Eccentrici, colti, rivoluzionari: una mostra ripercorre il “Bloomsbury group” di Virginia Woolf

A Roma, al Palazzo Altemps, è in arrivo il 26 ottobre la mostra “Virginia Woolf e Bloomsbury. Inventing life”: Nadia Fusini, curatrice dell’esposizione e studiosa di letteratura inglese, la racconta a The Wom

Se Virginia Woolf è la grande scrittrice che conosciamo, parte del merito va a Bloomsbury, il quartiere di Londra dove si trasferisce nel 1904 dopo la morte dei genitori e dove trova una nuova famiglia, un gruppo di giovani donne e uomini eccentrici, colti, rivoluzionari.

Quella comitiva di amici passerà alla storia come il Bloomsbury group, il gruppo di intellettuali che ha permesso all’Inghilterra di scrollarsi di dosso la sua pesante eredità vittoriana e di guardare al Novecento con nuovi occhi. “Quelli di Bloomsbury” si ritrovavano la sera per discutere di arte, filosofia, economia, letteratura, sessualità e questioni sociali. Tra i membri più celebri di questo gruppo ricordiamo, tra gli altri, il critico d’arte Roger Fry, l’economista John Maynard Keynes, il musicista Saxon Sydney-Turner, la pittrice Vanessa Bell e, ovviamente, la scrittrice Virginia Woolf.

Se in Italia conosciamo così bene la voce di Woolf è grazie a Nadia Fusini, critica e accademica italiana che ha tradotto molte delle sue opere, ricostruito la sua vita nella biografia Possiedo la mia anima e che da ultimo ha curato “Virginia Woolf e Bloomsbury. Inventing life”, una mostra che racconta la vita di “quelli di Bloomsbury” e di come abbiano rivoluzionato la società inglese di inizio Novecento.

Nadia Fusini
Nadia Fusini

A The Wom Fusini racconta come nasce l’esposizione e perché la personalità di Virginia Woolf e quella dei membri del Bloomsbury group sono ancora oggi così centrali per interpretare il mondo.

Intervista a Nadia Fusini, curatrice della mostra “Virginia Woolf e Bloomsbury. Inventing life

Cosa ha dato il Bloomsbury group a Virginia Woolf, e viceversa, cosa ha dato lei al gruppo?

Ha presente quelle sculture femminili che sostenevano i templi greci? Le cariatidi? Ebbene, Virginia insieme alla sorella Vanessa sono le cariatidi, le colonne di una esperienza di amicizia intellettuale, di scambio vitale, che le vede al centro di un gruppo di giovani uomini e donne, i quali si ritrovano nelle loro stanze nel quartiere di Bloomsbury per inventarsi insieme una nuova esistenza; e cioè, per affrontare la vita all’inizio di quel secolo bello e tremendo che è stato il Novecento. I fratelli Stephen, Vanessa e Virginia e Thoby e Adrian, una volta orfani si spostano infatti dal quartiere bene di Kensington in quel di Bloomsbury, e lì creano una nuova casa e stringono intorno a sé una rete di rapporti orizzontali, tra fratelli appunto, che li nutrono di nuovi pensieri.

Virginia Woolf

Il titolo della mostra è “Inventing Life”. Qual è la vita che inventato Virginia Woolf grazie al Bloomsbury group?

Una vita libera, una vita non più ordinata secondo i principi vittoriani di “Dio, patria e famiglia”, non più dominata da un ordine intensamente e interamente patriarcale. Qui ci sono non padri, ma fratelli e sorelle che mettono in discussione convenzioni che si giudicano retrive, superate, inattuali:

chi ha detto, ad esempio, che l’unico destino per le figlie femmine sia quello di sposarsi, mentre i figli maschi vanno a istruirsi e a prepararsi per carriere illustri nei prestigiosi college di Oxbrige? Chi ha detto che un uomo debba per forza amare una donna e viceversa? 

Qui si mettono in discussione regole che risultano non vere, non autentiche, ma funzionali a un ordine sociale, che non riconosce il principio fondamentale della libertà, che è prima di tutto la libertà di coscienza. Dire di sì e di no rispondendo alla propria coscienza: questa è la loro unica fede. Sono giovani uomini e donne che dicono di no alla guerra, e amano e difendono la pace, ad esempio.

