Collages Féminicides porta la rivoluzione transfemminista sui muri del mondo
Sui fogli di carta bianca che Marguerite Stern incolla sui muri di Marsiglia c’è scritto: «da quando ho 13 anni gli uomini commentano il mio aspetto per strada».
Siamo nel 2019, e pochi mesi dopo Stern, che per anni ha fatto parte del movimento di protesta Femen, andrà a Parigi per diffondere altri messaggi sui muri della capitale. In pochissimo tempo si forma il collettivo Collages Féminicides a Parigi e Stern fa un passo indietro: nasce così il movimento di disobbedienza civile delle colleuses (letteralmente: le incollatrici), senza leader e autogestito.
I loro fogli bianchi coperti di scritte nere o rosse iniziano a comparire nelle più grandi città francesi per diffondere messaggi e dati su femminicidi e violenza di genere, sfidando l’articolo 322-1 del Codice penale francese.
Oggi, quasi tre anni dopo, il movimento delle colleuses è diffuso molte parti del mondo, dalla Siria al Belgio, passando per Spagna, Svizzera, Inghilterra e Italia, dove esistono collettivi a Torino, Bologna, Milano, Palermo, Prato, Genova e Roma. Con il tempo, il movimento ha iniziato a farsi portavoce di molte cause oltre alla violenza sessista, tra cui la lotta all’omofobia e alla transfobia, al razzismo, all’abilismo e in generale qualsiasi forma di discriminazione.
In fondo, però, (ri)prendersi lo spazio pubblico per diffondere messaggi femministi non è una novità
Come ricordano le fondatrici del collettivo parigino, si tratta infatti di una pratica che nasce durante la Rivoluzione francese con Olympe de Gouges, autrice della Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina e di altri testi sovversivi per l’epoca che le sono valsi la ghigliottina nel 1973.
Gouges probabilmente affiggeva da sola i suoi testi, mentre le colleuses moderne spesso lo fanno in gruppi di tre o quattro persone e hanno ormai il sostegno di una rete internazionale di attiviste che nel tempo non ha cambiato solo dimensioni, ma anche posizioni politiche.
Un movimento transfemminista
La spaccatura più importante all’interno del movimento di Collages Féminicides avviene a gennaio 2020, quando Stern, nonostante si sia allontanata dal collettivo, critica uno dei collages affissi sui muri di Montpellier su cui si legge:
sisters, non cisterfs
Il gioco di parole «cisterf» si compone infatti di due parole molto importanti per il dibattito femminista contemporaneo: cis-, un prefisso si applica alle persone la cui identità di genere corrisponde al genere e al sesso assegnato alla nascita (ed è quindi il contrario di trans-), e terf, l’acronimo di trans-exclusionary radical feminist, ovvero le persone che appartengono a una corrente del femminismo fondata sull’idea che le donne trans non siano donne e che di fatto i diritti delle persone trans non siano una questione femminista.
Nei suoi tweet, Stern ha difeso le posizioni del movimento TERF e ha suscitato la presa di posizione degli altri collettivi a favore del transfemminismo, ovvero di un movimento che non discrimina né le donne trans, né le persone trans in generale e che combatte al loro fianco e per i loro diritti.
I media hanno parlato molto di questo conflitto, ma nella nostra esperienza e durante i nostri incontri non è mai stato dominante o essenziale
ha spiegato Marie Perennès, regista di Riposte féministe, il docufilm che racconta la storia del movimento dal punto di vista di alcune attiviste e dei loro collettivi locali (Élise a Brest, Alexia a Saint-Etienne, Cécile a Compiègne e Jill a Marseille) e che è stato presentato quest’anno al Festival di Cannes.
Il messaggio di Collages Féminicides è più forte delle frontiere
«È molto commovente vedere che il nostro messaggio è arrivato così lontano, e che ovunque i nostri strumenti sono utilizzati per parlare della violenza di genere. Soprattutto perché i rischi legati a questa pratica sono diversi da Parigi a Lattakia», ha dichiarato una delle organizzatrici del collettivo parigini in riferimento al collage “Basta femminicidio, basta ecocidio” che il militante femminista ed ecologista Mohamad aveva affisso davanti a un posto di blocco della polizia in Siria.
La prima donna che ho voluto ricordare nella mia città è stata la nostra portinaia, che è stata accoltellata dal suo compagno l’anno scorso
ha raccontato invece Dora, fondatrice del collettivo delle colleuses di Milano. «In Francia o altrove, le donne vengono uccise allo stesso modo e con la stessa violenza», ha aggiunto. Da inizio anno a oggi, infatti, i dati raccolti dell’ISTAT confermano che delle 83 donne che sono morte in Italia 72 sono state uccise in ambito familiare o affettivo. Per 43 di queste, l’assassino è stato un partner o un ex partner.
«Anche se alcune colleuses straniere si sono formate da noi, cerchiamo comunque di non intervenire troppo», hanno precisato le attiviste di Collages Féminicides Paris, aggiungendo che «l’obiettivo non è far tradurre i nostri slogan nelle loro lingue, ma che si riapproprino di questa pratica».
Il nostro movimento è forte perché si organizza da solo e perché sappiamo che in qualsiasi parte del mondo condividiamo la stessa lotta