A un anno dal femminicidio nasce la fondazione Giulia Cecchettin. Il papà Gino: «Un esercizio per rimanere vicini all’amore»
A un anno dalla morte di Giulia Cecchettin, la 22enne di Vigonovo uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta, è nata la fondazione che porta il suo nome. A presentarla è stato il papà, Gino Cecchettin, che già a pochi giorni dalla tragedia aveva promesso, insieme con la sorella di Giulia, Elena, e il fratello, Davide, di tramutare tutto il dolore e la sofferenza in qualcosa di concreto per combattere la piaga della violenza di genere.
La fondazione è stata presentata lunedì nella Sala Regina di Montecitorio alla presenza del vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè, alla ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità, Eugenia Roccella, alla vicepresidente del Senato Anna Rossomando e alla presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, Martina Semenzato.
Una data affatto casuale, visto che proprio il 18 novembre del 2023 alla famiglia Cecchettin è arrivata la telefonata che ha cambiato per sempre la vita di tutti: quella in cui gli veniva comunicato il ritrovamento del corpo di Giulia, come ha ricordato lo stesso Gino con la voce rotta dall’emozione.
Il discorso di Gino Cecchettin
«Siamo qui per dare forma concreta a un sogno che ha un valore immenso, perché è nato da una tragedia immane, perché è così che spesso funziona la vita: ci prende per mano e ci porta a compiere i passi più luminosi, a scorgere una strada quando tutto sembra perduto. A volte, e non è retorica, quando si affrontano sofferenze tali, che potrebbero togliere qualsiasi speranza o prospettiva, la vita ancora ti sorprende offrendo uno scopo nuovo, un’opportunità di trasformare il dolore in significato, la perdita in impegno, l’oscurità in azione. Oggi sono qui per parlarvi proprio di questo: di uno scopo che ha trovato radici nel ricordo di Giulia e che oggi prende forma nella Fondazione Giulia Cecchettin».
Gino Cecchettin ha quindi deciso di pronunciare il nome dell’uomo che ha tolto la vita alla figlia, ma senza animosità: ha parlato di un «tenace esercizio a rimanere vicino all’amore che mi ha fatto scoprire un modo nuovo di vivere, più rivolto a dare senso e valore e capire come contribuire a migliorare il mondo in cui vivo. Penso di avere raggiunto piena consapevolezza di questo stato d’animo proprio durante l’udienza con Filippo. Provavo un dolore straziante per quello che Giulia aveva subito, ma non riuscivo a provare il benché minimo sentimento di rabbia, sdegno, risentimento o ira verso il carnefice di mia figlia. Tuttavia, in alcune persone che erano attorno a me percepivo animosità e risentimento».
«Comprendo bene la loro indignazione, ma la sera dell’udienza, tornando nel silenzio della mia casa, ho avuto modo di riflettere e immaginare il nostro mondo come un ecosistema dove ogni individuo ha la capacità e il libero arbitrio di iniettare nella società odio o amore - ha proseguito il padre di Giulia - Non possiamo cambiare gli eventi che ci sono capitati, ma possiamo cambiare la nostra reazione a quegli eventi e decidere se contribuire ad aumentare l’odio oppure l’amore a discapito oppure a favore dell’ecosistema stesso. Per quanto mi riguarda, nel nome di Giulia io posso solo scegliere di far crescere l’amore, perché questa è l’unica scelta che le assomiglia, l’unica possibile se voglio mantenere viva una parte di lei. Ecco noi dovremmo in ogni momento della nostra vita cercare di produrre empatia, calore, apprezzamento, armonia e amore. Solo così riusciremo a diminuire l’entropia negativa del nostro ambiente».
Cecchettin ha quindi anticipato ciò che la fondazione si prefigge di fare: educare le nuove generazioni al rispetto reciproco, andando anche nelle scuole, promuovere relazioni basate sulla parità e sull’ascolto, e combattere con fermezza ogni forma di discriminazione e violenza
«Siamo qui per fare rumore. Un grido. E lo diciamo agli uomini: nessun di loro o di noi si chiami fuori - è stato invece il commento del vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè - L’idea di Gino Cecchettin di presentare la Fondazione alla Camera dei deputati mi ha molto sorpreso e commosso. Non aspettavamo altro, questa giornata è l'inizio di una settimana che ci porterà al 25 novembre, la Giornata Mondiale contro la violenza delle donne. Lo facciamo nel nome di Giulia, guardando avanti, guardando la necessità di formare e parlare, confrontarsi soprattutto con i giovani per un'educazione affettiva che evidentemente oggi è carente».
Federica Pellegrini consigliera della fondazione
Oltre a Gino Cecchettin alla presentazione della fondazione era presente anche Federica Pellegrini, eletta consigliera: «Come sportiva e come donna, credo fermamente che sia nostro dovere promuovere una rivoluzione culturale profonda, che metta al centro il valore inestimabile del rispetto - ha detto l’ex campionessa di nuoto - Gino è stato super coraggioso a cercare di mutare questo evento così drammatico in una cosa che può concretamente fare qualcosa di positivo, quando mi ha contattata non potevo che rispondere ‘presente’, anche perché nella mia storia di donna e sportiva sono sempre stata molto pro-emancipazione e contro la violenza di genere».
