluogo veneto ha ottenuto 693,4 punti, mentre al secondo posto ci sono Prato (691,9) e Siena (689,0). Nella top ten ci sono poi Savona, Firenze, Varese, Pisa, Ferrara, Aosta e Bologna, mentre in fondo alla classifica ci sono Napoli, Crotone e Caltanissetta.

Treviso vince in particolare per l’alta speranza di vita alla nascita, per il tasso elevato di occupazione giovanile, per le performance sportive tra le migliori d’Italia e per una percentuale incisiva di amministratori donna. Le campionesse Bebe Vio e Paola Egonu, tanto per fare due nomi, abitano infatti a Treviso, il prefetto della città è una donna (Maria Rosaria Laganà), sempre donna è l’assessore comunale alle Politiche Sociali (Gloria Tessaroli). Ed è donna anche la presidente del Consorzio del Prosecco superiore Conegliano Valdobbiadene Docg, Elvira Bortolomiol, che è la prima donna a ricoprire questa carica per un'eccellenza riconosciuta in tutto il mondo.

Treviso vince in particolare per l’alta speranza di vita alla nascita, per il tasso elevato di occupazione giovanile, per le performance sportive tra le migliori d’Italia e per una percentuale incisiva di amministratori donna

La provincia di Treviso è inoltre al terzo posto nella classifica regionale per numero di donne con cariche nelle imprese artigiane: 6.760 su 63.457 complessive, pari al 10,65% del totale veneto. Stando ai dati dell’osservatorio dell’Ufficio studi Confartigianato imprese Veneto sulle persone artigiane con cariche, la componente femminile in Veneto nel corso degli ultimi quattro anni è passata dal 21,3% del 2016 al 22,1% del 2020. La Marca spicca anche per la percentuale di donne che ricoprono incarichi dirigenziali: Maria Cristina Piovesana, tanto per citarne una, è Amministratrice Delegata di Alf DaFrè di Gaiarine, nel 2014 è stata eletta presidente di Unindustria Treviso (prima donna in Veneto a guidare una grande rappresentanza industriale), è vicepresidente di Confindustria per l'Ambiente, la Sostenibilità e la Cultura e lo scorso giugno ha ricevuto dal presidente Mattarella il titolo di Cavaliera del lavoro per il settore industria/arredamento.

La provincia di Treviso è inoltre al terzo posto nella classifica regionale per numero di donne con cariche nelle imprese artigiane

«Un grandissimo risultato, che testimonia come la capacità, la sensibilità, l'intraprendenza che, è bene ricordarlo, ha portato le donne ai vertici delle associazioni degli industriali e di categoria, testimoniano come nella nostra comunità la parità di genere (che peraltro rientra in uno specifico Piano d'Azione dell'Unione Europea) non è uno slogan ma un dato di fatto - ha detto il sindaco di Treviso, Mario Conte - E sono numerose, anche a livello comunale, le iniziative per la formazione, il reinserimento lavorativo, l'imprenditorialità. Per questo ringrazio l'assessore Gloria Tessarolo che sta portando avanti un grande lavoro insieme alla Commissione comunale pari opportunità».

Gender Equality Index, Italia sotto la media europea. Ma qualcosa si muove

La classica del Sole 24Ore evidenzia in generale una netta disparità, in termine di politiche femminili, tra Nord e Sud. Nella top ten ci sono infatti province medie e piccole del Centro-Nord e due città metropolitane, Firenze e Bologna (quinto e decimo posto). Le ultime trenta posizioni, invece, sono occupate da territori del Centro-Sud con Caltanissetta, come detto, in coda. Nella media le performance delle grandi città, con Torino, Roma e Milano posizionate rispettivamente alle posizioni 24, 27 e 33, mentre Palermo resta all’86esimo e Napoli scivola in coda, al 105esimo.

La classica del Sole 24Ore evidenzia in generale una netta disparità, in termine di politiche femminili, tra Nord e Sud

I segnali positivi comunque arrivano, principalmente dal Nord e da città di medie dimensioni in cui soprattutto le amministrazioni giocano un ruolo fondamentale nell’adottare politiche tagliate su misura per il mondo femminile dal punto di vista economico e sociale. L’Italia però deve correre (e lavorare ancora parecchio) perché ha solo 4 anni per raggiungere uno degli obiettivi primari stabiliti dall’ONU: aumentare di cinque punti, entro il 2026, il Gender Equality Index dello European Institute for Gender Equality. A oggi il nostro Paese è al 14esimo posto con 63,5 punti su 100, ovvero 4,4 in meno alla media europea.

I segnali positivi arrivano ma Italia deve correre (e lavorare ancora parecchio) perché ha solo 4 anni per raggiungere uno degli obiettivi primari stabiliti dall’ONU

Qualcosa è stato fatto. A giugno la ministra per le Pari Opportunità, Elena Bonetti, ha presentato la prima Strategia nazionale per la parità di genere 2021/2025, un piano concreto, con obiettivi da raggiungere riguardo cinque priorità (lavoro, reddito, competenze, tempo e potere), e interventi da adottare per raggiungerli, monitorando i risultati sulla base dell’obiettivo finale. 

«La Strategia Nazionale per la parità di genere 2021-2025 è una delle linee di impegno dell’Esecutivo ed è strettamente correlata alle misure previste dal PNRR - ha spiegato Bonetti - Attraverso tutte le missioni del Piano vogliamo favorire la partecipazione femminile al mercato del lavoro e correggere quelle asimmetrie che fin dall’età scolastica ostacolano le pari opportunità. La messa in opera di una strategia sulla parità di genere non è, quindi, solo un dovere per l’Italia ma un impegno collettivo per ridurre i gap di genere e favorire così la ripartenza, anche economica, di tutto il Paese. Anche alla luce delle conseguenze della pandemia la discussione sulla parità di genere si è imposta con forza, tanto sul piano nazionale quanto nel contesto europeo ed internazionale e l’Italia ha assegnato un ruolo centrale al tema nel quadro della Presidenza del G20».

A ottobre è stata inoltre modificata la legge sulle Pari opportunità per garantire maggiore corrispondenza tra i salari maschili e femminili, e da gennaio sarà attiva una certificazione che attesterà le misure adottate dal datore di lavoro per ridurre il divario tra sessi nelle retribuzioni, con uno sgravio fiscale fino a 50mila euro per le aziende che si doteranno del documento.

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