Tampon tax, qualcosa sta cambiando: come siamo messi in Italia e nel mondo
Per anni il ciclo mestruale è stato considerato un tabù. In alcune culture, addirittura, la donna mestruata è stata oggetto di isolamento e bandita dalla vita sociale. Ancora oggi, persino nelle società più evolute, si fatica a chiamare le cose con il proprio nome, almeno quando si tratta di mestruazioni, e si usano più lunghe parafrasi o colorite espressioni, pur di non dire quella “sconveniente” parola: mestruazioni.
Questo atteggiamento di mancata apertura e riconoscimento nei confronti di uno dei momenti più naturali della vita della donna ha portato non solo a situazioni discriminatorie dal punto di vista socio-culturale, ma anche economico. Sì, perché le mestruazioni hanno avuto e hanno tuttora un costo elevato per le donne, troppo elevato, tanto da essere sempre state considerate, erroneamente, alla stregua di un bene superfluo, di lusso, come fosse una libera scelta di ogni donna e non una manifestazione della natura.
Il risultato di questo scenario socio-culturale, per anni, è stato una tassazione del 22% sugli assorbenti igienici femminili. Solo negli ultimi anni, grazie a una sempre maggiore sensibilizzazione sul tema e all’impegno concreto di donne e attiviste, lo sguardo sulla questione si è fatto ben più lucido e consapevole, portando (finalmente) a un concreto passo avanti e a un abbassamento dell'aliquota al 10% con la prossima Legge di Bilancio.
Cos'è la tampon tax
Per tampon tax si intende l’imposta sul valore aggiunto (IVA) applicata sugli assorbenti igienici femminili, tamponi e coppette mestruali. Come anticipato in precedenza, in Italia attualmente questi prodotti sono sottoposti a un’aliquota ordinaria del 22%, il massimo previsto dal sistema fiscale italiano per ciò che viene considerato bene di lusso.
In Italia, e nel resto del mondo, infatti, gli assorbenti non sono considerati beni di prima necessità, come il pane, il latte, i libri e alcuni farmaci, che nel nostro Paese sono tassati al 4%. Ma non hanno neanche ricevuto una tassazione agevolata al 10%, misura riservata invece ad esempio al tartufo o ai francobolli da collezione.
Per lo Stato e il fisco italiano, gli assorbenti sono sempre stati dei veri e propri beni di lusso, come le sigarette, i “gratta e vinci”, gli alcolici, il cioccolato e il caffè. Un approccio molto discutibile questo, considerato che persino i manifesti elettorali hanno un’imposta del 4%.
Insomma, per molti, moltissimi anni siamo stati di fronte a una chiara discriminazione fiscale di genere. Nell’ultimissimo periodo, pare ci sia un concreto cambiamento in questo senso. Proprio dei giorni scorsi, infatti, il governo italiano ha approvato una manovra che, tra le varie misure, prevede anche, finalmente, una riduzione della tampon tax.
La tampon tax in Italia
La tampon tax in Italia è stata introdotta nel 1973. All’epoca la misura varata prevedeva un’aliquota al 12%, poi cresciuta negli anni fino a raggiungere quota 22%.
Ogni mese una donna in età fertile arriva a spendere in media almeno 10 euro per l’acquisto di assorbenti: in genere una confezione contenente 14 pezzi costa 4-5 euro, ma di norma per coprire il periodo, ne servono almeno due. Sempre in media, è stato stimato che ogni donna arriva a spendere annualmente una cifra che si aggira intorno ai 126 euro, e di questi ben 22,88 euro sono di Iva.
Come anticipato, la situazione è rimasta invariata per anni. Fortunatamente nell’ultimo periodo il tema dei diritti femminili e dell’equità di genere sono diventati argomenti centrali, non solo nelle agende politiche di tutto il mondo, ma soprattutto tra le donne comuni, la cui voce e consapevolezza si stanno facendo sentire.
Proprio lo scorso 19 ottobre 2021, il governo ha annunciato che all’interno della prossima Legge di bilancio sarà prevista la riduzione della tampon tax dal 22% al 10%. Un risultato certamente non del tutto soddisfacente, specie se si confronta la situazione italiana con quella di altri Paesi europei - come vedremo meglio dopo - ma che ci porta nella giusta direzione. Infatti, anche se non è una riduzione al 4 o al 5%, come era stato chiesto negli scorsi anni, il taglio è di oltre il 50%.
