Perché la mancanza di neve ci deve (davvero) preoccupare

Proprio come è accaduto l'estate scorsa con la scarsità di acqua, ora nessun giornale tarda a dare notizia dell'assenza di neve in montagna. Tuttavia, pochi pongono l’accento sulle conseguenze che questo fenomeno porta con sé. Infatti, poca neve non significa solo la fine delle "settimane bianche" a bassa quota ma anche la siccità nei mesi estivi… il che è ben più grave. Vi spiego perché

Ce ne saremo accorti: anche nelle città dove solitamente nevicava, ormai non si scende sotto lo zero e piove molto poco. La neve, oggigiorno, la vediamo esclusivamente dai 1500 metri in su.

Secondo i meteorologi, ciò è dovuto al Global Warming. Come si legge su ilmeteo.it:

solo negli ultimi 10 anni, in alcune città italiane, la temperatura media è aumentata di almeno di 1 grado; se sottraiamo questo grado alle temperature degli ultimi giorni, avremmo avuto nevicate abbondanti a Milano, Genova e Torino

E questo cosa c’entra con la siccità?

Come abbiamo imparato nel corso dei nostri appuntamenti settimanali, in natura tutto è collegato e soprattutto in equilibrio. Un fenomeno non accade senza essere scaturito da qualcosa e senza che esso stesso causi qualcosa come conseguenza.

Nel nostro caso il collegamento è presto fatto. A monte del processo, come abbiamo detto, ci sono le temperature straordinariamente miti e le scarse precipitazioni, mentre a valle, come conseguenza, ci sarà mancanza d’acqua, vitale per molti settori.

A questo proposito, i climatologi lanciano più allarmi:

dopo un 2022 riconosciuto come il più caldo della storia d’Italia, la prossima estate sarà tra le più siccitose mai registrate

E le conseguenze?

Nel breve termine a risentirne è il settore turistico. Sugli Appennini, di cinquanta strutture sciistiche esistenti solo una al momento sta garantendo il servizio. A passarsela poco meglio sono le strutture sopra una certa quota.

Nel medio termine, invece, la principale ripercussione sarà a carico dell’agricoltura, e a carico nostro in quanto consumatori. Ovviamente ciò aggrava un quadro economico in parte compromesso da altri fattori.

Nel lungo termine , se la situazione non migliorerà nei prossimi anni, ad essere toccato sarà anche il settore delle energie rinnovabili e nella fattispecie quello dell’idroelettrico

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E in Europa cosa accade?

In Europa la situazione non è migliore, come potete leggere ed approfondire in questo articolo molto bello del The Guardian. In poche parole, gli scienziati riferiscono che generalmente i record climatici non superano mai la frazione di grado, mentre, per esempio l’inverno del 2020 è stato più caldo di 3,4 gradi Centigradi in più rispetto al 1981 – 2010.

Quindi, che fare?

Per ora, in Italia ancora non è detta l’ultima parola, siamo fine gennaio e magari la situazione “migliorerà”. Quanto all’Europa, Carlo Buontempo (direttore di C3S) ha dichiarato al The Guardian: “Aver visto un inverno così caldo è sconcertante, ma non rappresenta una tendenza climatica in quanto tale. Le temperature stagionali, soprattutto al di fuori dei tropici, variano in modo significativo da un anno all'altro.”

Quindi si, il riscaldamento globale è qui, non è qualcosa di reversibile e siamo in una brutta situazione, lo abbiamo visto l'estate scorsa… ma un granello di speranza ancora lo abbiamo.


Federica Gasbarro collabora con The Wom in modo indipendente e non è in alcun modo collegata alle inserzioni pubblicitarie che possono apparire all'interno di questo contenuto.

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