Cos’è il Climate Despair e perché è sempre più diffuso?

Difficile da tradurre letteralmente in italiano, il Climate Despair descrive uno stato mentale o una condizione per cui molte persone si sentono sopraffatte, immobilizzate e completamente perse quando si parla di cambiamento climatico. Ecco perché succede e cosa possiamo fare per evitarlo

Come suggerisce il termine stesso, il Climate Despair è un senso di disperazione dovuto al fatto che ci si ritiene troppo piccoli per fermare il riscaldamento globale e si vive nel terrore che qualsiasi azione sia ormai inutile perché è troppo tardi. Il che in parte è vero… ma non del tutto.

Nel 2019 è stato definito il male del secolo, ed è in costante aumento tra i più giovani

A soffrirne sono molti attivisti, ovvero persone informate dei rischi che stiamo correndo e, soprattutto, coinvolte nella lotta alla crisi climatica. Spesso alcuni considerano queste persone dei catastrofisti e degli esagerati. Il che, anziché aiutare, peggiora solo la situazione.

Inoltre a essere colpiti dal disturbo sono tutti coloro che hanno vissuto o stanno vivendo le conseguenze di un evento atmosferico estremo. L’8 gennaio 2008 è stato pubblicato su PubMed un articolo che mette in correlazione il Climate Despair e l’esperienza dell’uragano Katrina. Un sesto del campione di 815 persone che vivevano nelle zone colpite dall’uragano, intervistato 5-8 mesi dopo l’evento, aveva chiari sintomi di stress post-traumatico. Si tratta dello stesso disturbo che manifestano i sopravvissuti a guerre, terremoti e altri eventi nefasti. 

Come riporta l’articolo stesso: “contrariamente ai risultati di altri studi sui disastri, in cui il disturbo mentale post-disastro in genere diminuisce nel tempo, qui la prevalenza è aumentata in modo significativo”. Il 6% ha mostrato tendenze suicide, più del doppio rispetto ad altri eventi, e il 14% malattie mentali gravi.

Ma perché scatta questo meccanismo?

Al contrario di molte situazioni che ci troviamo a vivere come guerre, incendi ecc, questa crisi ha portata planetaria e non si può evitare.

In più, il fatto di essere scientificamente provata impedisce a tutti noi di negarla, di respingere il pensiero, di passare alla notizia successiva come a dire “se non lo leggo, non esiste”. Non sempre la negazione del riscaldamento globale è tipica delle persone che vogliono continuare a perseguire i loro loschi scopi: in alcuni casi è solo una risposta emotiva a una situazione troppo pesante da accettare.

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Il problema di fondo, a mio parere, è la comunicazione errata.

Tutto ciò che si dice in quanto a riscaldamento globale è vero: dalla fondazione della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 1992 fino a oggi, è stata emessa in atmosfera una quantità di anidride carbonica mai registrata nella storia e il trend è in continuo aumento.

Molti paesi si sottraggono agli accordi o cercano di ammorbidirli

Proprio nell’ultima COP (acronimo che sta per “conferenza delle parti” della convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici), l’India, sostenuta dalla Cina, in riferimento al carbone, ha fatto sostituire il termine “eliminazione” con “progressiva diminuzione”; in inglese, “phase out” con “phase down”. E questo è solo uno dei punti critici.

Tuttavia, finché si continuerà con la comunicazione del terrore, ci sarà il rischio che sempre più persone vengano colte dal Climate Despair e gettino completamente la spugna.

Come uscirne?

La risposta non è semplice e nella maggior parte dei casi è bene non sottovalutare la situazione. In molti casi, il modo migliore per sfuggire a quel senso di oppressione è agire. Non c’è una cosa giusta e una sbagliata: se non si vuole diventare dei veri e propri attivisti, va bene anche solo dedicarsi alla comunicazione, all’organizzazione di eventi di pulizia dei parchi, allo zero waste, a ridurre il consumo di carne.

Qualsiasi cosa aiuta e non dobbiamo pensare che le nostre azioni valgano poco. Siamo pur sempre 7,9 miliardi di persone al mondo!


Federica Gasbarro collabora con The Wom in modo indipendente e non è in alcun modo collegata alle inserzioni pubblicitarie che possono apparire all'interno di questo contenuto.

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