Violenza di genere: 8 italiani su 10 vogliono l’educazione affettiva nelle scuole, “prima che sia troppo tardi”
Serve andare oltre le campagne di sensibilizzazione già fatte e dare un’ulteriore accelerazione in prospettiva futura parlando di violenza di genere con bambini e ragazzi “prima che sia troppo tardi”. Gli italiani già lo fanno a casa, soprattutto grazie ai nonni, ma vorrebbero che venisse fatto anche a scuola. Per il 91,6% serve farlo con campagne di sensibilizzazione da indirizzare a bambini e ragazzi e con l’inserimento (79,7%) dell’educazione affettiva nelle scuole e nei programmi scolastici. I dati del dossier “Prima che sia troppo tardi. Educare i giovani all’affettività per contrastare la violenza di genere” raccontano la percezione della violenza di genere in Italia e tracciano la rotta per quello che c’è da fare: ancora molto.
L’80% degli italiani riconosce i femminicidi come un’emergenza diffusa
L’80,8% degli italiani – come risulta dalla ricerca dell’INC Non Profit Lab “Prima che sia troppo tardi”, realizzata da AstraRicerche - è consapevole che i “femminicidi” siano un’emergenza diffusa: per circa 7 su 10 il problema va affrontato con urgenza prioritaria, ma con una significativa differenza tra le donne (8 su 10) e gli uomini (6 su 10). In generale, la consapevolezza dell’urgenza aumenta con l’età. Colpisce però, in particolare, la bassa adesione tra i ragazzi 18-24enni: meno di 4 su 10.
Serve lavorare sulla radice culturale del problema, affinché i femminicidi non siano considerati semplicemente un’emergenza. Ma il risultato di una specifica cultura che legittima la sopraffazione degli uomini sulle donne.
«La ricerca ci dice tante cose – spiega Paolo Mattei, Vicepresidente di INC - ma a me preme sottolinearne tre. La prima è che il problema non è rimosso, è percepito come grave da parte di 8 italiani su 10 e da risolvere con urgenza prioritaria. La seconda evidenza forse è meno scontata. I nostri connazionali pensano che a differenza del passato dobbiamo dialogare soprattutto con bambini e adolescenti, sensibilizzandoli, prima che sia troppo tardi, anche attraverso l’educazione affettiva – materia da introdurre nei programmi scolastici - al rispetto dell’altro. Una forma di “educazione preventiva dell’anima”, come la definisce il filosofo Umberto Galimberti. Mentre, riguardo alle campagne di sensibilizzazione sul tema da fare nelle scuole, colpisce che i genitori confermino che non è mai troppo presto per farlo, visto che accetterebbero messaggi di questo tipo anche per i figli under 14 e già dai 5 anni. Infine, terzo aspetto, la ricerca fa risuonare un campanello d’allarme per i maschi di età compresa tra i 18 e i 24 anni, che, a differenza delle loro coetanee, sembrano i meno informati e sensibili sul tema».
I media sottovalutano la capillarità della violenza di genere
Più di 8 italiani su 10 ricordano di aver visto negli ultimi sei mesi campagne di comunicazione sulla violenza di genere. Meno della metà degli intervistati boccia le attuali campagne giudicandole «troppo retoriche, poco concrete», «poco utili a generare un effettivo cambiamento in chi pratica o potrebbe praticare violenza psicologica o fisica».
