Il climatologo Antonello Pasini: “dobbiamo cambiare il nostro modo di vivere e dobbiamo farlo ora”

Abbiamo intervistato Antonello Pasini, fisico e climatologo del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), spesso ospite televisivo e divulgatore, che ci ha offerto uno spaccato chiaro e dettagliato su come si sia evoluta la percezione del cambiamento climatico nel nostro Paese e su quali siano ancora gli ostacoli da superare per una maggiore sensibilizzazione su questo tema

Negli ultimi anni, il caldo record ha fatto parlare le TV e preoccupare gli esperti e il tema del cambiamento climatico è divenuto un tema centrale nella coscienza collettiva, soprattutto italiana. Eventi atmosferici estremi come piogge torrenziali e alluvioni hanno toccato più da vicino la vita quotidiana delle persone, rendendo evidente che il clima sta cambiando, e lo sta facendo rapidamente. Tuttavia, la consapevolezza del problema non si è ancora tradotta in una risposta collettiva e convinta. Abbiamo chiesto al climatologo Antonello Pasini di chiarirci

Intervista ad Antonello Pasini

Secondo Pasini, fino a pochi anni fa «il cambiamento climatico in Italia era percepito come qualcosa di abbastanza distante, nel tempo e nello spazio, che riguardava altri Paesi». Ma con l'intensificarsi degli eventi estremi anche in Italia, «la percezione che ci sia effettivamente un cambiamento climatico è maggiore».

Tuttavia, identificare la causa di questi eventi come antropica e agire di conseguenza rimane un passo arduo. «Un ostacolo principale è la scarsa cultura scientifica del Paese», spiega Pasini. «quando si ha a che fare con sistemi complessi come questo, è necessario fornire l'ABC già a scuola. Per sensibilizzare veramente e spingere all'azione, è fondamentale che insieme ad un ragionamento razionale ci sia anche un impatto emotivo». Ciò è veramente necessario affinché il pubblico sia motivato a fare il passo successivo verso il cambiamento. Secondo il climatologo, devono quindi lavorare insieme "il razionale e l'emotivo", e questo approccio potrebbe essere supportato anche da opere come il film Io Capitano” di Matteo Garrone, che tocca il tema delle migrazioni climatiche.

Nel suo libro Effetto serra, effetto guerra, Pasini evidenzia come il cambiamento climatico non sia solo una questione ambientale, ma anche un fattore di instabilità geopolitica. «Non dico che il cambiamento climatico sia l'unica causa di conflitti e migrazioni, ma è sicuramente una concausa importante». Questo legame è evidente in aree come il Sahel, nell'Africa subsahariana, dove il cambiamento climatico sta esacerbando una situazione già complessa. «La riduzione delle risorse disponibili per la vita di tutti i giorni, come l'acqua, mette in conflitto pastori e agricoltori, che un tempo collaboravano in sinergia. Ora, con la mancanza di risorse, i conflitti si acuiscono, e l'ultima strategia di adattamento diventa la migrazione». Questo fenomeno dimostra come il cambiamento climatico possa avere conseguenze sociali e politiche di vastissima portata, sottolineando l'urgenza di affrontare il problema non solo dal punto di vista ambientale, ma anche da quello umanitario.

Tecnologia: un aiuto contro il cambiamento climatico?

Nonostante l'ampia disponibilità di tecnologie per mitigare e adattarsi ai cambiamenti climatici, Pasini sostiene che non bastano le soluzioni tecnologiche da sole: «Bisogna cambiare il proprio modo di vivere e utilizzare soluzioni basate sulla natura». La città futuristica Neom City, in costruzione in Arabia Saudita, è un esempio interessante per sperimentare nuove tecnologie, ma «di per sé significa artificializzare tantissimo un territorio, e la strada non è questa». Per lui, la vera sfida è rendere le nostre città compatibili con il paesaggio naturale circostante.

Un aspetto cruciale nella lotta al cambiamento climatico riguarda il coinvolgimento delle nuove generazioni. «La scuola è fondamentale, ma anche far capire ai giovani che è un problema che li riguarda direttamente». Giovani e scienziati hanno qualcosa in comune: entrambi cercano di guardare oltre il breve periodo pensando a lungo termine, nell’ottica della risoluzione del problema, a differenza della politica che «guarda al consenso all'interno di una legislatura di cinque anni, ma questo non è sufficiente per risolvere un problema che richiede azioni da qui ai prossimi 30 anni». Coinvolgere i giovani è quindi possibile attraverso la divulgazione scientifica e l'aiuto di artisti che possono contribuire a trasmettere il messaggio in maniera più efficace.

Il ruolo dei media nella sensibilizzazione sul cambiamento climatico

Infine, il ruolo dei media è cruciale per comunicare la crisi climatica in modo corretto. Pasini sottolinea che «i media devono cercare di non fare sensazionalismo, ma di spiegare i problemi». Uno degli errori più comuni è quello di parlare di "maltempo" senza collegarlo alle sue cause profonde. «Parlare soltanto di maltempo significa dire alle persone che non possono farci niente». È invece importante far capire che "le cause sono umane", per rendere le persone più consapevoli e pronte ad agire. Per comunicare un problema così complesso, è fondamentale una maggiore attenzione agli approfondimenti e non limitarsi a "spot" veloci, che oggi, purtroppo, si vedono anche su riviste divulgative.

Guardando agli ultimi anni, Pasini ci ricorda che il caldo record del 2023-2024 è stato causato dalla sovrapposizione di 2 trend: quello dell'aumento di temperature causato dall’uomo e dal cambiamento climatico e il trend naturale di El Nino. Proprio quando avvengono queste sovrapposizioni si verificano dei record, seguiti generalmente da plateau o periodi di leggera diminuzione, risultando non in un andamento lineare, ma a scalini. Tuttavia, ciò che è accaduto rappresenta solo l’inizio di una tendenza preoccupante. «Dopo situazioni del genere, oceani e mari fanno molta fatica a raffreddarsi». Di fronte a un simile scenario, l’adattamento e la mitigazione sono imperativi e Pasini ci saluta con una sua frase significativa: «Dobbiamo gestire l'inevitabile (a cui ci porta l’inerzia del clima), ma evitare l'ingestibile con la mitigazione (perchè potremmo arrivare all’ingestibile, se continuiamo così)».

Se non cambiamo rotta, rischiamo di dover affrontare scenari catastrofici, come la fusione del 90% dei ghiacciai alpini entro la fine del secolo che avrà impatti sia dal punto di vista idrico in Pianura Padana che, per esempio, turistico e questo è solo uno dei tanti esempi.

Insomma, il messaggio è chiaro: la crisi climatica è già qui e non possiamo più permetterci di ignorarla. Dalla sensibilizzazione alla scienza, dall'arte alla tecnologia, dobbiamo mettere in campo ogni strumento per affrontare un problema che appartiene a tutti noi.


Federica Gasbarro collabora con The Wom in modo indipendente e non è in alcun modo collegata alle inserzioni pubblicitarie che possono apparire all'interno di questo contenuto.

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