Il monologo di Chiara Ferragni a Sanremo: qualche riflessione

Come ci si aspettava, il monologo di Chiara Ferragni al Festival di Sanremo ha scatenato migliaia di reazioni sui social, polarizzando il dibattito: se da un lato sono tantissime le critiche per non aver affrontato il tema del privilegio, dall'altro è stato apprezzato il fatto di aver portato a Sanremo argomenti cari al femminismo come il carico sociale sulle donne madri e l'autodeterminazione femminile, oltre ad aver dato visibilità alla rete antiviolenza D.I.Re. Ma è davvero così semplice prendere una posizione su Chiara Ferragni?

"Ciao bimba, ho deciso di scriverti una lettera. Vorrei farti vedere la mia vita: sai, oggi la gente mi conosce, e tante persone mi chiedono un selfie insieme. È una bella sensazione piacere a milioni di persone, anche se non piaccio proprio a tutti".

Incomincia così il monologo di Chiara Ferragni al Festival di Sanremo: una lettera rivolta alla se stessa bambina che ripercorre le fasi più complesse e anche più felici della sua vita, dalle fragilità dell'adolescenza fino ai red carpet, per terminare con un incitamento a tutte le donne di credere in se stesse, di godersi gli alti e bassi della vita, di non dipendere dagli uomini.

Un monologo che per molti sa di autoreferenzialità e che propone la retorica della ragazza che nonostante le insicurezze ce l'ha fatta, che è arrivata. E che ora è madre, che ha trovato l'amore vero, che ha milioni di follower. Che ha successo.

"Ma è davvero questo il successo?", si chiedono in tanti. "Significa essere riconosciuti dalle persone, essere madri, aver trovato l'amore vero?" Oltre a riproporre una narrazione quasi tossica del successo, ribadendo l'equazione donna = madre, follower = successo, quello di Ferragni appare come

un messaggio poco contemporaneo, quasi novecentesco se vogliamo, che rimaneggia l'abusatissimo mantra del "se vuoi puoi" reinterpretando in chiave femminile l'immagine del "Self made man"

A dare una concreta rappresentazione di questo pensiero è poi l'abito-manifesto della prima serata di Sanremo, nato dalla collaborazione tra Maria Grazie Chiuri, direttrice artistica di Dior, la stessa Ferragni e il duo artistico Claire Fontaine, e che vede protagonista una lunga stola bianca dove campeggia la frase "Pensati Libera". Una scritta trovata da Rachele Regini e Fulvia Carnevali di Claire Fontaine su un muro di Genova dopo una manifestazione femminista, e che invita le donne all'autodeterminazione.

Tra i detrattori del monologo di Chiara Ferragni aleggia però un interrogativo:

possono davvero tutte le donne pensarsi libere? O meglio: abbiamo davvero tutte le stesse possibilità di pensarci donne libere e agire come tali?

La risposta è no, come sottolinea Corinna de Cesare di ThePeriodOff: "Una perfomance autoreferenziale senza un minimo di ironia. Solo la voglia di ribadire 'ce l’ho fatta' davanti a tutta Italia. Molte di noi invece, cara Chiara, non ce la fanno. Perché non basta sentirsi libere, determinate, non basta studiare o superare le insicurezze personali. E non basta neanche rompere il soffitto di cristallo e dal trono urlare: possiamo tutto. Lo abbiamo sentito dire tante volte e onestamente, non ne possiamo più. Perché in una società incrinata da profonde disuguaglianze di genere, di classe e di razza, l’ascensore sociale non si riavvia schiacciando il tasto Dior".

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Ed è proprio quello delle disuguaglianze sociali il nodo cruciale che non viene affrontato da Ferragni.

Come fa notare la filosofa Maura Gancitano, con quell'abito Chiara Ferragni rivendica la libertà delle donne dal patriarcato, senza però mettere in discussione la base del sistema patriarcale, ovvero il modello neoliberista.

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Eppure, è proprio tipico del modello neolibertista assorbire tematiche e movimenti antisistema - come il femminismo - per farli propri. L'impegno femminista di Ferragni - imprenditrice, influencer, testimonial, simbolo di una società votata al consumo - si iscrive proprio in questo contesto

Ma se è certo che nessuno si aspetterebbe da Chiara Ferragni una presa di posizione contro la società capitalista, è anche vero che un messaggio contro il patriarcato pronunciato con queste premesse perde di autenticità, oltre alla sua carica di ribellione.

Gancitano mette a confronto l'abito-manifesto di Ferragni con quello indossato dalla politica statunitense Alexandria Ocasio-Cortez durante il Met Gala del 2021, che gridava Tax the Rich: una mossa che, dato il contesto glamour del Met Gala, fu considerata realmente coraggiosa, capace di portare un messaggio veramente scomodo, provocatorio.

Di provocatorio, invece, nel monologo di Ferragni, c'è ben poco. A trovare però del buono nelle mosse di Chiara Ferragni è sempre la stessa Maura Gancitano, che nel video qui sopra riflette su come l'idea di portare sul palco le donne dell'associazione D.I.Re, a cui Ferragni ha devoluto l'intero cachet di Sanremo, possa effettivamente suscitare interesse e dibattito attorno al tema della violenza di genere, seppur ricordi la filantropia delle donne agiate del primo Novecento nei confronti dei movimenti delle suffragette. "Oggi come allora, una donna ricca, bianca e privilegiata porta all'attenzione pubblica tematiche femministe", dice Gancitano.

Nel bene o nel male, dunque, purché se ne parli.

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