Festival di Sanremo: le cantanti (rivoluzionarie) che hanno stravolto i cliché
Era il 29 gennaio 1951 quando, dal salone delle feste del Casinò di Sanremo, il conduttore radiofonico Nunzio Filogamo dava il via alla prima edizione del Festival della canzone italiana: da allora, è diventato talmente parte della nostra cultura che, in quel palco, finiamo per riconoscerci anche quando lo odiamo o lo ignoriamo.
Il Festival di Sanremo, quest’anno alla sua 72esima edizione, non ha mezze misure: per tanti artisti e artiste ha rappresentato quell’occasione unica per riuscire o fallire e, in effetti, l’Ariston non perdona: nessuna mezza misura. La pressione mediatica è tale che, la strada verso il successo, è quasi sempre tortuosa e in salita. Un discorso che vale per tutti ma, in modo particolare, per le donne che ne hanno ribaltato la scena e portando all’attenzione mediatica temi scottanti.
La loro presenza, in tal senso, è sempre stata fortemente politica: in modi diversi e traversali alle epoche, ma comunque decisiva e spesso divisiva
Ecco alcune indimenticabili protagoniste.
Nilla Pizzi, la prima donna a vincere
A vincere la prima edizione del Festival di Sanremo, nel 1951, è stata proprio una donna: Nilla Pizzi con Grazie dei fiori, probabilmente ancora poco consapevole del significato che la vittoria al Festival avrebbe acquisito nel tempo.
Il Festival, infatti, nacque un po’ per caso con l’obiettivo di accendere e movimentare la città di Sanremo anche in inverno, stagione poco proficua per alberghi e ristoranti: un’intuizione che non solo riuscì nel suo scopo, ma che ha portato l’evento a diventare quello che è oggi.
Nilla Pizzi è stata la prima a trionfare, portando sul palcoscenico la sua storia: nasce nel 1919, in un comune del bolognese: è sarta, lavorante in un panificio militare, collaudatrice di radio. Il suo carisma le permette di vincere il concorso “Cinquemila lire per un sorriso", una sorta di primordiale “Miss Italia", e da lì comincia la sua carriera: a diciannove anni canta per le Forze Armate e, di concorso, ne vince un altro indetto dall’antesignana della RAI, che cerca voci nuove. Supera diecimila candidati e nel 1944 incide il primo disco.
Un inizio promettente che si spegne quella stessa primavera quando viene allontanata dalle scene perché la sua voce è “troppo esotica e conturbante” per il regime fascista in auge. Nel 1946, a guerra finita, torna in radio sino alla grande proposta:
Nilla deve vestirsi elegante, si esibirà in un Salone delle feste, al Casinò. Vogliono fare un Festival ma nessuno sa bene di che si tratta. Si paga cinquecento lire per una cena, si mangia e i cantanti si esibiscono. È il 1951 e le persone che si godono la cena con spettacolo diventano i primi giurati del Festival di Sanremo: Nilla Pizzi vincerà.
Grazie dei fiori vende trentaseimila copie e, nel 1952, al secondo Festival, la cantante incassa il record: conquista primo, secondo e terzo posto. Le sue sembrano “solo canzonette”, ma non lo sono: canta Papaveri e papere, metafora delle diseguaglianze di potere. La canzone viene censurata dalle radio perché ritenuta di sinistra, ma Nilla Pizzi non arresterà la sua ascesa.
Loretta Goggi, prima conduttrice del Festival
Che fretta c’era, Maledetta primavera cantava Loretta Goggi a Sanremo nel 1981, sfoggiando una tuta verde disegnata per lei da Gianni Versace. La canzone, che conquisterà il secondo posto della classifica sanremese, scalerà le classifiche diventando un classico del pop italiano.
Negli anni successivi, calcherà il palco del Festival altre volte, lasciando sempre il segno. Da cantante, madrina, e – nel 1986 – come conduttrice: la prima donna alle redini della kermesse.
