Monte Everest ma non solo: perché lo scioglimento dei ghiacciai (anche italiani) ci deve preoccupare
Mi riferisco a un ghiacciaio italiano, il Ghiacciaio Presena.
Sono nata in Abruzzo ma tutti gli inverni con la mia famiglia tornavamo sempre al Passo del Tonale, in Trentino Alto Adige. Non c’era un motivo preciso per il quale andassimo lì, se non il fatto che continuavo a ripetere di volerci tornare perché “avevo trovato la mia dimensione”, piangendo come una disperata al termine di ogni vacanza. Così, nel tempo, oltre a diventare un'abitudine, si stabilì un legame affettivo con quei monti, un legame che dura da ben 17 anni.
La prima volta che visitai quei luoghi non sapevo che proprio lì avrei imparato a sciare e che avrei appreso una grande lezione di vita
Al mattino ci piaceva molto essere i primi sulle piste e andare a fare colazione dove si sente la melodia del vento, in un rifugio a 3.000 metri di altezza. Questa struttura si affacciava su un ghiacciaio bellissimo che amavo guardare mentre mangiavo la mia torta al cioccolato e a cui amavo confidare i miei segreti di bambina. Il Ghiacciaio Presena.
Di anno in anno, però, più crescevo e diventavo una giovane ragazza, più lui si restringeva, diventando via via più piccolo. Lentamente stava fondendo
Nella mia mente rimbalzavano tante domande su come facesse il ghiaccio a resistere anche d’estate, sul perché stava accadendo l’opposto, quali sarebbero state le implicazioni. Per tanti anni non compresi bene il perché: sapevo solo che ciò a cui stavo assistendo non mi piaceva affatto e sentivo uno strano dolore nel vedere quel posto soffrire.
Il fenomeno proseguì come da copione fino a quando un intero lato del ghiacciaio venne chiuso alle piste
Oggi di questo ghiacciaio resta solo un piccolo lembo che viene trattato con le cure di una reliquia. Vengono usati dei teloni geotessili per preservarlo, anche se sono quasi certa che non farò in tempo a presentargli i miei figli e fargli vedere che ormai quella bambina che veniva tutti gli anni da molto lontano è diventata una adulta.
Capii anni soltanto anni dopo che la malattia di cui soffriva il “mio” ghiacciaio aveva un nome e si chiamava riscaldamento globale. Uno dei sintomi peggiori era proprio quello che avevo visto io: la fusione del ghiaccio continentale. Non era l’unico sintomo, non era l’unica conseguenza e non era l’unico ghiacciaio a soffrirne
Un altro monte in grave difficoltà si trova proprio tra il Nepal e la Cina e ha un nome altisonante, conosciuto in tutto il mondo. È stato teatro di gesta imponenti ed è temuto da molti: sto parlando dell’Everest. Secondo un articolo della CNN, pare che in soli venticinque anni abbia perso il ghiaccio che ha impiegato 2.000 anni per formarsi. Quindi si è assottigliato ottanta volte più velocemente di quanto si sia formato.
Nel mondo esistono circa 198.000 ghiacciai che costituiscono la più grande riserva di acqua potabile al mondo (usata nelle coltivazioni e nella nostra quotidianità), una riserva importantissima durante le stagioni secche e che contribuisce alla nostra sopravvivenza.
Le cause della loro fusione?
Come abbiamo accennato sopra, la causa principale è il progressivo riscaldamento del nostro pianeta, dovuto a sua volta a un eccesso di gas climalteranti. Secondo Copernicus, il programma di osservazione della Terra dell'Unione Europea, oggi la concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera è pari a 418,76 ppm e non dovremmo superare le 450ppm per evitare che il nostro pianeta superi +1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali. Oggi purtroppo viaggiamo a 3 ppm l’anno.
Le conseguenze?
Stando a un articolo pubblicato su una tra le riviste scientifiche più autorevoli del mondo, Nature, più di 1,6 miliardi di persone ricevono acqua dalle regioni di montagna e il 50% dei centri di biodiversità della Terra si trovano nelle regioni di montagna. Quindi possiamo dire con una certa franchezza che le conseguenze della fusione dei ghiacciai impatteranno direttamente o indirettamente nelle vite di ciascuno di noi.
Questo fenomeno non è un gioco e tutti dovremmo preoccuparcene. I nostri stili di vita contribuiscono negativamente a concentrare nell'atmosfera anidride carbonica e
anche se ci sembra che l’azione del singolo non valga nulla, ricordiamo sempre che abbiamo costruito un’isola di plastica e lo abbiamo fatto attraverso un gesto sbagliato alla volta. Quindi allo stesso modo possiamo cambiare le cose, ne sono sicura