QuitTok, le dimissioni “live” sui social per condividere ansie e paure
«Sto per premere invio: tra qualche istante mi sarò licenziata». Inizia così uno delle decine di video che negli ultimi tempi hanno invaso TikTok, brevi filmati in cui giovani lavoratori e lavoratrici condividono il momento in cui danno le dimissioni, e le emozioni che lo accompagnano, con i follower.
Il fenomeno è diventato talmente diffuso da guadagnarsi uno specifico hashtag, #quittok, che a oggi ha quasi 40 milioni di visualizzazioni e sotto cui vengono condivisi centinaia di video di uno tra i momenti più significativi nella vita di una persona. Le clip mostrano di volta in volta call in cui vengono annunciate le dimissioni, gli istanti precedenti all’invio di una mail, telefonate con futuri ex capi: non importa quale sia il mezzo, alla base c’è la scelta di immortalare live il momento del licenziamento e lo stato d’animo con cui lo si affronta.
La scelta di dimettersi per inseguire i propri sogni o lasciare un ambiente tossico
C’è chi lo fa perché è deciso a inseguire i propri sogni, chi perché realizza di non essere felice né soddisfatto, chi per prendersi cura della propria salute mentale dopo esperienze in ambienti di lavoro tossici. Ragioni diverse, ma un unico tratto comune: il desiderio di condividere l’ansia, lo stress e le paure che inevitabilmente si provano quando si arriva alla decisione di lasciare un lavoro, magari un posto fisso e ben pagato. Una scelta, quella di non rinunciare alla propria vita e alle proprie aspirazioni in favore della sicurezza economica, che negli ultimi tempi è diventata una sorta di “manifesto” della Gen Z ed è stato ribattezzato, alla luce della portata del fenomeno, “Great Resignation”, le “dimissioni di massa”.
«Ho lasciato il mio lavoro, non mi sono mai sentita più libera e felice - racconta una giovane vlogger newyorkese - nel suo video di #quittok - non so cosa farò da adesso in poi, ma era qualcosa che volevo fare da oltre un anno, e andava fatta. Cerco di concentrarmi sul presente e sulla positività che sento ora».
C’è poi chi non mostra in diretta il momento del licenziamento, ma racconta come si è sentito prima e come si è sentito dopo: «Ho 28 anni, e sino a oggi ho camminato su un percorso fatto di obiettivi altissimi - spiega Anna Sutter, ex consulente scolastica dell’Indiana - Dopo il master, ottenuto a 23 anni, ho subito iniziato la mia carriera, e la settimana scorsa mi sono licenziata. Non ho programmato nulla prima né dopo, ma va bene così, perché sono quasi morta per quel lavoro. E voglio condividere con voi questo video per ricordarvi che anche voi potete lasciare lavori che vi vanno sentire male e vi fanno soffrire: nessun lavoro dovrebbe mettere in pericolo la vostra salute mentale, le vostre amicizie, le vostre relazioni e il vostro benessere».
Normalizzazione o spettacolarizzazione?
L’obiettivo della stragrande maggioranza di chi condivide i video resta quello di “normalizzare” un momento che per molte persone viene vissuto non soltanto con ansie e insicurezze nei confronti del futuro, ma anche con un profondo senso di colpa all’idea di rinunciare volontariamente a un impiego fisso. Una nuova sensibilità e una nuova visione che appartiene, come detto, principalmente alla Gen Z, in particolare alle giovani donne, che usano i social come cassa di risonanza per lanciare messaggi di coraggio ed empowerment.
Non mancano però le critiche per quello che viene considerato un atteggiamento eccessivamente plateale, e sulla tendenza dei ragazzi della Gen Z a riprendere ogni istante della propria vita e a condividerlo sui social, magari per spettacolarizzarlo. L’invito, come sempre, è quello di approcciare con equilibrio e buon senso a questi video, riflettendo sulla decisione di chi lo ha postato ma senza per questo doverla imitare a tutti i costi.