A livello anagrafico, si dichiarano più “assidue” all’argomento le persone sopra i 55 anni di età, mentre i più disattenti sono i maschi 18-24enni
«Negli ultimi anni abbiamo visto tante campagne di sensibilizzazione contro la violenza di genere, in Italia e nel mondo. – commenta Pasquale De Palma, Presidente di INC - Belle campagne, ad alto tasso di creatività, con immagini e linguaggi forti ed espliciti. Ma la sensazione, confermata anche dalla nostra ricerca, è che oggi per generare un cambiamento significativo nei comportamenti di abuso e violenza serva un cambio di paradigma anche nella comunicazione. Serve educare bambini e i ragazzi, ‘prima che sia troppo tardi’, e senza differenze di genere. E spostare l’obiettivo, perché oggi più che mai è fondamentale educare i giovani all’affettività, come antidoto alla violenza. Sarebbe bello che questa nostra riflessione sulla violenza di genere agisse da stimolo per dare vita a una campagna sull’affettività che abbia la scuola come principale canale e mezzo di comunicazione. Una campagna che raccolga il meglio del pensiero sull’affettività e lo racconti con la capacità di sorprendere e riflettere che solo la migliore comunicazione sa fare».
Nonostante la netta percezione dell’importanza del problema, 6 italiani su 10 dicono che è ancora in parte sottovalutato, perché più grave e diffuso di quanto emerga dai media
Questa convinzione è molto più forte tra le donne (68%) che tra gli uomini (54%), con una differenza particolarmente marcata nella fascia d’età tra 18 e 24 anni: ben l’84% tra le prime, solo il 45% tra i secondi. «L’informazione pubblica ha imparato a tenere alta l’attenzione sul fenomeno. - ricorda Roberto Natale, Consigliere di Amministrazione RAI, fino a poche settimane fa Direttore di Rai Per la Sostenibilità-ESG - Si sono consolidati nel palinsesto Rai titoli che stabilmente ci ricordano l’inaccettabilità di questi numeri e che aiutano tante donne a trovare il coraggio per denunciare: come dimostrano i picchi di chiamate al 1522 dopo alcune nostre trasmissioni. Parallelamente si è fatta più continua e coerente l’azione per affermare in positivo il ruolo delle donne, per praticare concretamente la parità nei media di servizio pubblico. È un impegno che coinvolge le reti generaliste come quelle tematiche, compresi i canali per bambini e ragazzi, che sono il target più prezioso, se l’obiettivo è quello di smontare i pregiudizi già da quando ci si trova sui banchi di scuola».
Perché introdurre l’educazione affettiva come materia di studio
Per 8 italiani su 10 è opportuno far diventare l’educazione all’affettività una materia di studio nel corso scolastico di bambini e adolescenti (79,7%). I temi a cui dare priorità sono quattro: come riconoscere i segnali della violenza di genere (72,6%), come superare gli stereotipi di genere (48,1%), come affrontare il tema della rabbia (45,6%) e quello dei rapporti sentimentali e amorosi (40,1%).
In ogni caso il compito di trasferire educazione su questo tema resta per il 65,5% del campione anche in capo alla famiglia, ma per il 61% degli italiani dovrebbero essere demandata ai docenti e, con percentuali minori, alle istituzioni locali, ad altre figure estere di riferimento, come alcuni specialisti (medico, psicologo, sessuologo) e alle organizzazioni non profit attive sul territorio.
Un ruolo importante viene attribuito alle organizzazioni non profit: quasi 8 su 10 (76,1%) degli italiani si aspettano un Terzo Settore ancora più attivo nell’educazione affettiva e ritengono che l’attività del non profit sul tema sia imprescindibile (61,9%)
Un’attestazione di fiducia ma anche una sfida, che il Terzo Settore è pronto a cogliere: per l’89% del campione non profit, il compito di fare campagne di sensibilizzazione spetterebbe proprio alle organizzazioni, prima che alla scuola e alle istituzioni. Sul proprio ruolo sussidiario, il Terzo Settore non ha dubbi: l’attività delle organizzazioni contro le violenze di genere è imprescindibile perché famiglia e istituzioni non sempre riescono a svolgere al meglio tale compito (75%) e in futuro il non profit dovrà essere ancor più attivo nell’educazione all’affettività (89%). Per farcela, serve la sinergia di tutti: media, istituzioni, famiglia e Terzo settore.