Insulti sessisti online: a pagarne il prezzo sono le donne
Gli insulti online rafforzano implicitamente le norme culturali e gli ideali stereotipati dell'aspetto e del comportamento femminile: da un lato c’è l’insulto; dall’altro, l’accusa di non rispettare lo standard. Dopo le proteste, la piattaforma ha implementato alcune misure “anti-abuso”. Il problema, però, è strutturale: ecco perché.
Il Barometro dell'odio di Amnesty International
La ricerca, svolta da Amnesty tra settembre e ottobre 2021, ha preso in analisi oltre 27.000 contenuti tra post/tweet e relativi commenti di 24 pagine/profili pubblici appartenenti ad esponenti politici, testate giornalistiche e a personalità che si occupano di comunicazione, cultura.
La totalità dei contenuti analizzati conferma la tendenza emersa già da qualche anno: 1 commento su 10 è offensivo, discriminatorio o hate speech; restringendo ai soli discorsi d’odio, l’incidenza è di 1 su 100. I post e i tweet problematici o negativi generano molte più interazioni.
Le organizzazioni impegnate in attività umanitarie e solidali sono al terzo posto tra i target più presenti nei commenti problematici, mentre persone migranti, rifugiate e con background migratorio sono al secondo posto: le più odiate sono le donne.
L’incidenza di attacchi personali rivolti alle autrici di post/tweet è maggiore rispetto a quella registrata dagli uomini; inoltre, il 26,5% dei commenti problematici riguardano post che hanno come tema le donne
Quali sono le parole dell’odio
Le donne sono quindi un bersaglio per il bullismo online. Ma per cosa vengono odiate? Un altro recente studio intitolato Sexist Slurs: Reinforcing Feminine Stereotypes Online ha analizzato su scala internazionale i tweet pubblicati ogni settimana: di questi, quasi 3 milioni contengono almeno uno dei quattro slur sessisti più comuni nella lingua inglese.
Uno slur è più di un semplice insulto: fa riferimento a un’intera categoria di persone, ed è un’offesa collettiva rispetto a uno standard di normalità
Gli slur oggetto dello studio, oltre a essere sorprendentemente comuni, fanno riferimento tutti a una narrazione stereotipica della donna: b*tch indica una donna arrogante e prepotente, ma viene utilizzato anche se una donna, anziché dimostrarsi remissiva e disponibile si comporta in maniera decisa; sl*t e wh*re indicano promiscuità e superficialità sessuale in contrapposizione alla necessità di presentarsi pure e caste; c*unt, considerato il più offensivo, si carica del giudizio sia del comportamento non accomodante della donna, considerato inaccettabile, sia della sua condotta sessuale, che viene spesso data per scontata; gli aggettivi che fanno riferimento agli standard di bellezza (ugly; fat) o all’età (old), rinforzano lo stereotipo che vuole la donna bella e sempre giovane; oppure, si fa riferimento alle capacità intellettuali (stupid) o alla stabilità mentale (crazy).
Tweet offensivi e stereotipi: in che modo sono correlati
Gli slur emersi dai tweet presi in analisi rappresentano critiche alla capacità delle donne di autodeterminarsi nelle proprie scelte e nella propria vita sessuale, con riferimenti al suo dovere implicito di essere o voler essere bella, e a una impossibilità - presentata nello stereotipo quasi come biologica - di essere brillante o, ancora una volta, ferma e decisa.
Ogni volta che la realtà smentisce lo stereotipo e, quindi, una donna dimostra di non essere solo dolce, santa, bellissima, giovane, un po’ stupida e comunque umorale, online si scatena l’odio.
Gli slur, infatti, fanno riferimento ai temi centrali negli stereotipi sulle donne: l’aspetto, il comportamento, la morale. Implicitamente, le vittime vengono accusate di non essere riuscite a rispettare questi standard, e così lo stereotipo si rinforza
Si innesca un paradosso: alle donne, insultate perché donne, viene rinfacciato di non essere vere donne.
Insulti sessisti: le conseguenze reali nei comportamenti social delle donne
La natura stessa di Twitter incoraggia gli utenti ad avere conversazioni pubbliche e a condividere i propri pensieri con altre persone; è interesse della piattaforma favorire la partecipazione aperta alle discussioni.
Twitter stessa ha riconosciuto pubblicamente di avere ancora molto lavoro da fare quando si tratta di affrontare la violenza e gli abusi contro le donne sul social
Ovviamente, l’odio ha un effetto negativo sul diritto delle donne di esprimersi liberamente e senza paura. Molte, al contrario, selezionano le loro parole, limitano le loro interazioni o si allontanano completamente dalla piattaforma.
Eppure, alle donne piacciono i social media: molte utilizzano Twitter per sostenersi, comunicare, mobilitarsi, tenersi aggiornare e ottenere visibilità. È un ottimo strumento per il lavoro, e anche per la diffusione di idee politiche; in generale, partecipare al dibattito, anche online, vuol dire essere rappresentate.
I provvedimenti di Twitter
La discriminazione e sistematica contro le donne ha trovato la sua strada anche nella sfera digitale.
Per contrastare efficacemente il fenomeno, però, delle misure restrittive non sono bastate. Twitter, per esempio, ha la specifica responsabilità di rispettare tutti i diritti umani - compresi i diritti alla non discriminazione e alla libertà di espressione e di opinione - e di adottare misure concrete per evitare di causare o contribuire a violazioni di tali diritti.
Per arginare gli abusi e ai comportamenti odiosi rivolti alle donne, comprese le minacce dirette di violenza e le molestie, Twitter ha apportato più di 30 modifiche alla piattaforma e alle sue politiche con l'obiettivo di migliorare la sicurezza. Grazie a un potenziamento dei team di controllo, hanno incrementato notevolmente gli interventi sugli account segnalati. Tuttavia, sono misure ancora insufficienti.
Anche reagire può essere importante: aiuta a non far sentire sole le vittime, e conferma che l’odio non è una forma sociale accettata. È possibile replicare sulla piattaforma social, segnalare l’episodio al gestore o, nei casi più gravi, procedere con una denuncia civile o penale
È necessaria una narrazione alternativa, che faccia leva su emozioni positive e inclusive.
Un’azione profonda e sistematica contro gli stereotipi sessisti, infatti, colpirebbe anche la potenza distruttiva dell’odio verso le donne