Segreto salariale: una nuova direttiva europea aprirà la strada verso la parità retributiva

Sono ormai diverse settimane che leggiamo sui principali quotidiani della cancellazione del segreto salariale, ma di cosa si tratta? Potremo davvero conoscere lo stipendio dei nostri colleghi uomini, come recitano numerosi titoli di  giornale? E perché il segreto salariale ha a che fare con la parità di genere? Partiamo dalle origini, ovvero dalla fonte normativa di riferimento

La fonte

Stiamo parlando della DIRETTIVA (UE) 2023/970 approvata dal  Parlamento Europeo e dal Consiglio il 10 maggio 2023, di cui vi avevamo già anticipato in questo articolo, circa di un anno fa.

QUESTA DIRETTIVA È IMMEDIATAMENTE EFFICACE?

No, si tratta di una fonte del diritto europeo non immediatamente operativa. Tramite le direttive vengono fissati i principi generali di una determina materia, lasciando liberi i singoli stati di individuare poi le concrete modalità di attuazione, entro un determinato termine prefissato, degli obiettivi individuati. A differenza di quanto avviene con il regolamento,  pertanto, i suoi effetti non si producono al momento della approvazione europea, ma necessitano comunque di un intervento mediato degli Stati membri.

Per quanto riguarda la Direttiva in esame, gli Stati membri, compresa l'Italia, dovranno attuare le relative disposizioni interne di natura legislativa, regolamentare e amministrativa entro il 7 giugno 2026. Questa è quindi la data ultima entro la quale ciò che segue diventerà effettivamente operativo.

CHE OBIETTIVO SI PONE LA DIRETTIVA?

La Direttiva non si pone tanto, o quantomeno solo, l'obiettivo di eliminare il segreto salariale, ma

è finalizzata ad assicurare la parità di retribuzione tra uomo e donna

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La normativa si rivolge peraltro anche a coloro che decidono di cambiare sesso o che appartengono a un terzo genere, ad es. neutro, individuato e riconosciuto dalla normativa nazionale.

Con parità di retribuzione si fa riferimento al diritto alla parità di stipendio per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. A tal fine si considerano le competenze, l'impegno, le responsabilità e le condizioni di lavoro, nonché, qualsiasi altro fattore pertinente al lavoro o alla posizione specifica del dipendente.

La parità, secondo il legislatore europeo, deve riguardare l'intero rapporto: dalla fase di assunzione, alla prosecuzione del contratto di lavoro, ivi inclusa la valutazione delle performance e la definizione dei percorsi di carriera.

Per l'UE l'applicazione del principio della parità di retribuzione, in concreto, è ostacolata da una mancanza di trasparenza nei sistemi retributivi, da una mancanza di certezza giuridica sul concetto di lavoro di pari valore e da ostacoli procedurali incontrati dalle vittime di discriminazione. I lavoratori non dispongono infatti "delle informazioni necessarie per presentare un ricorso in materia di parità di retribuzione che abbia buone possibilità di successo e, in particolare, delle informazioni sui livelli retributivi delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore".

Una maggiore trasparenza consentirebbe di rivelare pregiudizi e discriminazioni di genere nelle strutture retributive di una qualunque organizzazione e di intervenire quindi adeguatamente per garantire l'applicazione del diritto in esame.

Ciò anche tenuto conto delle conseguenze economiche e sociali della pandemia da COVID-19 che hanno avuto un impatto negativo sproporzionato sulle donne, tanto che la perdita di posti di lavoro si è concentrata spesso nei settori a bassa retribuzione e a prevalenza femminile.

QUALI SONO GLI STRUMENTI INDIVIDUATI DALL'UE PER REALIZZARE TALI OBIETTIVI?

Gli strumenti sostanziali individuati dal legislatore europeo sono principlamente 3:

  • Assicurare la trasparenza retributiva prima dell'assunzione garantendo così lo svolgimento di una trattativa seria ed informativa per il dipendente. Come?

I candidati a un impiego avranno il diritto di ricevere nell'annuncio di lavoro o comunque prima del colloquio, dal potenziale datore di lavoro, informazioni: sulla retribuzione iniziale o sulla relativa fascia/livello e sulle pertinenti disposizioni del contratto collettivo applicato. Queste informazioni nella prassi vengono ad oggi fornite solo all'esito del percorso di selezione, cioè magari dopo 4/5 incontri con l'azienda;

Il datore di lavoro non potrà chiedere ai candidati informazioni sulle retribuzioni percepite negli attuali o nei precedenti rapporti di lavoro. Tale domanda ad oggi è posta al futuro dipendente, in Italia, nella maggior parte dei colloqui, con tanto di richiesta di invio della relativa precedente busta paga, in aperta violazione dei fondamentali principi in materia di privacy;

Gli annunci di lavoro e i processi di assunzione dovranno essere condotti in modo non discriminatorio, pertanto aperti a tutti i generi e con previsione di una uguale retribuzione;

  • Assicurare la trasparenza delle retribuzioni e dei criteri per la progressione economica. Come?

Quantomeno nelle aziende con più di 50 dipendenti, dovranno essere resi facilmente accessibili i criteri utilizzati per determinare la retribuzione, i livelli retributivi e la progressione economica dei lavoratori. Sarà dunque possibile sapere anticipatamente quale potrà essere il proprio percorso di crescita e carriera all'interno della azienda, il quale non potrà essere oggetto di diversificazione, proprio perché predeterminato, a seconda del genere;

  • Assicurare il diritto all'informazione. Come?

I lavoratori, personalmente o tramite il sindacato, avranno il diritto di richiedere e ricevere per iscritto ed entro due mesi,informazioni sui livelli retributivi medi, ripartiti per sesso, delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore. Inoltre, ai lavoratori non potrà essere impedito, tramite clausole di divieto, di rendere nota la propria retribuzione ai colleghi, ai fini dell'attuazione del principio della parità di retribuzione.

Infine, le aziende con più di 100 risorse dovranno comunicare ai dipendenti e ai sindacati anche le informazioni sul divario retributivo tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile e qualora le differenze retributive di genere non siano motivate sulla base di criteri oggettivi e neutri, i datori di lavoro dovranno porre rimedio alla situazione entro un termine ragionevole. 

Pertanto, tornando alle domande iniziali, da un lato non è corretto dire che la direttiva autorizzi i dipendenti a chiedere all'azienda di conoscere la retribuzione dei propri  colleghi, potendo avere a disposizione solo dati aggregati che riguardano categorie di lavoratori fungibli. Nulla vieta tuttavia -  ma ciò era possibile anche in passato, in assenza di divieti ad hoc - che il dipendente possa volontariamente confrontarsi con i colleghi sul proprio stipendio.

Dall'altro lato possiamo dire, in conclusione ed in attesa della normativa di attuazione del 2026, che la Direttiva, improntata ad assicurare massima trasparenza sui sistemi retributivi potrà rappresentare

una vera e propria rivoluzione rispetto all'attuale modalità di gestione dei colloqui e dei sistemi retributivi delle aziende italiane

Una volta ottenuta maggiore trasparenza sarà certamente più facile chiedere ed ottenere condizioni di lavoro più eque per tutti e ciò soprattutto al fine di garantire la parità di genere tra uomo e donna.

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