Femminismo islamico: perché ne sentiremo parlare (di più) grazie a “Ms. Marvel”

Disney+ lancia a giugno la serie tv Ms. Marvel, ispirata all'omonimo fumetto Marvel che ha come protagonista una ragazzina musulmana. Un'occasione per riflettere sulla sottorappresentazione delle persone musulmane nel cinema e sul movimento del femminismo islamico

Si chiama Kamala Khan, ed è la prima supereroina musulmana dell’universo Marvel: protagonista della serie di fumetti Ms. Marvel, che ha debuttato nel 2014, è una teenager originaria di Karachi, in Pakistan, che fatica a integrarsi nella comunità del New Jersey in cui vive sino a quando non scopre i suoi poteri. A lei è dedicata la serie tv Ms. Marvel appunto, in uscita su Disney+ nel giugno del 2022, e al debutto sul piccolo schermo seguirà quello al cinema, con la partecipazione di Ms. Marvel a The Marvels, film che dovrebbe arrivare nelle sale nel 2023 e che riunisce gran parte degli Avengers vecchi e nuovi. 

Il trailer della serie è stato diffuso il 15 marzo scorso, mostrando qualche anticipazione sul modo in cui Iman Vellani, attrice 19enne, ha vestito i panni della prima supereroina musulmana. Il video mostra scorci della vita quotidiana di Kamala, dal momento della preghiera nella moschea al rapporto con la famiglia alla cotta per uno dei ragazzi più popolari della scuola, arrivando ovviamente al momento in cui scopre i suoi poteri e si cala nei panni di Ms. Marvel, ispirandosi alla sua eroina: Capitan Marvel.

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Il debutto di Kamala Kahn ha riscosso un grande successo tra i “veterani” dell’universo Marvel: Mark Ruffalo, che i fan conoscono per la sua interpretazione di Hulk, ha dato il benvenuto al personaggio di Kamala ringraziando la Marvel per “riflettere il mondo in cui viviamo”, mentre Brie Larsson, alias Capitan Marvel nel franchise, ha condiviso il trailer sottolineando “tu SEI una supereroina, Kamala”.

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Proprio Larsson aveva spinto affinché il personaggio di Kamala Khan facesse finalmente il suo debutto nel franchise cinematografico di Marvel, e i Marvel Studios - che fanno capo alla Walt Disney Company - hanno deciso di affidare il compito di portare questo personaggio sullo schermo ai registi Sharmeen Obaid-Chinoy, Meera Menon, Adil El Arbi e Bilall Fallah: «Non potrei essere più orgogliosa della storia che stiamo raccontando e del messaggio che stiamo inviando al mondo - ha detto Obaid-Chinoy - Credo che le ragazze di tutto il mondo si ritroveranno in Ms. Marvel, con l’augurio di creare storie che rappresentino tutte le sfumature dei supereroi».

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L’onore (e l’onere) di Kamala Khan è quello di portare finalmente una ragazza musulmana nell’universo cinematografico Marvel, e di renderla “mainstream” mostrarne tutte le (stra)ordinarie sfumature: una teenager americana, appassionata di videogiochi e supereroi, dotata di enorme immaginazione e fantasia, che si ritrova però ai margini, poco compresa sia a scuola sia a casa.

Una scelta che ha riscosso un enorme successo soprattuto per la quasi totale assenza di personaggi con cui le giovani donne musulmane potessero identificarsi in precedenza, quantomeno in termini di personaggi forti, coraggiosi, sognatori, e anche emarginati per la loro identità

Un'immagine in anteprima della serie su Disney +
Un'immagine in anteprima della serie su Disney +

I cliché sui personaggi musulmani e la battaglia di Riz Ahmed

Come viene ampiamente dimostrato nel trailer, in pochi minuti il nome di Kamala viene pronunciato male, il suo stile personale criticato, l’abbigliamento messo in discussione dalla madre. Kamala - che è interpretata da una giovane attrice musulmana, scelta ovviamente non casuale, ha sogni, insicurezze, aspirazioni e paure tipiche di ogni altra adolescente, a prescindere dal colore della pelle e dal credo religioso.

