La rilevanza dell’elogio alla noia di Angelina Mango ai tempi della FOMO

Dopo 10 anni al Festival di Sanremo trionfa una donna, Angelina Mango. La sua vittoria non è però l’unica “rivoluzione”. Il tema che “La noia” ha portato sul palco dell’Ariston dà nuovo a valore a questo prezioso stato d’animo che aiuta il benessere psico-fisico e la creatività. Un testo leggero che in realtà non lo è: ecco perché

Angelina Mango, con la sua canzone scritta insieme a Madame e Dardust, ribalta la visione della noia come nemico da combattere e tocca l'inquietudine che può provocare. 

«Quasi quasi cambio di nuovo città che a stare fermi mi viene la noia» è la frase emblematica della canzone che, nel susseguirsi di ritmo e parole, definisce la cumbia della noia e ne tesse un elogio lungimirante che ribalta “la società della performance” e il dovere di sentirsi “sempre sul pezzo” e con l’agenda piena.

Spesso i momenti tristi sono il seme, il preludio a una nuova felicità, il buio prima della luce – spiega l’artista - Non si deve aver paura della noia: va accolta ed è importante, come tutti i sentimenti che ci portano giù, in fondo

C’è una risalita, sempre. La noia non va combattuta: è tempo prezioso da dedicare a noi stessi. E nei momenti difficili, bisogna ballarci sopra.

Elogio alla noia per ribaltare la “società della performance” e la “fomo”

Il concetto di fondo è che «soffrire rende le gioie più grandi»: Angelina Mango, bambina «incasinata con i traumi», che ha perso il padre a 13 anni, lo sa bene. Nonostante tutto quello che la vita le ha già messo di fronte, oggi canta «sto una Pasqua, guarda, zero drammi». Consapevolezza e forza di volontà, capacità di andare oltre i problemi, di vivere con leggerezza ma non con superficialità. Queste sono le capacità più grandi della talentuosa artista che indossa sì «una corona fatta di spine», ma che è sempre pronta a fare festa.

Ma c’è di più. La leggerezza che il brano trasmette non scalfisce il suo spessore: quando Mango rivendica il suo diritto alla noia, allo stesso tempo denuncia le distorsioni che la sua generazione vive.

Angelina Mango al Festival di Sanremo
Angelina Mango al Festival di Sanremo

La sindrome FOMO -  Fear Of Missing Out -  significa “paura di essere tagliati fuori” e circa tre quarti dei giovani hanno segnalato di essersi sentiti a disagio quando hanno percepito il rischio di "perdersi" ciò che stavano facendo i loro pari. Si tratta di una condizione di ansia sociale che può verificarsi in persone di qualsiasi: provocata dal mondo virtuale, è innescata dall’ansia di essere esclusi dal contesto sociale.

Oggi, in particolare, la FOMO colpisce soprattutto adolescenti e bambini. Il risultato è la costante necessità di essere connessi a Internet e alle reti sociali per seguire, in modo ossessivo, personaggi e tendenze

Le conseguenze non sono banali: il cambiamento nella percezione dell’immagine di sé, l’invidia tra pari, i giudizi nei confronti degli altri, la diminuzione della concentrazione e la tendenza a superare l’altro. La FOMO, infatti, può contribuire alla difficoltà di conoscere e accettare le proprie risorse e i propri limiti, e di portare avanti obiettivi di vita basati su un’autentica visione di sé e dei propri interessi. Tale difficoltà può condurre a uscire dai propri percorsi, o non riuscire ad identificarne alcuno, rimanendo facilmente abbagliati da “soluzioni più felici”, svuotando il significato personale che ognuno di noi può dare alla parola “felicità”. Un’ansia sociale diventata particolarmente famosa da quando ne ha parlato Victoria De Angelis , bassista dei Maneskin, durante un’intervista a Radio Deejay in cui aveva raccontato come vivesse quotidianamente l’ansia di perdere qualche esperienza restando a casa e pertanto tendesse a uscire sempre, anche senza voglia. Mango riporta il tema a Sanremo, raccontandolo da un altro punto di vista: quello di chi trova creatività, bellezza e libertà proprio nei momenti di noia.

“Paura della noia”, cosa racconta di un’intera generazione

Una generazione che non riesce a tollerare la noia è una generazione di uomini piccoli, nei quali ogni impulso vitale appassisce”: scriveva così il filosofo inglese Bertrand Russell in un saggio del 1930 intitolato “La conquista della felicità”.

A più di 80 anni di distanza, in un’epoca in cui il tempo libero è un concetto ipotetico e i dispositivi connessi consentono di riempire ogni frammento di tempo, la noia viene trattata come un virus da debellare. In realtà è una condizione necessaria per la propria salute e per il corretto funzionamento dei processi creativi

La paura della noia si correla alle aspettative riposte nei confronti delle giovani generazioni che, per questo, si sentono in dovere di non perdersi nulla. Come attesta un nuovo report mondiale condotto dalla società di ricerche di mercato globali GWI, su oltre 900.000 persone appartenenti alla cosiddetta GenZ, oggi i più giovani hanno la percezione del precipizio, anche se in natura sarebbero più ambiziosi dei Millennials.

Colpa della pandemia, della guerra più vicina e del lavoro che manca, come della possibilità di realizzarsi. Le cause sono queste, ma non sono le uniche: i giovani si stanno indebolendo perché genitori e adulti (la parte di società più vecchia di loro) sono incapaci di accoglierli con le loro identità, ascoltando le loro istanze e le loro paure perché sempre più fragili loro stessi. Gli adulti non li accolgono così come sono o come vorrebbero essere ma si aspettano da loro rendimenti eccellenti, performanti.

La fatica mentale dei ragazzi e delle ragazze è all’apice ma non viene intercettata, ascoltata e instradata verso il loro futuro. “Li stiamo sfiancando e sono sfiduciati” attesta il report mondiale, descrivendo una nuova forma di ansia non più da prestazione ma generalizzata e identitaria della Gen Z in Italia

Se i Millennials (i nati tra l’inizio degli anni ottanta e la metà degli anni novanta) erano “bamboccioni” e “sdraiati”, i giovani della Generazione Z sono gli “sfiancati”. Ma attenzione al significato del termine: i giovani non sono affatto “pigri” ma piuttosto hanno la percezione di essere sul bordo di un precipizio. Ed è così che rivendicare la noia, in questo contesto, diventa un vero e proprio diritto.

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