Come restituire qualcosa di immateriale e mutevole come lo spirito del Bloomsbury group e trasformarlo in una mostra? Quali sono state le difficoltà più grandi e come le ha superate?

Fortunatamente questi giovani uomini e queste giovani donne hanno parlato, scritto, dipinto. Ci sono rimasti i loro libri, i loro quadri, i loro diari. Sono testimonianze importanti, indimenticabili

Mi ha certamente aiutato a organizzare questa mostra il lavoro fatto negli anni su Virginia Woolf, a partire dall’edizione dei due Meridiani Woolf, uscita per Mondadori alla fine degli anni ’90 e la sua biografia, Possiedo la mia anima, ripubblicata l’anno scorso da Feltrinelli. Oltre che la conoscenza degli altri protagonisti di quella avventura, E.M. Forster, T.S. Eliot, e in generale la conoscenza del Modernismo europeo.

Com’è articolata la mostra e quali sono gli aspetti che le stanno più a cuore?

La mostra segue un itinerario che procede in stanze. Di stanza in stanza si dispiegano i vari aspetti della loro invenzione della vita. Una invenzione concreta, che si realizza in operazioni anche imprenditoriali: ad esempio, la creazione da parte di Virginia e Leonard di una casa editrice, la Hogarth Press, che permette loro la libertà di espressione; e da parte di Roger Fry la creazione di un atelier - Omega Workshops -  dove gli artisti creano in modo anonimo, come nelle botteghe medievali, oggetti belli perché portino gioia nella vita quotidiana. Perché la bellezza renda buona e bella la vita quotidiana.

Bloomsbury group
Il Bloomsbury group

Una famosa citazione attribuita a Dorothy Parker recita che il Bloomsbury group «lived in squares, painted in circles and loved in triangles». Quanto c’è di vero? La mostra restituirà anche queste geometrie uniche?

È una bella immagine per raccontare la loro irregolarità. La loro differenza. Basta leggere una stanza tutta per sé di Virginia Woolf per capire quanto conti nel loro pensiero e nel concreto delle loro scelte di vita la riflessione appunto sulla speciale singolarità di ciascuno.

Il titolo in inglese è A room of one’s own: l’accento è sulla singolarità, ogni uno, ogni una – e cioè, ogni creatura ha diritto a essere quello che è.  A vivere, creare, amare seguendo la propria ‘singolarità’

Bloomsbury non è un movimento o una religione: è una rivoluzione. In cosa vive oggi la rivoluzione di Bloomsbury?

Bloomsbury non è né un movimento, né una religione – senz’altro. Ma una specie di ‘comune’ dove all’inizio del Novecento si sperimentano forme di vita e di pensiero nuove, diverse. Senz’altro il meglio che l’isola oltre Manica abbia dato al Novecento.

Si pensi a Keynes, che ha rivoluzionato il pensiero economico, e ha posto le basi del welfare state, a Strachey che ha inventato un nuovo modo di scrivere la storia, a Leonard Woolf, che con le sue analisi critiche del colonialismo ha contribuito a ripensare il rapporto con lo straniero, a Fry che ha portato all’attenzione del suo paese la grande pittura francese moderna, l’impressionismo. Questa eredità non sarà dimenticata.

Certo ora siamo nell’epoca Brexit, ma per fortuna il passato non si cancella mai del tutto. Anzi, con questa mostra intendiamo custodirlo. E offrire esempi illuminati e illuminanti di modi vitali e forme intelligenti in cui si può pensare la società, lo stare insieme

Una delle stanze della mostra non a caso prende il titolo da un verso di Shakespeare che recita, Society is the happiness of life: sì, stare insieme è la felicità.

Non c’è felicità possibile, in un mondo che non provveda all’accoglienza dell’altro, alla felicità anche dell’altro. È un pensiero molto attuale, non crede?

Organizzata dal Museo Nazionale Romano e dalla National Portrait Gallery di Londra in collaborazione con Electa, la mostra romana curata da Fusini rimarrà aperta fino al 12 febbraio 2023.

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