Moltissime giovani (e meno giovani) musulmane hanno applaudito alla decisione di rappresentarla in questo modo, e non attraverso i due estremi solitamente utilizzati a livello cinematografico: fondamentaliste, o in lotta con la loro fede, quasi sempre con una connotazione violenta o comunque negativa

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Kamala è un personaggio in cui moltissime ragazze musulmane possono rivedersi e ritrovarsi in modo positivo, un'adolescente dalle enormi potenzialità e con grandi sogni, capace di raggiungere qualsiasi obiettivo desideri.

Ms. Marvel, vista l’enorme influenza del marchio e la sua risonanza, potrebbe quindi aiutare a combattere gli stereotipi sull’Islam e dà slancio a qualcosa che da tempo viene chiesto anche nell’industria cinematografica: una nuova rappresentazione dei musulmani sullo schermo

In questa direzione è andato Riz Ahmed, attore e rapper britannico di origini pakistane che nel 2021 è stato candidato agli Oscar come migliore attore protagonista per Sound of Metal. Ahmed ha lanciato la New Muslim Media Representative Initiative, una campagna finalizzata a porre rimedio a quello che ha definito nel 2019, alla conferenza annuale della Creative Artists Agency, "il problema della rappresentazione non veritiera dei musulmani nei media”. 

Il progetto è portato avanti in collaborazione con l'USC Annenberg Inclusion Initiative, la Ford Foundation e il Pillars Fund, e proprio uno studio della USC Annenberg sulla rappresentazione musulmana nei media ha rilevato che meno del 10% dei film di maggior incasso dal 2017 al 2019 aveva un personaggio musulmano sullo schermo, con meno del 2% di quei personaggi con ruoli parlanti. Da qui la decisione di aprire una sorta di fondazione che sovvenzioni progetti destinati a cambiare il modo in cui i personaggi musulmani vengono rappresentati.

Femminismo islamico, una lotta di e per tutte le donne

Essendo il cinema una rappresentazione della realtà, quanto sta accadendo negli ultimi tempi riflette le spinte che arrivano dalla società, e che portano sotto i riflettori il tema del femminismo islamico, tutt’altro che un paradosso. A dirlo è Malika Hamidi, sociologa ed esperta di femminismo musulmano, autrice di numerosi testi che spiegano come nel mondo musulmano, così come in Occidente, le femministe cosiddette "laiche" e "musulmane" uniscano le forze per trovare le risposte ai problemi legati al cambiamento della condizione delle donne.

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«Chiedono la parità tra i sessi e si impegnano nella vita politica, religiosa e culturale per cambiare le mentalità a partire da un paradigma islamico», spiega Hamidi, raccontando i fondamenti teorici e storici di questo movimento e in particolare della sua emersione in Europa. Hamidi ha affrontato anche come da più di vent’anni il femminismo islamico si sia sviluppato e abbia alimentato un profondo dibattito sia nei paesi musulmani che in quelli di immigrazione, spingendo le donne a rivendicare quella che definisce «un’interpretazione autonoma dei Testi sacri in una prospettiva femminile volta a garantire la loro libertà ed emancipazione». 

Se i diritti delle donne sono un problema per alcuni uomini musulmani moderni, non è né colpa del Corano né colpa di Maometto e ancora meno è a causa della dottrina islamica. È semplicemente che i diritti sono in conflitto con gli interessi dell’èlite maschilista

Malika Hamidi

Resta certamente vero che l'emancipazione femminile resta molto difficile nei Paesi islamici, ma è anche vero che sono sempre di più le voci di chi si batte non soltanto per libertà, uguaglianza e parità, ma anche contro i pregiudizi verso questa lotta. Il mancato riconoscimento di queste voci crea danni tanto quanto tentare di azzittirle.

Potentissima quella di Nawāl al-Saʿdāwī, scrittrice, psichiatra, saggista e militante femminista egiziana morta nel marzo del 2021, che ha scritto moltissimo della condizione della donna nell'Islam, concentrandosi in particolare sulla mutilazione genitale femminile. E ancora Ebtihal Mahadeen, femminista giordana e accademica con una cattedra nel Dipartimento di studi islamici e mediorientali dell'Università di Edimburgo, che si è specializzata nello studiare il modo in cui identità di genere, sessualità e media si intersecano nel contesto arabo.

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