Food for profit: perché il documentario di Giulia Innocenzi è ciò che dobbiamo vedere ora

L'inchiesta della giornalista Giulia Innocenzi culmina oggi con un documentario investigativo senza precedenti: Food For Profit. Un documentario che, grazie al coraggio di persone che hanno lavorato sotto copertura, racconta per primo come l’industria della carne, le lobby e il potere politico siano legati indissolubilmente. 90 minuti che a detta di molti non solo tengono incollati allo schermo, ma che hanno fatto tremare le mura di Bruxelles. A pochissimi giorni dall’uscita, infatti, iniziano ad arrivare le prime minacce di querela. Ecco perché

Il cardine attorno al quale ruota Food For Profit sono i 387 miliardi di fondi pubblici che attraverso la Politica Agricola Comune - un programma molto controverso per orientare le politiche rivolte agli agricoltori - l’Europa destina all’industria intensiva perpetrando pratiche molto poco sostenibili ed etiche. Quello di Giulia, della sua squadra investigativa e di Pablo, il filmmaker, è stato un viaggio attraverso il nostro continente per raccontare cosa si nasconde sotto la superficie: una realtà fatta di sfruttamento di lavoratori, inquinamento, danni alla biodiversità, uso di antibiotici e OGM con ricadute dirette sulla salute di molte persone.

Ciò che distingue Food For Profit dagli altri documentari è il collegamento diretto con il Parlamento Europeo, nel quale, per esempio, un finto lobbista propone a una figura di spicco di produrre maiali a sei zampe per aumentare il numero di prosciutti prodotti. La sola obiezione che gli è stata sollevata? Farlo accettare all’opinione pubblica. Per quello, però, basta costruire a tavolino la narrazione.

Altro punto sottolineato nel documentario è quello legato al fatto che nella legislazione europea manca una definizione di “allevamento intensivo”, e questo la dice lunga, anzi lunghissima. Nel frattempo, dall’Italia alla Germania, passando da Polonia e Spagna, gli animali che non sono cresciuti abbastanza per gli standard di mercato vengono ritenuti “scarto” e quindi uccisi. Inoltre, gli antibiotici vengono somministrati illegalmente per curare patologie scaturite dalla scarsa igiene, mentre ammoniaca e nitrati inquinano aria, acqua e suolo provocando morie di pesci e rendendo irrespirabile l’aria per le comunità che vivono a ridosso degli allevamenti.

Senza rivelare troppo, il documentario termina con un monito: quello di scegliere di mangiare meno carne, spostandosi il più possibile verso un’alimentazione vegetale. A questo, si aggiungono tre richieste:

  • La costituzione di assemblee cittadine per scegliere dove far confluire i soldi pubblici
  • Una moratoria per fermare la costruzione di nuovi allevamenti intensivi
  • Lo stop ai sussidi pubblici destinati agli allevamenti intensivi

Per saperne di più e vedere il documentario vi lascio questo link.

Ah! L’8 ed il 9 di giugno si vota il nuovo Parlamento Europeo: cerchiamo di informarci bene e fare la nostra scelta con criterio, senza dimenticare che il mondo si cambia anche con una matita in mano!

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Federica Gasbarro collabora con The Wom in modo indipendente e non è in alcun modo collegata alle inserzioni pubblicitarie che possono apparire all'interno di questo contenuto.

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