Giustizia ambientale: l’ONU ha approvato una risoluzione storica

Una piccola nazione nell'Oceano Pacifico e un gruppo di giovani hanno recentemente posto una pietra miliare in materia di giustizia climatica. Si tratta dello stato del Vanuatu e i giovani sono degli attivisti e studenti di giurisprudenza che di fatto hanno guidato un voto storico: grazie a loro, l’ONU ha approvato una risoluzione storica su clima, diritti umani e giustizia. In altre parole, tramite questo passo sarà più facile ritenere i Paesi inquinanti legalmente responsabili di non affrontare la crisi climatica. Vi spiego tutto qui sotto
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L’UNGA (Assemblea Generale delle Nazioni Unite) è l’organo deliberativo più importante delle Nazioni Unite e si compone di 193 Paesi che ogni anno si riuniscono per discutere questioni di interesse globale, mentre la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ), anche conosciuta come Corte Mondiale, ha sede nel Palazzo della Pace della città olandese dell’Aia e il suo compito è risolvere le controversie tra Stati e dare opinioni su questioni di diritto internazionale.

Chi è invece lo Stato di Vanuatu? Si tratta di uno stato insulare, tra i più minacciati dal cambiamento climatico: le isole dell'arcipelago sono colpite da eventi climatici estremi come cicloni, alluvioni e siccità che hanno un impatto devastante sull'economia e l'ambiente del paese. Lo stato si compone di 83 piccole isole di cui solo 65 sono abitate ed è localizzato a est dell’Australia e a ovest delle isole Fiji.

Il 30 Novembre 2022 Vanuatu e altri 17 paesi tra cui Angola, Mozambico, Singapore, Nuova Zelanda, Germania, Portogallo, Vietnam, Bangladesh, Samoa, Sierra Leone e Stati federati di Micronesia hanno proposto all’assemblea generale dell’ONU una bozza di risoluzione

In quest’ultima hanno chiesto di fare in modo che l’ICJ possa fornire:

  • pareri consultivi sugli obblighi degli stati riguardo il cambiamento climatico
  • chiarire quali siano gli obblighi di legge per gli stati che hanno danneggiato clima e ambiente
  • basarsi sull’ IPCCC nonché sul Paris agreement.

In altre parole, secondo la bozza, la Corte Internazionale di Giustizia deve chiarire quali sono le conseguenze legali per chi inquina e mette a repentaglio il nostro futuro.

Di fatto, un piccolo stato in aperta sfida con il resto mondo. Per dirla in altri termini, Davide contro Golia

Quelli della Corte internazionale sarebbero tuttavia dei pareri privi di valore vincolante ma che potrebbe dare un grandissimo impulso alla definizione sempre più chiara del famoso Lost and Damage, “capitolo” molto discusso su perdite e danni in materia di sconvolgimenti climatici.

Qualche giorno fa questa proposta è stata approvata (quindi è diventata una decisione ufficiale dell’UNGA) e Vanuatu festeggia. La risoluzione è stata sponsorizzata da otre 120 governi e il primo ministro dello stato da dichiarato: «Oggi abbiamo assistito a una vittoria di proporzioni epiche per la giustizia climatica […] è l’inizio di una nuova era nella cooperazione multilaterale sul clima, un’era che si concentra maggiormente sulla difesa dello stato di diritto internazionale e che pone i diritti umani e l’equità intergenerazionale in prima linea nel processo decisionale sul clima».

Stando a questa risoluzione, quindi, i giudici della Corte, per dare i loro pareri, si baseranno sia sulle politiche globali per mantenere il riscaldamento terrestre entro gli 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali, sia sugli NDC, acronimo di National Determined Contributtions, ovvero sulle promesse di riduzione delle emissioni da parte dei governi. Pur non essendo uno strumento vincolante, come detto prima, può in ogni caso costituire una forte pressione politica e diplomatica per i Paesi meno inclini a rispettare gli accordi internazionali in materia di cambiamento climatico.

Come ha detto il Segretario Generale delle Nazioni Unite: «Per alcuni Paesi le minacce climatiche sono una condanna a morte. In realtà, è l’iniziativa di questi paesi, a cui si sono uniti molti altri, insieme agli sforzi dei giovani di tutto il mondo, che ci unisce. E, insieme, state facendo la storia».

Ciò che dovrebbe renderci fieri è che l’Italia è stata tra i Paesi che hanno promosso questa risoluzione!


Federica Gasbarro collabora con The Wom in modo indipendente e non è in alcun modo collegata alle inserzioni pubblicitarie che possono apparire all'interno di questo contenuto.

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