Un passo importante per le donne che, già alla fine degli anni Ottanta, dimostravano a Sanremo di avere non solo carisma e personalità, ma anche il desiderio di sorprendere e fare le cose a modo proprio
In questo, Loretta Goggi, è stata audace pioniera.
Donatella Rettore, splendida splendente e ribelle
Prima della pubblicazione di Splendido Splendente, Donatella Rettore ha iniziato la sua carriera con canzoni i cui testi trattavano temi di forte denuncia sociale.
Il disco Donatella Rettore, ad esempio, contiene il brano Oh Carmela presentato a Sanremo nel 1977 e contraddistinto, in particolare, da numerosi suggestioni letterarie e primi riferimenti alla libertà omosessuale.
Una sensibilità poco compresa, che l’artista ha rivendicato direttamente sul palco dell’Ariston: cantando “Carmela regalava caramelle, ma erano caramelle avvelenate”, Rettore lanciò caramelle al pubblico delle prime file perché, come ha raccontato:
le prime file, sono le più antipatiche, quelle degli ospiti vip. Così tiravo loro le caramelle come fosse una sassaiola. E vedevo queste persone che, con le mani, cercavano di ripararsi in ogni modo
Coraggio e audacia: qualità innegabili di cui Donatella Rettore è sicuramente emblema.
Anna Oxa, oltre il binarismo di genere
Che senso ha amare tanto un uomo al punto da annullarsi completamente? Anna Oxa se lo chiedeva già nel 1978 portando all’Ariston Un’emozione da poco, intramontabile successo scritto da Ivano Fossati e musicata da Guido Guglielminetti.
Regina del trasformismo, Oxa esibisce gli anni Ottanta all’orizzonte, tra boom economico e liberazione sessuale: indossa un abito maschile, mette in mostra la cravatta, porta i capelli corti ai lati e lunghi dietro.
Il suo aspetto androgino influenzerà un’epoca, il suo look maschile griderà allo scandalo
“L’imponderabile confonde la mente” cantava dall’Ariston ed è esattamente “l’imponderabile” che ha rappresentato in quel tempo: capace di giocare con l’espressione e i ruoli di genere prima ancora che se ne parlasse. Un’emozione decisamente non da poco, rimasta negli anni: dopo il 1978, Anna Oxa tornerà a Sanremo nel 1999 con Senza Pietà. A fare scandalo, questa volta, saranno i pantaloni a vita bassa dai quali s’intravede senza remore il tanga nero. Per Oxa, il mezzo è il messaggio.
Il look diventa voce per comunicare chiaramente la sua libertà. Donna camaleontica e fiera, mai timorosa di cambiare
Ai tempi, questo costò molto all’artista: qualcuno la elesse simbolo di una gioventù traumatizzata da una società decadente. Probabilmente, la colpa di Oxa fu quella di arrivare prima degli altri, ma da allora cambiò le cose e continua a farlo con la sua musica. Proprio come canta: “Conquisterò/Proteggerò/E senza pietà Io ti amerò con tutto questo amore mio”. Totalizzante, istrionica e potente.
Loredana Bertè, sfidare la morale in minidress
Loredana Bertè è ancora oggi indomabile e, nel 1986, decise di entrare nella storia del Festival dalla porta più rischiosa e avvincente: quella dello scandalo. L’idea dell’artista era quella di portare in scena due momenti definiti “clou” nella vita delle donne, come la gravidanza e il matrimonio, per scardinarne gli stereotipi di narrazione a riguardo.
Chi ha detto che una donna incinta debba per forza soffrire in un letto invece che ballare? Bertè fuga qualsiasi dubbio cantando la canzone Re, scritta da Mango: durante l’esibizione, sotto il vertiginoso tubino in pelle nero, indossa un pancione finto
Nel frattempo, canta, balla e lascia senza parole il pubblico dell’Ariston, culla della tradizione. Come ha spiegato in diverse interviste, quell’episodio non è stata una provocazione ma un messaggio:
in realtà sono stata totalmente fraintesa, il messaggio che volevo trasmettere è che una donna quando è incinta non è malata ma forte, è una forza della natura
Nonostante ciò, la performance destò comunque molto scalpore e dissenso: se i quotidiani nazionali, all'indomani, le dedicarono la prima pagina, la sua etichetta discografica arrivò addirittura a revocare il contratto discografico precedentemente firmato.