I pilastri della fondazione Giulia Cecchettin
La fondazione Giulia Cecchettin ha già un sito in cui campeggia una foto simbolica, la stessa scelta per i funerali: Giulia con un abito rosso su un altalena, un sorriso sul volto, l'aria serena. Il logo è un mazzo di fiori colorati.
«La Fondazione Giulia Cecchettin è un’iniziativa nata dalla volontà di Gino, Elena e Davide di onorare la memoria di Giulia, figlia e sorella, e di trasformare il dolore in un’opportunità per la società - si legge sul sito - Con un forte impegno verso l’inclusione e la lotta contro la violenza di genere, la Fondazione si basa su valori fondamentali come integrità, onestà e rispetto dei diritti umani. Attraverso campagne di sensibilizzazione e progetti innovativi, mira a promuovere un cambiamento sociale e culturale, creando un ambiente in cui ogni individuo possa sentirsi al sicuro e valorizzato».
Tra le mission elencate sul sito, c'è quella di mantenere viva la memoria di Giulia «diffondendo il suo messaggio di amore, gioia e speranza, celebrando la sua determinazione, il coraggio, lo spirito altruista e la passione per la vita», e poi promuovere il cambiamento, sviluppare strumenti di analisi, supportare le donne vittime di violenza, promuovere la collaborazione e costruire un futuro inclusivo.
«Fondazione Giulia si impegna a costruire una società equa, inclusiva e accogliente, capace di prevenire la violenza di genere. Sogniamo un mondo dove ogni individuo possa esprimere il proprio potenziale in libertà e consapevolezza. Desideriamo relazioni affettive fondate sul rispetto reciproco, dove la dignità e la realizzazione personale siano valori fondamentali. Vogliamo un ambiente armonioso che coltivi i legami e i sentimenti con cura». Dignità, unità e parità sono i tre pilastri per prevenire e combattere la violenza di genere.
Le Polemiche per le parole del ministro Valditara
Prima dell'intervento di Gino Cecchettin sono intervenuti sia la ministra delle Pari opportunità, Eugenia Roccella, sia il ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara attraverso un videomessaggio. E proprio le parole del ministro hanno gelato la sala.
«Abbiamo di fronte due strade: una concreta, ispirata ai valori costituzionali, e un'altra ideologica - ha detto Valditara - La visione ideologica è quella che vorrebbe risolvere la questione femminile lottando contro il patriarcato. Massimo Cacciari esagera quando dice che il patriarcato è morto 200 anni fa, ma certamente il patriarcato come fenomeno giuridico è finito con la riforma del diritto di famiglia del 1975 che ha sostituito alla famiglia fondata sulla gerarchia, la famiglia fondata sull'eguaglianza. Ci sono invece residui di maschilismo, diciamo di machismo, che vanno combattuti».
«Non si può far finta di non vedere che l'incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e devianza in qualche modo discendenti dall’immigrazione illegale», ha concluso Valditara. Parole che hanno suscitato un’ondata di polemiche e conseguenti reazioni, in primis quella della sorella di Giulia, Elena.
«Oltre al dépliant proposto (che già qui non commentiamo) cos’ha fatto in questo anno il governo?», si è chiesta Elena Cecchettin sui social, aggiungendo poi «Dico solo che se si ascoltasse, invece di fare propaganda alla presentazione della fondazione che porta il nome di una ragazza uccisa da un ragazzo bianco, italiano e “per bene”, forse non continuerebbero a morire centinaia di donne nel nostro paese ogni anno». Poi il plauso al papà per quanto fatto e costruito: «Mio padre ha raccolto i pezzi di due anni di dolore e ha messo insieme una cosa enorme. Per aiutare le famiglie, le donne a prevenire la violenza di genere e ad aiutare chi è già in situazioni di abuso»
«Un intervento imbarazzante», è stato invece il commento della deputata del PD Laura Boldrini, coordinatrice dell'Intergruppo della Camera per le donne, i diritti e le pari opportunità: «Il ministro si è permesso di fare una lezioncina dimostrando di ignorare totalmente la complessità del fenomeno della violenza maschile sulle donne e negando la matrice patriarcale».
Anche la collega Chiara Gribaudo ha parlato di «imbarazzo. Per Valditara la lotta al patriarcato è ideologica, mentre accusare i migranti per l'aumento della violenza sulle donne no. È lo strano mondo di un ministro imbarazzante. Se poi lo dice in videoconferenza con la Camera, dove si stava presentando, alla presenza del padre Gino, la Fondazione Giulia Cecchettin, le affermazioni si trasformano da ridicole a gravi. Gravi perché minimizzano il problema del predominio maschile sulle donne. Un predominio sul lavoro, negli stipendi, nelle carriere, che si trasforma spesso in episodi di violenza domestica, psicologica e anche nei femminicidi».