Marmellate per rinascere dopo la violenza: le Cuoche Combattenti di Nicoletta Cosentino

Il progetto è nato nel 2019 a Palermo, dove Nicoletta Cosentino ha aperto un conservificio in cui trovano lavoro donne uscite da relazioni abusanti. Perché la sua storia è quella di tante, troppe altre donne, e perché insieme possiamo farcela

«Mai più paura, mai più silenzio, non siamo vittime ma combattenti»: poche parole, che esprimono però alla perfezione la filosofia alla base di un progetto di imprenditoria sociale nato per aiutare le donne vittime di violenza di genere a riannodare i fili di un’esistenza che per un periodo più o meno lungo è rimasta impigliata nella rete di partner abusanti. Il progetto in questione si chiama, molto appropriatamente, “Cuoche combattenti”, ed è nato da un’idea di Nicoletta Cosentino, 51enne palermitana che sulla sua pelle ha vissuto tutte le fasi che attraversano le vittime di violenza.

«Ho scelto questo nome perché volevo che fosse una cosa forte, che arrivasse e colpisse - spiega Cosentino - Volevo arrivare nelle case di tante donne affinché percepissero di essere vittime, perché purtroppo non tutte se ne accorgono. E perché volevo combattere la violenza sulle donne». 

Il progetto delle Cuoche Combattenti

Cuoche Combattenti è il nome del conservificio di Palermo dove le ragazze di Cosentino, sfuggite a relazioni violente e abusanti, lavorano ogni giorno producendo marmellate, confetture, sughi e prodotti da forno. Su ogni vasetto e ogni confezione campeggia un’etichetta con il logo, una mano sollevata verso l’alto che regge un matterello con fare combattivo, e una frase motivazionale che ispira e incoraggia: “Chi t’ama ti lascia libera”, si legge sul vasetto della confettura di cipolle rosse, e ancora “C’è sempre un’altra via di uscita”, “I panni sporchi non si lavano in famiglia”, “Sei la persona più importante della tua vita”, “Chi ti ama ama anche i tuoi difetti”. Frasi che campeggiano anche sul merchandise creato appositamente per diffondere il più possibile i messaggi.

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L’obiettivo è aiutare le donne che fuggono o sono fuggite dalla violenza a emanciparsi economicamente, dare loro un lavoro e anche una rete che le aiuti a ricominciare. E ricordare, anche, che al centro ci sono e ci devono essere loro, attingendo anche alle radici, ai prodotti del territorio siciliano e alle ricette tradizionali.

«Cuoche Combattenti è nato dopo la separazione - racconta Cosentino, che nel 2020 ha anche ricevuto da Sergio Mattarella il titolo di cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica italiana - Nasce dopo un percorso fatto in un centro antiviolenza in cui ho lavorato su me stessa, che mi ha reso consapevole di quello che avevo vissuto e di quello che vivono tante altre donne».

«Dopo avere fatto uno stage lavorativo grazie al centro ho riscoperto la passione per la cucina e la produzione - prosegue - Ho iniziato prima a produrre a casa mia: era il 2017, e la mia prima produzione è stata una salsa che volevo vendere agli amici per guadagnare qualcosa. E che poi si è trasformata nella salsa di Cuoche Combattenti. Il mio obiettivo è sempre stato rinsaldare l’autostima delle donne e smontare gli stereotipi che ci vogliono in cucina in un determinato modo.

Sì, io sto un cucina, ma ci combatto, non ci sto perché qualcuno mi ci ha mandato

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Le diverse forme di violenza e l’importanza dell’emancipazione economica

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Avere un lavoro che garantisca un’entrata economica è un passaggio fondamentale per chi affronta un percorso di uscita dalla violenza, sia a livello materiale - con il denaro è possibile mantenersi, allontanarsi da quel partner che ha lentamente e inesorabilmente isolato, allontanato, schiacciato - sia psicologico.

Perché «quando si parla di violenza si pensa subito alle botte - sottolinea Cosentino - Invece molto spesso la violenza è invisibile. È anche, soprattutto, quella psicologica, che lentamente ti rende insicura, ti priva di autostima, di denigra in modo subdolo, minimizza il tuo valore, la tua intelligenza e il tuo impegno. Una goccia che corrode la pietra e sgretola l’autostima. Entrati in questo circolo sistematico si attaccano altri tipi di violenza, come quella economica: il partner porta la donna a lavorare meno o a non lavorare affatto, e l’opera di isolamento fa un ulteriore passo avanti».

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Nel laboratorio di piazzale Cascino inaugurato nel 2019, le Cuoche Combattenti preparano i loro prodotti e allo stesso tempo diventano un manifesto. Un simbolo di rinascita e riscatto, la dimostrazione che è possibile farcela, e che c’è sempre una seconda occasione. E per farlo organizzano anche incontri per diffondere il loro messaggio e far sì che possa essere d’aiuto a tutte quelle donne che pensano invece di non avere scelta. Certo, la pandemia di coronavirus non ha aiutato, perché pochi mesi dopo l’inaugurazione è arrivato il lockdown.

Le Combattenti, però, non si sono arrese, e hanno lanciato l’e-commerce, dove oggi è possibile acquistare tutti i prodotti. Cosentino aveva lavorato troppo per gettare la spugna così facilmente: prima di arrivare all’apertura ha intrapreso un percorso di formazione sull’auto-impresa, e supportata dal centro antiviolenza Le Onde, cui si era rivolta due anni prima, e da Regione e Ministero delle Pari Opportunità ha avuto accesso al microcredito per avviare la sua attività. 

«È molto difficile percepirsi come vittime: io non mi ritenevo tale»

Ad aiutarla anche D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza, l’organo nazionale che riunisce 82 associazioni antiviolenza e oltre100 centri in tutta Italia: Cuoche Combattenti è stato selezionato per il progetto Autonomia, finalizzato a garantire alle donne un contributo economico a fondo perduto per realizzare i loro progetti. Lo stesso fondo aiuta anche a coprire le spese che le donne in uscita dalle case rifugio o dai percorsi antiviolenza si trovano ad affrontare, come quelle per la caparra e i primi mesi di affitto, gli eventuali costi di agenzia, l’attivazione e le prime utenze (luce, gas, acqua e spazzatura), l’acquisto di elettrodomestici o arredi indispensabili.

«È molto difficile percepirsi come vittima. Io non mi percepivo come tale - riflette Cosentino - Non pensavo di essere vittima, avevo difficoltà a separarmi, ma ho anche un carattere forte e non mi rendevo conto di essere una vittima. Invece si, ed è proprio in situazioni in cui si ha bisogno di aiuto che bisogna trovare il coraggio di chiederlo. Denunciare, sì, ma accanto al centro antiviolenza: bisogna avere un piano, non si può uscire da queste situazioni solo correndo e scappando, si rischia di venire riacchiappate. Invece bisogna andarsene e non tornare più indietro: io quando l’ho capito ho iniziato a combattere».

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