COP29, un buco nell’acqua? Perché i risultati dell’ultima conferenza per il clima non sono sufficienti
Durante la COP29, quasi 200 Paesi hanno concordato un nuovo quadro di finanza climatica post-2025, con l’obiettivo di mobilitare almeno 300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035 a favore dei Paesi in via di sviluppo. Questo importo, pur rappresentando un triplicamento rispetto al precedente target fissato nel 2009, rimane ben lontano dalle richieste di 1.300 miliardi di dollari annui avanzate dalle nazioni del Sud globale per affrontare adeguatamente le sfide climatiche e altrettanto lontano dal minimo sindacale di 390 miliardi suggerito dagli esperti ONU.
Nuovo Obiettivo Collettivo Quantificato, di che si tratta
Il fulcro della COP29 è stato il Nuovo Obiettivo Collettivo Quantificato (NCQG), che sostituisce il precedente target dei 100 miliardi di dollari annui. Questo obiettivo mira a garantire risorse finanziarie per:
- Transizione energetica: sostegno alla decarbonizzazione, con incentivi per ridurre la dipendenza da carbone, petrolio e gas per i paesi vulnerabili.
- Adattamento ai cambiamenti climatici: infrastrutture resilienti e tecnologie per mitigare l'impatto di eventi estremi.
- Perdite e danni: risorse per compensare gli effetti devastanti di inondazioni, siccità e uragani.
Le cifre chiave di questa COP:
- 300 miliardi di dollari: l'impegno annuo siglato dai Paesi sviluppati entro il 2035.
- 1.300 miliardi di dollari: il target complessivo annuo auspicabile entro il 2035 che include contributi da altre fonti, come investimenti privati e tasse globali.
- Erogazione del 69% dei finanziamenti in forma di prestiti, con una roadmap per aumentare la quota di donazioni.
Secondo il testo approvato, questi contributi saranno erogati principalmente da 23 Paesi sviluppati e dall'Unione Europea, considerati storicamente responsabili del cambiamento climatico, con l'invito a partecipare anche a economie emergenti come Cina, singapore e Arabia Saudita, sebbene su base volontaria.
L'accordo prevede di integrare i fondi pubblici con risorse provenienti da:
- Investimenti privati: con strumenti per mobilitare o garantire capitali.
- Tasse alternative globali (ancora in fase di studio), tra cui prelievi su grandi fortune, trasporti marittimi e aerei internazionali.
Il documento riconosce che solo attraverso questa leva finanziaria mista sarà possibile raggiungere i 1.300 miliardi di dollari l'anno, una cifra identificata dagli esperti ONU Amar Bhattacharya, Vera Songwe e Nicholas Stern come necessaria per supportare i Paesi vulnerabili.
Il contesto geopolitico della COP29
La COP29 si è svolta in un momento geopolitico complesso, con la vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti che ha sollevato timori per un'eventuale uscita americana dall'Accordo di Parigi; il ritiro da parte dell'Argentina della propria delegazione nel mezzo del vertice; l'assenza della Francia nella seconda settimana di negoziati.
La COP29, sotto la presidenza di Mukhtar Babayev, ha portato a un accordo raggiunto sul filo del rasoio, ma non senza lasciare dietro di sé una scia di critiche e disillusione. Ma perchè la COP è stata definita da molti deludente?
La questione cruciale dell’abbandono dei combustibili fossili è rimasta ai margini dei negoziati, eliminata dai documenti finali a causa delle pressioni esercitate da Paesi produttori di petrolio e gas, come l’Arabia Saudita. Questo ha vanificato gli impegni ambiziosi presi alla COP28 e ha impedito di stabilire un meccanismo di monitoraggio annuale degli sforzi per la transizione energetica, proposto dall’Unione Europea. Per molti, questa assenza rappresenta un passo indietro rispetto agli obiettivi climatici globali.
Le critiche e l'insoddisfazione per i risultati di COP29
In termini finanziari, l’aumento dei contributi a 300 miliardi di dollari l’anno entro il 2035 è stato criticato come insufficiente per rispondere alle necessità dei Paesi in via di sviluppo. Inoltre, la scelta di erogare il 69% di questi fondi sotto forma di prestiti solleva preoccupazioni, poiché rischia di aggravare ulteriormente il debito delle economie più vulnerabili.
Ali Mohamed, presidente del Gruppo Africano dei negoziatori, ha dichiarato che l'accordo è "insufficiente e tardivo" per il continente africano, mentre Sunday Evans Njewa, rappresentante dei Paesi meno sviluppati (PMS), ha definito i finanziamenti proposti "irrisori". Molte delegazioni hanno poi sottolineato come ci sia stata una approvazione frettolosa dell’accordo sulla finanza climatica, non rispettando il principio del consenso.
Le critiche più aspre si concentrano sull’incapacità della COP29 di inviare un messaggio chiaro e incisivo sull’eliminazione dei combustibili fossili, principale causa del riscaldamento globale. Questo vuoto, unito a una gestione disorganizzata da parte della presidenza azera – accusata di aver escluso alcune delegazioni dalle consultazioni chiave – ha contribuito a un senso di frustrazione diffuso tra le nazioni più vulnerabili e le organizzazioni ambientaliste.
Il vertice di Baku ha mostrato una preoccupante disconnessione tra l’urgenza della crisi climatica e la reale ambizione delle misure adottate, configurandosi come un "minimo sindacale" in termini di impegno globale
Il successo di COP29 sarà misurato nei prossimi anni, soprattutto alla COP30 di Belém, in Brasile, nel 2025. I nuovi Piani Nazionali di Riduzione delle Emissioni (NDC) dovranno essere presentati in quella sede. Tuttavia, senza una chiara strategia per eliminare i combustibili fossili, la finestra per raggiungere gli obiettivi rischia di chiudersi rapidamente.
In conclusione, COP29 è stata definita da alcuni leader come un successo diplomatico, ma anche come un compromesso al ribasso. Il tempo dirà se le "fondamenta" costruite a Baku saranno abbastanza solide per sostenere l'edificio della giustizia climatica globale. Al momento, però, c’è solo l’ennesima delusione.
Federica Gasbarro collabora con The Wom in modo indipendente e non è in alcun modo collegata alle inserzioni pubblicitarie che possono apparire all'interno di questo contenuto.