Mia Martini, indimenticabile e sola “nell’universo”
Provocazione, ma anche per riscatto: il ruolo delle donne a Sanremo è mosso da sentimenti diversi. Nel 1989 fu Mia Martini a far parlare di sé: Almeno tu nell’universo arrivò solo nona, ma per la cantante rappresentò l’occasione per mettere a tacere anni di dolore e di malelingue salendo sul palco dove tutto è iniziato.
Per un periodo della sua vita, infatti, Martini dovette affrontare anche l'ignoranza di alcuni detrattori, che la definirono una "iettatrice". Credenze ingiustificate che, a detta di sua sorella Loredana Bertè, furono un vero e proprio tormento per la povera Mia. Come ha raccontato in alcune dichirazioni la stessa Martini,
la mia vita era diventata impossibile. Qualsiasi cosa facessi era destinata a non avere alcun riscontro e tutte le porte mi si chiudevano in faccia. C’era gente che aveva paura di me, che per esempio rifiutava di partecipare a manifestazioni nelle quali avrei dovuto esserci anch’io
Intorno a lei si creò la paura dell’imprevisto e pare che la sua casa discografica avesse affidati a Renato Zero il ruolo di “garante” per assicurare l’incolumità di tutto il pubblico presente all’Ariston: circostanze che oggi fanno rabbrividire, ma che regalarono a Mia Martini l’occasione che aspettava. Un riscatto che, nel suo caso, arrivò comunque troppo tardi.
Carmen Consoli, rossetto rosso e chitarra sotto braccio
Dalla Sicilia alle ovazioni di New York: Carmen Consoli, come l’ha definita il New York Times, è una “magnifica combinazione tra una rocker e un’intellettuale. Una voce piena di dolore, compassione e forza”. La stessa che, alla fine degli anni Novanta, conquistava Sanremo: catenese, classe 1974, Carmen Consoli atterra al Festival di Sanremo Giovani nel 1995 con il brano Quello che sento.
Nel 1996 è nuovamente al Festival, tra le nuove proposte: dopo aver suonato in alcune band della sua città, Consoli calca il palco più importante per la musica italiana presentando Amore di Plastica.
Pantalone in pelle, rossetto rosso e chitarra sotto braccio: un’immagine chiara, inequivocabile e rivoluzionaria
La voce graffiante e modulata, quasi “sopra le righe”, canta una orgogliosa proclamazione dell’indipendenza femminile nei confronti di sentimenti artificiali (amore di plastica, appunto). Tornerà al Festival anche nell’anno successivo con Confusa e felice: le sue non sono “parole di burro” ma chirurgiche e potenti nella loro delicatezza.
Cosa aspettarsi quest'anno
Sarebbe impossibile esaurire i nomi delle donne che hanno fatto dell’Ariston il palcoscenico perfetto per scardinare ogni cliché. Da Mina a Patty Pravo, da Ornella Vanoni a Fiorella Mannoia, da Nada a Jo Squillo e Sabrina Salerno fino ad arrivare, con la stessa energia, alle nuove generazioni: Elodie, Madame, Francesca Michielin, Veronica Lucchesi de La Rappresentante di Lista, Victoria De Angelis dei Måneskin.
Di strada, a Sanremo, le donne ne hanno fatta tanta e, quest’anno, sarà di nuovo il momento di dimostrare da quel palco, dove tante artiste sono nate, si sono riscattate e hanno provocato, che:
il Festival può ancora una volta rompere gli schemi, abbattere i tabù e sorprenderci. Perché Sanremo è Sanremo