Greenwashing: arriva l’accordo storico della UE per proteggere i consumatori

Quante volte ci è capitato di acquistare un prodotto sostenibile ma di non sentirci sicuri che lo sia davvero? Il dubbio che si tratti solo di un modo per farci pagare di più mentre l’azienda continua il suo business as usual ci attanaglia. La pratica del greenwashing è ormai diffusissima, ma c’è una buona notizia all’orizzonte! Ecco quale

Pochi giorni fa, l'Unione Europea ha raggiunto un accordo storico proprio contro il greenwashing e l'obsolescenza programmata, provando ad anticipare il resto del mondo nella tutela dei consumatori da pratiche commerciali ingannevoli.

La nuova legge, prevista per il 2026, imporrà un divieto generale contro le pratiche sleali, garantendo trasparenza e informazioni affidabili per i consumatori

Ma facciamo un passo indietro: cosa ha spinto a questa azione drastica e necessaria? Probabilmente tutto è partito da uno studio della Commissione Europea del 2020 dal quale è emerso che il 53,3% delle affermazioni ambientali esaminate nel continente erano vaghe o addirittura fuorvianti, mentre il 40% era completamente infondato, con il 77% dei cittadini dell'UE che considera il cambiamento climatico un problema serio. La mancanza di norme comuni per le certificazioni ambientali ha favorito il greenwashing a svantaggio dei consumatori e delle imprese autenticamente sostenibili.

Prima di andare avanti, però, è importante chiarire cosa sono il greenwashing e l’obsolescenza programmata.

Per quanto riguarda il primo concetto, esso si riferisce all’insieme di strategie di marketing che mirano a creare un'immagine di sostenibilità di un prodotto o addirittura di tutta l’azienda, pur senza impegni reali verso pratiche e politiche davvero sostenibili ed ecologiche. L’obsolescenza programmata, invece, è una strategia industriale attraverso la quale un prodotto viene progettato o fabbricato in modo che il suo ciclo di vita sia limitato volontariamente. In altre parole, dopo una certa “data di scadenza” smette di essere efficiente o di funzionare del tutto!

Con l'approvazione degli emendamenti da parte dell'Europarlamento, la direttiva proposta dall'eurodeputata croata Biljana Borzan “cambierà la vita quotidiana di tutti gli europei”

Come essa stessa ha dichiarato: “Ci allontaneremo dalla cultura dell’usa e getta, renderemo il marketing più trasparente e combatteremo l’obsolescenza programmata”. Con la Direttiva Green Claims, si mira ad eliminare affermazioni vaghe e fuorvianti sui prodotti, inclusi termini come "rispettoso dell'ambiente", "naturale", "biodegradabile" e altri, a meno che le aziende non possano dimostrare, in modo tangibile, l'eccellenza ambientale del prodotto. Inoltre, saranno vietate etichette verdi non certificate e affermazioni sulla durabilità non supportate da prove concrete.

Per entrare nello specifico, in concreto, con questa direttiva, cosa cambierà per i consumatori? La direttiva introduce divieti chiari e specifici per assicurare una maggiore onestà nelle pratiche commerciali. Borzan sottolinea l'importanza di investire nelle ispezioni e nelle organizzazioni dei consumatori per garantire l'applicazione efficace della nuova normativa nei vari Stati membri. Come riporta La Repubblica, alcuni dei divieti potrebbero davvero essere molto importanti.

  • Etichette fuorvianti: sarà vietato l'uso di parole come "climaticamente neutro", "naturale", "eco o ecologico", "biodegradabile", a meno che le aziende non possano dimostrarlo, numeri alla mano.
  • Durabilità: verrà introdotta un'etichetta armonizzata tra tutti gli Stati membri dell'UE in grado di fornire informazioni sulla durabilità e la riparabilità di prodotti che, guarda caso, iniziano a rompersi all’avvicinarsi della scadenza della garanzia. Le informazioni includeranno la disponibilità di componenti di ricambio, le procedure di riparazione e stime dei costi.
  • Compensazione delle emissioni: saranno vietate le affermazioni di questo tipo, a meno che non siano supportate da numeri e azioni concrete.
  • Etichette verdi non certificate: saranno vietate etichette verdi che non abbiano una comprovata base “scientifica” a giustificazione. In altre parole, se non proverranno da certificazioni ufficiali, autorità pubbliche o enti terzi indipendenti.
  • Dichiarazioni di durabilità non provate: sarà vietato fare dichiarazioni sulla durabilità senza prove concrete in termini di tempo o intensità di utilizzo in condizioni normali.
  • Software e riparabilità: sarà vietato presentare gli aggiornamenti software come elementi indispensabili anche laddove non siano effettivamente necessari per il miglioramento delle funzionalità. In aggiunta, non sarà possibile l’imposizione di utilizzo di componentistica della stessa marca e il proporre la merce come riparabile quando non lo è.

A che punto siamo, oggi?

Ad oggi la direttiva è stata approvata dal Parlamento ma prima di essere pubblicata in Gazzetta Ufficiale ha bisogno dell’approvazione finale anche del consiglio. Dopo questo processo, ogni Stato ha 24 mesi per recepire e integrare le nuove norme nelle loro legislazioni nazionali. L'Unione Europea quindi, si posiziona sempre più tra i leader mondiali nella lotta contro il greenwashing e l'obsolescenza programmata, provando a offrire ai consumatori uno scudo fatto di protezione e trasparenza.

Al momento le informazioni sui prodotti sono ancora pochissime, vaghe e ogni volta che si acquista ci si sente in una giungla in cui è molto difficile orientarsi. Ciò che tutti ci auguriamo, però, è che grazie a normative come questa, sempre più stringenti, in futuro ciascuno avrà tutti gli strumenti necessari per fare scelte d'acquisto consapevoli grazie a un'Europa sempre più verde e giusta per tutti.


Federica Gasbarro collabora con The Wom in modo indipendente e non è in alcun modo collegata alle inserzioni pubblicitarie che possono apparire all'interno di questo contenuto.

Riproduzione riservata