Finning: cos’è la pratica crudele che sta uccidendo milioni di squali

In tutto il mondo (anche in Europa) gli squali sono vittime di una pratica terribile che li sottopone a una morte lenta e dolorosa. Ecco cos'è il finning e perché dobbiamo cercare di fermarlo

Il termine inglese finning significa spinnamento, la pratica attraverso cui gli squali vengono issati alle navi e privati vivi delle loro pinne più commercializzabili come la dorsale, le pettorali ed infine il lobo inferiore di quella caudale. Una volta amputati, il destino degli squali è segnato.

La loro carne non è pregiata e di conseguenza neanche remunerativa, quindi, i corpi, nella maggior parte dei casi, vengono poi rigettati in mare.

A questo punto i poveri squali sono destinati ad affondare perché privi di pinne. Finiscono così per morire lentamente per soffocamento, dissanguati oppure inermi, venendo così predati

I numeri sono altissimi: parliamo di un valore tra i 63 e i 273 milioni di squali uccisi ogni anno.

Una pinna di squalo costa circa 400 dollari al chilo, ma in paesi come gli Stati Uniti, Canada, Australia e Brasile, in cui la pratica è bandita, il loro prezzo può variare dai 10.000 ai 20.000 dollari a singolo pezzo.

Le pinne vengono utilizzate generalmente per scopi alimentari e in Oriente, sin dai tempi della dinastia Ming, vengono considerate simbolo di lusso, ricchezza e opulenza ma non solo, anche di salute e prestigio. In altre parole, un trofeo

Tutto ciò sta mettendo a rischio circa il 60% delle specie di squali.

La pratica di Finning
La pratica di Finning

Purtroppo, non solo Cina e Vietnam stanno contribuendo a questo massacro, ma anche e soprattutto noi.

L’Italia ogni anno esporta 3.500 tonnellate di pinne e 10.000 tonnellate di carni di squalo e non è neanche quella che contribuisce di più

Secondo il WWF: “tra il 2012 e il 2019 più di 200 Paesi e territori hanno importato ed esportato carne di squalo per un commercio globale del valore di quasi 2,2 miliardi di euro. La Spagna è il primo esportatore mentre l’Italia è il primo importatore”. Se volete approfondire vi lascio un link qui che rimanda al report del WWF.

Quindi la domanda sorge spontanea: tra noi e questi affascinanti animali chi è il vero assassino? È noto che gli squali non godano di una buona reputazione, complice forse il cinema e la narrativa, ma la loro esistenza è fondamentale per la nostra sopravvivenza e per l’ecosistema marino.

Da 400 milioni di anni (quando sono comparsi sul nostro pianeta) tengono sotto controllo il numero di molti altri animali, uno fra tanti le razze, che crescendo troppo di numero alterano a loro volta la popolazione di altre specie, predandole (come i bivalvi) e alla fine tutto va a ripercuotersi su di noi. Infatti, se scarseggiano bivalvi o qualsiasi altra classe di animali, anche il mercato ittico subisce delle ripercussioni. E ci sono migliaia di altri esempi: qui vi lascio un articolo di Science molto interessante sul tema.

Ma qual è la situazione oggi? L’Italia è stata tra i Paesi più attivi nell’iniziativa di raccolta firme dei Cittadini Europei “stopfinningEU”, contribuendo con settantamila voti. Sono state raccolte più di un milione di firme in totale e la petizione chiede che le pinne non possano essere più vendute separatamente dal corpo degli animali.

Come sempre la strada è stretta, tortuosa e ancora molto lunga, ma almeno con questa e altre iniziative abbiamo intrapreso il giusto sentiero!

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