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A Roma torna “Feminism”, la fiera dell’editoria delle donne: «Da qui guardiamo il mondo per trasformarlo»

Dal 10 al 12 giugno alla Casa Internazionale delle Donne di Roma torna la fiera dedicata all'editoria al femminile: 70 autrici e 80 case editrici che si riuniscono, di nuovo in presenza dopo due anni di stop, per confrontarsi su donne e diritti. Ne abbiamo parlato con le ideatrici

Pacifismo, diritto all’aborto, pandemia, spiritualità, diritti delle più piccole affrontati attraverso la lente dei femminismi di ieri e oggi. Dopo due anni di stop imposto dal Covid, a Roma torna “Feminism”, la fiera dell’editoria delle donne, tre giorni di presentazioni, incontri e dibattiti con oltre 70 autrici e 80 case editrici per raccontare il femminismo passato, presente e futuro. 

La “maratona” di presentazioni, fondata da Anna Maria Crispino, Giovanna Olivieri, Maria Palazzesi e Stefania Vulterini parte il 10 giugno alla Casa Internazionale delle Donne, nel cuore di Trastevere, con tante novità e soprattutto tantissime ospiti.

A partire dalla poeta statunitense Diane Seuss, che con la raccolta “Franks: Sonnets” ha appena vinto il premio Pulitzer per la poesia. E poi la giornalista Giuliana SgrenaGiulia Caminito, Premio Campiello, le filosofe Adriana Cavarero e Rosi Braidotti, madrine di una kermesse letteraria promossa da Archivia, dalla Casa Internazionale delle donne, dalla rivista Leggendaria e dalla Collana sessismoerazzismo di Ediesse Futura editrice. 

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Proprio con le organizzatrici e ideatri di Feminism, Stefania Vulterini di Archivia e Anna Maria Crispino di Letteraria, abbiamo parlato di cosa significa femminismo oggi e del modo migliore per parlarne, mettendosi anche in discussione.

Si torna in presenza dopo due anni di stop causa Covid. Cosa significa per un evento culturale di questo genere?

Non credo potremo mai dimenticare la terza edizione di "Feminism", perché è strettamente legata al trauma della pandemia, delle chiusure e del confinamento. Lavoravamo da mesi quando, dopo una sofferta riunione, abbiamo deciso di diramare il nostro comunicato di sospensione. Non ci siamo arrese, abbiamo riconvertito quell’edizione in streaming e anche in gran parte quella dell’anno successivo, sempre tenendo vivi i rapporti con le editrici, gli editori, le autrici e il nostro pubblico. Oggi riapriamo le porte della Fiera nello scenario del Palazzo dell’ex Buon Pastore di Roma, nel magnifico giardino della Magnolia. E in più quest’anno ci avvaliamo della collaborazione del Centro Giovani I Municipio e l’Associazione Zalib & I ragazzi di via della Gatta, che confinano con il nostro giardino e che aprono i loro spazi e il loro giardino alla Fiera. Ci saranno le presentazioni, i momenti di incontro, gli scambi con editrici, editori, autrici.

Feminism
Un'edizione passata di Feminism

Cosa vuol dire femminismo oggi, e cosa significa essere femminista in quest’epoca?

“Donna non si nasce, lo si diventa”: il femminismo oggi, ma anche ieri, è autodeterminazione e liberazione. “Una stanza tutta per sé”, è prendersi lo spazio per l’autocoscienza, per vivere in consapevolezza e in presenza momento per momento, per liberare il proprio desiderio. “Il personale è politico”, il femminismo è un modo di vivere, un modo di pensare a sé, alle altre, agli altri, al mondo. Dà forza e ci rafforza, è il modo in cui ci sosteniamo l’una con l’altra. È politica delle relazioni. I femminismi sono movimenti politici collettivi che combattono il patriarcato in tutte le sue forme e in tutti i luoghi, a partire dall’autodeterminazione delle donne. I femminismi si battono contro il sessismo e il razzismo a partire dal linguaggio. Essere femminista è vivere una vita femminista, nelle relazioni, nel lavoro, nello studio, nella creatività, creando un altro modo di nominare le cose e il mondo.

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Parlando di macro–questioni e macro-criticità, come si legano i temi del femminismo, della guerra e dell’ambiente e come avete voluto legarli?

