Chi era Ana Mendieta, l’artista che metteva il corpo femminile al centro della ricerca
Ana Mendieta nacque a Cuba da una famiglia benestante. Il padre inizialmente era un fervente sostenitore di Castro, ma ne divenne oppositore a seguito della rivoluzione. A causa di ciò, per proteggere le sue figlie, nel 1961 decise di mandare Ana Mendieta e sua sorella negli Stati Uniti.
Affidò le bambine al progetto Peter Pan, che aveva l’obiettivo di occuparsi dei circa 14.000 bambini profughi a causa della rivoluzione cubana.
Mendieta passò l'infanzia e l'adolescenza tra campi rifugiati, orfanotrofi e famiglie affidatarie in Iowa. Rivide la madre solo dopo 6 anni, mentre si riuniva al padre, che aveva passato 18 anni in carcere come dissidente politico, solo nel 1979 – pochi mesi prima della sua morte.
Questa situazione traumatica vissuta in tenera età è alla base del suo interesse e della sua ricerca di appartenenza a un luogo, a una famiglia, alla madre terra, che sarà molto presente in tutto il suo percorso artistico.
Mendieta frequentò l’università dove si laureò in Pittura e Intermedia sotto la guida del suo mentore Hans Breder, che la introdusse all’interdisciplinarietà e all’arte contemporanea.
In questi anni di formazione, Mendieta comprese cosa significa essere discriminata in quanto donna e persona di origini diverse, in particolare nel mondo dell’arte. Si avvicinò inoltre allo spiritualismo e allo studio delle religioni e rituali primitivi, tutti elementi di fondamentale importanza nella sua ricerca artistica.
Il primo periodo artistico: Rape Scene
Nel 1973, quando era ancora studentessa, venne profondamente colpita da un episodio che avvenne nel suo stesso campus: lo stupro e l’omicidio di una compagna di studi, Sara Otten. È da questo sconvolgente avvenimento che nacque una delle sue prime performance: Rape Scene.
Mendieta invita nel suo appartamento studenti e professori ignari e riproduce la scena della violenza, utilizzando il suo corpo nudo e ricoperto di sangue
L’opera vuole essere una critica alla misoginia nel mondo dell'arte e all'indifferenza della società nei confronti della violenza sulle donne.
Mendieta con questa opera gettava le basi della sua attività artistica: la rinuncia a una analisi intellettuale a favore della riscoperta di un'arte legata ai corpi, alla fisicità, che in questo primo periodo trova i suoi elementi fondanti nell’utilizzo del sangue e nella rappresentazione della violenza. In seguito, avrà sempre maggiore importanza la natura e l’utilizzo del paesaggio in dialogo con il corpo.
Body Art, Land Art e l’indagine sull'identità femminile
Il tema dell’identità femminile e della corporeità diventava intanto sempre più importante per l’attività artistica di Ana Mendieta.
Già nel 1972 iniziava l’indagine su questo aspetto nella serie di fotografie Glass on Body, dove schiacciava il proprio corpo e viso su lastre di vetro, creando dei ritratti con un aspetto deformato e grottesco.
L’idea alla base dell'opera è la rivendicazione della propria immagine femminile, fuori dallo sguardo maschile e dalle imposizioni di genere, finalmente libero di esprimersi
La body art diventava così riappropriazione del proprio corpo e del proprio spazio.
A partire dal 1975 la ricerca di Mendieta includeva anche la natura, in particolare gli spazi aperti e selvaggi.
Le Siluetas Series sono una serie di opere in cui Mendieta rappresenta il proprio corpo all’interno della natura coperto di fango, erba, ghiaccio, foglie, in un dialogo continuo tra il paesaggio e il corpo femminile.
Per l’artista si trattava di un ritorno alla patria che le è stata strappata e, in maniera più universale, alla Madre Terra. Per lei queste performance rappresentavano quasi un rituale, un omaggio a una divinità che rappresenta il femminile universale.
Ho lavorato fuori, nella natura, esplorando la relazione tra me stessa e la terra, e l'arte. Usando il mio corpo come punto di riferimento nella creazione artistica, sono in grado di trascendere me stessa in volontaria immersione e totale identificazione con la natura
Il corpo dell’artista diventava quindi soggetto e non vittima, oggetto che subisce: «gli artisti maschi che hanno lavorato con la natura si sono imposti su di essa. Senza alcun dubbio il mio lavoro, invece, ha una sensibilità femminile».
Nelle sue opere, emerge preponderante anche il desiderio di tornare a una umanità più autentica, ai legami ancestrali, fuori da discriminazioni e individualismi. Il corpo di Ana Mendieta diventava così il corpo di qualsiasi donna ma anche di qualsiasi persona, dell’umanità intera che si riconnette con sé stessa.
Mi sono immersa negli elementi stessi che mi generarono, utilizzando la terra come tela e la mia anima come strumento
Where is Ana Mendieta? Una morte irrisolta
La carriera e la vita dell’artista vengono spezzate in modo improvviso.
L’8 settembre del 1985 Ana Mendieta morì cadendo dal trentaquattresimo piano del suo appartamento nel Greenwich Village. Con lei a casa c’era solo suo marito Carl Andre, anche lui artista, con cui era sposata da otto mesi.
Diversi vicini sostengono di averli sentiti litigare violentemente prima della tragedia e Andre, all’arrivo della polizia, presentava diversi tagli sul viso.
Carl Andre racconta ai soccorsi che il motivo della lite fosse il suo maggiore successo come artista rispetto alla moglie, ragione per cui Mendieta avrebbe deciso di suicidarsi buttandosi dalla finestra. Dopo tre anni di processo, Andre venne assolto per insufficienza di prove. La morte di Ana Mendieta rimane misteriosa e sospetta e molte persone sono convinte che si tratti di femminicidio.
A partire da questa convinzione è nato nel 1992 il collettivo Where Is Ana Mendieta? che lotta contro l’indifferenza nei confronti dei femminicidi e contro le discriminazioni di tutte le minoranze emarginate
Nonostante la sua breve vita, l’opera e il pensiero di Ana Mendieta vivono ancora. La sua eredità artistica ha influenzato e influenza molti artisti e artiste in tutto il mondo. Le sue opere, dopo anni, sono ancora di ispirazione per molte donne e persone, per cui sono state un tassello fondamentale per una maggiore consapevolezza o l’occasione per un momento di riflessione.