I giganti del petrolio stanno abbandonando l’idea di ridurre la loro impronta ambientale

Shell, seconda compagnia petrolifera al mondo, rende più deboli i suoi obiettivi di riduzione delle emissioni al 2030 e abbandona completamente gli obiettivi per il 2035. Il motivo? Semplicemente soddisfare la domanda dei clienti, quindi noi. Sarà forse questa l’ennesima trovata delle Big del petrolio?

Le compagnie petrolifere abbandonano i piani di riduzione della loro impronta ambientale e scaricano la responsabilità sui consumatori: è ciò che sta succedendo ora e la decisione di Shell si colloca proprio in questo contesto. Un termine, quello di “impronta di carbonio”, che fu introdotto all'inizio del XXI secolo in una campagna pubblicitaria proprio nel tentativo di spostare l'attenzione del pubblico verso la responsabilità personale. Shell in questo senso è in buona compagnia, infatti l’AD di EXXON sostiene da tempo la stessa linea.

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La dichiarazione relativa all'indebolimento dei target climatici del gigante britannico fa seguito alla crisi energetica globale che si è verificata negli ultimi anni, seguita però da un periodo in cui aziende come Shell hanno realizzato profitti record. Ciò non ha però cambiato le carte in tavola, e infatti lo scorso anno anche il gigante dell'energia BP ha fatto marcia indietro ridimensionando le sue ambizioni quanto ad emissioni di gas climalteranti.

Shell dice di continuare a volersi impegnare nella corsa alla riduzione delle emissioni, ammettendo che per raggiungere l’obiettivo di mantenere il surriscaldamento a +1.5 centigradi bisogna immediatamente porre fine all’investimento nei combustibili fossili. Allo stesso tempo, però, annuncia di volersi concentrare nel settore del gas naturale prevedendo un aumento di produzione del 30% entro il 2030. Un combustibile fossile, quello, al pari del più conosciuto petrolio.

Ovviamente, questo significa che la “decarbonizzazione” avverrà più lentamente e che anche i target a 10 anni cambieranno di conseguenza. Magari saranno più realistici ma non per questo più rassicuranti

Inizialmente, era prevista una riduzione del 20% dell’intensità di carbonio al 2030 rispetto al 2016 e del 45% entro il 2035. Il primo target però è stato indebolito, mentre il secondo è sparito.

Per definizione, l’intensità di carbonio è il rapporto tra le emissioni generate e una certa metrica, come per esempio il fatturato di un’azienda oppure il numero di unità prodotte o di dipendenti. Il motivo alla base della decisione di Shell starebbe proprio nella riduzione della sua intensità netta di carbonio dato dall’aumento delle vendite (non quindi dovuto ai tagli alla produzione di combustibili fossili). A rigor di logica, dunque, se il numero di vendite aumenta, l’intensità di carbonio diminuisce.

Nel report, l’azienda continua: “Saranno necessari investimenti nelle fossili perché si prevede che la domanda di petrolio e gas diminuirà a un ritmo più lento rispetto al tasso di declino naturale dei giacimenti di petrolio e gas mondiali, che è del 4-5% all’anno”.

Tutto questo non è ovviamente rassicurante. Soprattutto visto il tasso a cui stanno aumentando gli eventi atmosferici estremi e la temperatura media globale.

Per concludere, il colosso spiega che sarebbero i consumatori a influenzare l’uso delle fossili e non l’industria del petrolio stessa.

E quindi? Tutti in piazza? A questo punto, a noi la scelta!


Federica Gasbarro collabora con The Wom in modo indipendente e non è in alcun modo collegata alle inserzioni pubblicitarie che possono apparire all'interno di questo contenuto.

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