Per noi il femminismo è il posizionamento dal quale guardiamo il mondo per trasformarlo. Tutte le edizioni di "Feminism" hanno scelto di affrontare i temi e le grandi questioni della contemporaneità. Dal sostegno ai luoghi delle donne quali spazi di libertà comune, alla valorizzazione dell’editoria indipendente di qualità e della produzione d’autrice, al genere, ai diritti LGBTQIA+, al colonialismo, al razzismo, alle migrazioni, all’afrofuturismo ed ecologie future, al clima oltre l’Antropocene, alla decolonialità, al lavoro, alla cura, alla guerra e alla pace. Quest'anno le nostre madrine sono due filosofe, Adriana Cavarero e Rosi Braidotti, che hanno inaugurato il percorso che porta alla Fiera in presenza, dialogando sul tema Pensar scrivendo a partire dall’esortazione di Virginia Woolf "Pensare, pensare dobbiamo”. Pensare senza procedere verso un astratto universo autoreferenziale, ma stando saldamente piantate nel mondo reale, nel presente che ci interroga e ci sfida.

Uno dei temi affrontati nel corso della fiera sarà il diritto all’aborto, particolarmente attuale anche alla luce delle recenti leggi molto restrittive adottate negli Stati Uniti. Anche in Italia però la situazione è critica, guardando i dati dell’obiezione di coscienza e degli ospedali che praticano interruzioni di gravidanza. Se ne parla troppo poco?

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Se ne parla troppo poco ma soprattutto se ne parla male, riducendo l’interruzione volontaria di gravidanza o a un servizio medico come altri, oppure come argomento simbolo delle battaglie delle donne per misurarne avanzamenti o arretramenti. Come se l’aborto fosse una questione che riguarda unicamente le donne e non fosse invece uno degli elementi portanti dei discorsi e delle pratiche di una destra, qui come negli USA e altrove, tradizionalista, sovranista, razzista e misogina. La battaglia contro la possibilità di abortire ha a che fare con il controllo dei corpi, tutti i corpi, che mette nel mirino innanzitutto le minoranze razziali e sessuali più povere in nome di una supremazia bianca, maschile ed eterosessuale. In Italia alla storica opposizione delle gerarchie ecclesiastiche si unisce da un lato un meno plateale ma certo presente richiamo ai valori dell’estrema destra, e dall’altro una forte dose di ipocrisia da parte di medici e personale sanitario che sfruttano la possibilità dell’obiezione di coscienza.  Quindi sì, occorre parlarne di più ma tenendo presente che non possiamo discutere come se fossimo ancora negli anni Settanta: la questione si colloca in un quadro più ampio, in uno scontro tra assai diverse visioni del futuro. 

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Si parla spesso del rischio “pinkwashing” quando si affrontano temi femministi, ma allo stesso tempo si sottolinea come si parli ancora troppo poco di diritti delle donne. Dove sta l’equilibrio?

Il fenomeno del “pinkwashing” ha una doppia faccia: certo riduce la “radicalità” delle istanze femministe, ne semplifica l’orizzonte di complessità, diventando spesso fenomeno di moda e di costume. D’altronde però serve a nostro avviso a diffondere alcune posizioni facendole diventare di “senso comune” per donne e uomini di diverse generazioni. La diffusione “pop” di temi come la legittimità delle scelte sessuali, le pari opportunità nelle professioni e nella mobilità, i diritti, questi sì, alla sicurezza contro molestatori e stupratori, a retribuzioni paritarie, alla maternità/non maternità consapevole e così via mi pare sia ormai patrimonio di una maggioranza di giovani donne e uomini. Ben venga che poi per alcune e alcuni questo possa portare a maggiori consapevolezze e a scelte militanti.

Una delle scorse edizioni di Feminism
Una delle scorse edizioni di Feminism

Per ancora troppe persone il termine “femminista” ha un’accezione negativa. Serve un cambiamento culturale, ma è davvero possibile, e soprattutto è davvero già iniziato? Insomma, è sufficiente parlarne perché prenda il via?

Un cambiamento culturale è secondo noi già in atto, molto è stato fatto negli ultimi 50 anni. E non solo perché se ne parla di più, ma perché le donne dei femminismi, diverse generazioni, tutte “contemporanee”, hanno messo in campo delle “pratiche” ad alto livello di politicità. Pratiche affermative, non solo di protesta e di rivendicazione. Pratiche di linguaggio, di collocazione, di azione e creazione di luoghi e contesti radicalmente nuovi. Queste donne non fanno parte di un movimento, sono il movimento e i movimenti. Come dice Bell Hooks, il femminismo è potenzialmente per tutti. Chi si riconosce come femminista, ha cambiato la sua vita e difficilmente torna indietro: non si distrae. E “Feminism” ne è una prova evidente. 

Qui il programma completo di Feminism.

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