Ecoansia bambini

Ecoansia sempre più diffusa tra i bambini: lo studio dell’Università di Pavia

Una ricerca condotta dall'Università di Pavia svela un forte legame tra ecoansia e bambini. Negli ultimi anni, in ambito psicologico, si è iniziato a parlare di "ecoansia" (anche detta "Climate Despair") per descrivere quel senso di inquietudine, impotenza e depressione causato dalle notizie sui cambiamenti climatici. Eppure nessuno aveva ancora analizzato l'effettivo impatto di questo fenomeno sui più piccoli. Scopriamo insieme cosa rivela questo studio
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La ricerca, condotta sotto la supervisione scientifica del Laboratorio di Psicologia della Salute del Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento di Pavia, ha previsto la somministrazione di un sondaggio a un campione di circa 1.000 bambini tra i 5 e gli 11 anni. I risultati hanno parlato chiaro, anzi chiarissimo: il 95% dei bambini si dichiara preoccupato per il futuro dell'ambiente e più di uno su 3 (40%) riferisce di aver fatto un brutto sogno sul cambiamento climatico o sull'ambiente in pericolo e di aver fatto fatica a dormire o mangiare a causa di questo pensiero. La cosa più triste è che la quasi totalità del campione, il 95.6% si percepisce “direttamente responsabile della situazione”.

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Ma come può qualcosa che ancora non abbiamo vissuto sulla pelle influenzarci e influenzare così tanto la salute mentale degli adulti e soprattutto bambini?

Domanda lecita, soprattutto perché finora la maggior parte delle ricerche si sono concentrate sugli impatti “diretti” di eventi traumatici subiti come inondazioni, alluvioni, uragani, incendi. Le ricerche invece non si sono troppo soffermate sui cosiddetti effetti “indiretti” e “vicari”. Tuttavia, come dimostrato anche dall’Università di Pavia,

oggi sempre più persone (soprattutto bambini) stanno vivendo un senso di angoscia legato alla crisi climatica globale anche senza essere direttamente o indirettamente colpite

Ciò sarebbe scaturito dalla semplice consapevolezza delle conseguenze dei cambiamenti climatici apprese attraverso i media.

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Una possibile soluzione all'ecoansia

Nonostante i dati preoccupanti, in realtà il 78% dei bambini si sente strettamente connesso all’ambiente, e il 97.2% pensa che il proprio contributo possa fare la differenza. Circa il 72% dei più piccoli, poi, crede che la soluzione stia nella partecipazione di tutti, anche degli adulti!

Secondo gli esperti, questi dati ci dicono una cosa sola, ossia che il modo migliore per esorcizzare queste loro preoccupazioni sta nell’azione

A conferma di questa tesi, arriva quanto riferito dalla Prof. Serena Barrello dell’Università di Pisa, secondo cui: «diventa sempre più necessario investire su iniziative formative e di sensibilizzazione che favoriscano l'empowerment dei cittadini e soprattutto delle nuove generazioni, in merito al valore dei comportamenti di ciascuno di noi nel contrasto agli effetti del cambiamento climatico. Ciò può proteggere le persone dall'esperienza di ecoansia, che non è ovviamente una patologia ma rappresenta tuttavia un fattore di rischio per disturbi della salute mentale. È infatti un fattore di stress – aggiunge, che può spingere gli individui a reagire all'ansia cambiando non solo il loro comportamento quotidiano, ma anche la loro prospettiva sul mondo e le aspettative per il futuro».

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Purtroppo l’ecoansia dilaga nel mondo e forse l’unico modo che abbiamo per difenderci è davvero sporcarci le mani per primi: organizzare progetti, rendere la nostra vita zero waste, mangiare vegetale, divulgare, scrivere e portare la sostenibilità nel nostro lavoro quotidiano. Così facendo non solo avremo sollievo da questo stato ma faremo del bene al pianeta che, a sua volta, migliorerà anche di poco la sua condizione e noi ci sentiremo parte attiva di un cambiamento positivo di cui saremo stati gli attori principali.


Federica Gasbarro collabora con The Wom in modo indipendente e non è in alcun modo collegata alle inserzioni pubblicitarie chepossono apparire all'interno di questo contenuto.

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