Good news/bad news: le notizie dal mondo sul fronte dei diritti civili di luglio 2022
Gli Stati Uniti aboliscono il diritto all’aborto
Impossibile non iniziare la rubrica del mese senza quantomeno accennare a quanto accaduto negli Stati Uniti: il 24 giugno scorso, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha annullato il diritto all’aborto a livello federale, revocando la sentenza del 1973 sul caso Roe vs Wade, che rappresentava il “faro legale” per garantire alle donne a livello costituzionale il diritto di fare ricorso all’interruzione di gravidanza.
Una decisione che ha conseguenze spaventose su milioni di donne, visto che con l’annullamento della sentenza sono i singoli Stati a decidere se consentire o meno l’aborto all’interno del proprio territorio, e che praticamente tutti quelli a guida repubblicana decideranno, se non di vietarlo del tutto, di renderlo praticamente inaccessibile. Il che si traduce, con tutta probabilità, in un aumento esponenziale di aborti clandestini che metteranno a serio rischio la vita delle donne che vi fanno ricorso.
La decisione della Corte Suprema ha suscitato una valanga di reazioni da parte di persone sconcertate e preoccupate, oltre che una lunga serie di proteste di piazza organizzate in ogni angolo degli Stati Uniti. E se in alcuni Stati i giudici hanno già agito per bloccare il divieto - in Louisiana e in Florida, per esempio - il presidente Joe Biden ha annunciato l’intenzione di agire il prima possibile: «Avrò un incontro con i governatori per decidere i prossimi passi da fare sull'aborto. È necessario trasformare in legge la Roe vs Wade», ha detto Biden, dicendosi pronto ad «abolire le regole dell'ostruzionismo» al Senato pur di trasformare la sentenza in legge.
A Malta una turista ha rischiato di morire per l’aborto negato
VEDI ANCHE LifestyleAborto: in Texas viene vietato dopo 6 settimane. La situazione nel mondoSempre in tema aborto, a Malta una turista americana che ha affrontato un aborto spontaneo ha rischiato di morire in un ospedale a causa del divieto di eseguire interruzioni di gravidanza che ancora vige nel piccolo e cattolicissimo Stato.
Andrea Prudente, 38 anni, era arrivata a Malta in vacanza a metà giugno, ma qualche giorno dopo ha avuto un aborto spontaneo alla 16esima settimana. Si è precipitata in ospedale, dove i medici le hanno detto che, anche se la gravidanza era ormai interrotta e non vi era più alcuna speranza, il battito del cuore del feto era ancora percepibile e non potevano completare l’aborto. Questo perché a Malta la legge vieta di ricorrere all’aborto anche se la vita della donna è in pericolo. Se i medici avessero completato la procedura avrebbero rischiato sino a 4 anni di reclusione, ma per Prudente era concreta la possibilità di entrare in setticemia e morire.
Alla donna e al compagno Jay, alla fine, è stato accordato il trasferimento in un ospedale di Palma di Maiorca per completare la procedura: «Se amate le donne o siete donne, non andate a Malta», è stato il secco commento della coppia dopo il drammatico soggiorno.
Il caso del Pride di Bologna e l'esclusione dell’associazione LGBTQIA+ delle forze di polizia
Ha fatto parecchio discutere, nei giorni scorsi, la decisione di Rete Rivolta Pride - l’associazione che organizza l’annuale Pride di Bologna - di non includere formalmente nella manifestazione per i diritti LGBTQIA+ Polis Aperta, l'associazione che riunisce le persone LGBTQIA+ che lavorano nella polizia e nelle forze armate.
«Ci è stato chiesto di non presentarci con i loghi e lo striscione dell’associazione, ma di partecipare in modo anonimo, quasi dovessimo nascondere chi siamo», avevano spiegato da Polis Aperta in un comunicato. Rivolta Pride, dal canto suo, aveva replicato sottolineando che «la nostra non è una presa di posizione contro Polis Aperta, ma di critica aperta alle forze dell’ordine come istituzione, e come luogo di riproduzione di violenza sessista, omolesbobitransfobica, abilista e razzista. Riteniamo necessario aprire una riflessione seria sul tema della polizia e delle forze armate e delle discriminazioni vissute dalla nostra comunità».
Da qui la scelta di chiedere a Polis Aperta di non presentarsi con striscioni o loghi. Alla fine, sabato 25 giugno al Pride di Bologna tra i partecipanti c’erano anche gli associati di Polis Aperta, che pur senza striscioni hanno indossato le magliette dell’associazione con la scritta “diversamente uniformi”.
Milano riconosce i figli delle coppie omogenitoriali
Il Comune di Milano ricomincerà a riconoscere i figli nati dall’unione di coppie omogenitoriali. Lo ha annunciato il sindaco Beppe Sala in occasione del Pride di sabato 2 luglio, a cui hanno partecipato circa 300mila persone.
«Oggi voglio fare un piccolo ma importante annuncio - ha detto Sala dal palco allestito per il concerto finale - Dal primo luglio abbiamo riattivato il riconoscimento dei figli nati in Italia da coppie omogenitoriali».
Sala ha sottolineato di avere aspettato per capire come si sarebbe comportato il Parlamento davanti a sentenze avverse, ma di avere poi deciso di agire perché «quando gli altri non si muovono,ho sentito il dovere di fare la mia parte». Successivamente ha parlato della necessità di superare pregiudizi e divisioni per restare uniti in un mondo in cui le discriminazioni sono terreno fertile per negare i diritti.
All’Università di Pisa inaugurati i servizi igienici genderless
Al Polo Piagge dell’Università di Pisa sono stati inaugurati i primi bagni "genderless", ovvero toilette senza distinzione di genere contraddistinti da un simbolo particolare, che potranno essere utilizzati da tutta la comunità studentesca e accademica.
L’inaugurazione si è tenuta mercoledì 29 giugno alla presenza del rettore Paolo Mancarella e dei rappresentanti delle istituzioni locali e regionali: quello del Polo Piagge è uno degli 86 bagni genderless che da fine giugno sono entrati in funzione nei vari edifici di tutto l’Ateneo.
«Le rivoluzioni culturali iniziano, molto spesso, con un piccolo gesto. Un segno che cambia il corso degli eventi. La targhetta che da oggi compare su circa un centinaio dei bagni del nostro ateneo rientra in questa categoria – ha dichiarato il rettore Mancarella – È un atto di civiltà per dichiarare in modo fermo il nostro essere un’università aperta, in cui la differenza è una ricchezza e le discriminazioni non hanno diritto di cittadinanza».
Non è il primo passo intrapreso dall’ateneo pisano verso un mondo accademico più inclusivo. Nel gennaio del 2020, infatti, proprio a Pisa era entrato in vigore il nuovo regolamento per attivare la carriera alias, il dispositivo che tutela le persone che hanno la necessità di utilizzare, all’interno dell’università, un nome diverso rispetto a quello anagrafico.