Già nel 2019, infatti, un emendamento firmato da Laura Boldrini e altre 31 deputate bipartisan aveva proposto un abbassamento dell’Iva dal 22 al 10%, poi respinto dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, perché l’operazione avrebbe richiesto un costo ingente.
A questa richiesta, aveva fatto seguito la riduzione al 5% dell’Iva, ma solo sugli assorbenti compostabili o lavabili e sulle coppette mestruali. Un provvedimento che sembrava più dettato da motivazioni ecologiche e di sostenibilità e non orientate a eliminare la disparità di genere.
Ma fu Giuseppe Civati di “Possibile”, insieme all’onorevole Beatrice Brignone, nel “lontano” 2016 a lanciare la proposta di abbassare l’Iva al 4%, proposta accolta in Aula con risatine, imbarazzo e poca considerazione.
Cinque anni più tardi, dunque, possiamo dire, con moderata soddisfazione, che qualcosa sta per succedere.
La tampon tax nel resto d'Europa
A seguito della normativa europea del 2006 che consentiva agli stati membri di ridurre la tampon tax al minimo previsto per i beni di prima necessità, molti Paesi si sono adeguati, abbassando l’aliquota e dimostrando un concreto impegno in direzione dell’equità di genere. Tra questi ci sono la Spagna, la Grecia e l’Austria, con un’aliquota del 10% o leggermente superiore. I risultati più soddisfacenti vengono dal Belgio, passato dal 21 al 6%, dalla Germania, che nel 2020 è passata dal 19 al 7% e la Francia, con il 5,5%.
L’Irlanda, insieme all’Inghilterra, che dopo l’uscita definitiva dall’Ue ha detto addio alla “tampon tax”, rappresentano senza dubbio i casi più virtuosi. L’Irlanda, infatti, ha azzerato l'imposta addirittura prima ancora dell’entrata in vigore della direttiva europea sulla riduzione e l’esenzione dall’Iva.
In molti Paesi europei, però, l’aliquota supera ancora oggi il 20%, fino a toccare il 27% in Ungheria.
Anche a livello globale, sono pochi i Paesi che hanno scelto di eliminare tasse aggiunte ai prodotti sanitari destinati alle donne. Tra questi annoveriamo il Canada e diversi stati degli Stati Uniti, l’Australia e l’India, mentre il Kenya nel 2004 è stato il primo Paese a diminuire la tassazione dei prodotti igienici femminili e dal 2011 ha attuato un progetto per distribuire gratuitamente assorbenti nelle scuole.
Attivismo e manifestazioni contro la Tampon Tax
Negli ultimi anni sono state molte le battaglie portate avanti da movimenti femministi e associazioni la cui voce e il cui impegno si è fatto sentire attraverso accese proteste, manifestazioni e concrete petizioni.
Nel nostro Paese, oltre all’impegno mostrato tra le aule del Senato da un gruppo sparuto di deputati e deputate, è stato infatti fondamentale il “lavoro sul campo” di cittadine che hanno manifestato per sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema fondamentale per il rispetto e la tutela dei diritti delle donne.
Una manifestazione particolarmente significativa è stata quella organizzata nel maggio 2019 a Roma, dall’associazione Onde Rosa, fondata da un gruppo di giovani studentesse dell’Università Statale di Milano: davanti a Palazzo Montecitorio, sede del Parlamento, il gruppo di Onde Rosa ha manifestato per sollecitare un’azione politica da parte del Governo, ottenendo poco dopo l’abbassamento al 5% sui prodotti compostabili. La manifestazione ha seguito un altro importante passaggio: il lancio di una campagna online dal nome “Il ciclo non è un lusso”, che oggi conta più di 630mila firme.
Non solo in Italia, ma in tutto il mondo le conquiste ottenute e i passi concreti in direzione di una maggiore equità di genere sono passati attraverso l’impegno in piazza e le manifestazioni di migliaia di donne, più che con le mosse e le leggi della politica. Dalle piazze di tutta Europa si è infatti levato quel vento del cambiamento che sta iniziando, finalmente, a farsi sentire.