Tu chiedilo: il consenso spiegato con un tè
Nella notte tra il 31 dicembre e il 1 gennaio a Milano diverse donne sono state molestate: la narrazione mediatica ha spostato il centro dell’attenzione dalle ragazze che hanno subito violenza ai loro molestatori.
Per ammorbidirne le responsabilità, vengono per lo più descritti come “altro da noi” – stranieri, italiani di seconda generazione – oppure come “molto giovani” e quindi ingenui e irresponsabili
Ma una molestia non è una ragazzata. Lo stesso è accaduto, qualche tempo fa, alle vittime di Alberto Genovese, l’imprenditore milanese che seviziava e violentava giovani donne nel suo appartamento: quando i fatti sono stati resi noti, il dibattito si è focalizzato soprattutto sul comportamento delle vittime. Perché erano lì, cosa si aspettavano di trovare, perché avevano assunto droga?
Ciò che viene trascurato da questa modalità di pensare, razionalizzare e raccontare è un "dettaglio" che, decisamente, dettaglio non è:
il sesso, senza consenso, è stupro. E tale rimane. Anche se la vittima ha bevuto, assunto droghe, è poco vestita o sessualmente libera
Come comprenderlo senza avere dubbi? Imparando a chiedere il consenso, ogni volta e in tutte le situazioni.
Cosa pensano gli italiani
Ben 23 paesi dell’Unione europea hanno una definizione legale di stupro basata sull’uso della forza, minaccia di uso della forza o coercizione, senza alcun riferimento al principio del consenso. Tra questi 23 Paesi c’è anche l’Italia. Il reato di stupro non è definito esplicitamente come un “rapporto sessuale senza consenso”:
come definito dall’articolo 609-bis del codice penale, perché un determinato comportamento sia considerato stupro e quindi sia sanzionato in tribunale come un reato, è necessario che concorrano diversi elementi della violenza, o della minaccia o dell’inganno, o dell’abuso di autorità
In nessuna norma è richiamata la formula del consenso proposta dalla Convenzione di Istanbul, il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e ratificata dal Parlamento Italiano nel 2013.
Tra le conseguenze, la persistenza di pregiudizi tossici che addebitano alle donne la responsabilità della violenza sessuale subita. Secondo l’Istat (rilevazione del 2019),
addirittura il 39,3% della popolazione ritiene che una donna sia in grado di sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo vuole
Anche la percentuale di chi pensa che le donne possano provocare la violenza sessuale con il loro modo di vestire è elevata (23,9%). Il 15,1%, inoltre, è dell’opinione che una donna che subisce violenza sessuale quando è ubriaca o sotto l’effetto di droghe sia almeno in parte corresponsabile.
Per questi motivi, Amnesty International Italia ha lanciato la campagna #Iolochiedo, rinnovando l’appello alla ministra della Giustizia Marta Cartabia affinché la legislazione italiana si adegui alle norme internazionali, stipulate con la Convenzione di Istanbul del 2011, e modifichi l’articolo 609-bis del codice penale per rendere punibile qualsiasi atto sessuale non consensuale.
Cosa s’intende per consenso?
Come capire se una persona desidera avere o no un rapporto sessuale? Cosa vuol dire la parola consenso? Nessuno strumento internazionale o regionale per i diritti umani fornisce una definizione esatta di consenso: l’Italia può decidere la specifica formulazione e i fattori da considerare per definire la nozione di consenso dato liberamente.
Tuttavia, l’articolo 36 della Convenzione di Istanbul specifica che il consenso
deve essere dato volontariamente, quale libera manifestazione della volontà della persona, e deve essere valutato tenendo conto della situazione e del contesto
Per far sì che il consenso sessuale sia comprensibile in modo chiaro e inequivocabile, un video di Blue Seat Studios intitolato “Tea consent” ne spiega le dinamiche in modo semplice ed accessibile:
Il video, in soli tre minuti, mette in scena più situazioni in cui i protagonisti offrono o si vedono offrire una tazza di tè: una voce fuori campo chiede al pubblico di sostituire la proposta di una tazza di tè con la situazione in cui si sta per avere un rapporto sessuale con una persona, che ci si trovi sulla porta di casa sua dopo una cena o avvinghiati sul divano.
Regole basilari che, esattamente come per una tazza di tè, vanno applicate anche nei rapporti sessuali:
- Se proponete un tè a qualcuno che accetta, non ci sono problemi
- Se proponete del tè a una persona che non è sicura di prenderlo, non bisogna decidere al posto suo, né tantomeno farla bere per forza. Il semplice fatto di aver preparato una tazza di tè non vi dà la sicurezza che questa persona vorrà berla
- Se la persona a cui proponete del tè risponde “no grazie”, allora meglio lasciar perdere. Non la forzate e non arrabbiatevi per il rifiuto
- Se qualcuno in un primo momento accetta il vostro tè per poi rifiutare poco dopo, sarete arrabbiati per aver fatto del tè per niente, ma nessuno è obbligato a bere se non ne ha voglia
Il consenso, spiegato facile, è tutto qui