Il #MeToo delle università che denuncia gli abusi e le molestie negli atenei
Lo scorso 12 marzo l’associazione studentesca Sinistra Universitaria della Sapienza di Roma ha presentato i dati di un questionario distribuito in tutte le undici facoltà dell’ateneo tra il 15 novembre del 2023 e il 6 marzo di quest’anno sulla violenza e la discriminazione di genere.
Su 1.300 risposte arrivate (le persone iscritte all’università sono 150mila), 130 persone dichiarano di aver subito una molestia o una discriminazione all’interno dell’università. Il 30% ha inoltre risposto di non sentirsi al sicuro all’interno dell’ateneo e quasi il 10% dice di aver assistito almeno una volta a una molestia. Dati che entrano in collisione con quanto dichiarato ufficialmente: la rettrice dell’ateneo, Antonella Polimeni, ascoltata dalla commissione parlamentare contro le violenze di genere, ha affermato che nel 2023 ci sono state 13 segnalazioni alla Consigliera di fiducia. Il rischio, dunque, è che le segnalazioni ufficiali siano meno di quelle realmente esistenti e che tutto il “sommerso” da cui la violenza di genere si sviluppi resti tale. Ecco cosa chiedono le studentesse
I risultati dell’indagine
Il sondaggio elaborato da Sinistra universitaria è stato condotto dall’associazione tra il 15 novembre 2023 e il 6 marzo 2024, e ha coinvolto un campione di 1318 studenti di undici facoltà della Sapienza. Il 15,6% degli intervistati ha dichiarato di essere stato molestato all'interno dell'università, mentre il 5% di aver subito violenze sessuali. Il 40% denuncia che sono stati professori a commettere le violenze, soprattutto in occasioni come ricevimenti, tirocini ed esami in ufficio.
Il 30% delle studentesse ha dichiarato di non sentirsi sicura all'interno dell'università, mentre il 60% ha avuto bisogno di essere accompagnata a casa dopo le lezioni
I racconti che accompagnano le segnalazioni non lasciano spazio ai dubbi: viene menzionato, ad esempio, il caso di un professore che – come riporta la segnalazione - «si è masturbato durante un esame orale da remoto e ancora insegna la stessa materia e fa esami orali». Viene segnalato anche il caso di un professore di latino che avrebbe «insultato una studentessa prima dell’interrogazione» dicendole di stare zitta perché lui stava guardando una partita di tennis e lei stava «portando sfiga». Sempre lui avrebbe poi chiesto alla studentessa di tradurre la frase: «Mi faccio mantenere da mio marito perché non lavoro». Poi avrebbe costretto la studentessa ad abbassare la mascherina per mostrargli un sorriso prima del voto.
Abusi e molestie vengono perpetrate anche nei confronti delle persone transgender, come testimonia una segnalazione arrivata da una studentessa transgender che è stata chiamata alla cattedra con un pronome riferito al sesso biologico assegnato alla nascita.
Tutto ciò nonostante La Sapienza abbia attivato la “carriera alias” per le persone transgender che sancisce ufficialmente il diritto di essere indicate e chiamate con la corretta identità di genere, sebbene questa non sia ancora riportata sui documenti di identità o sul libretto universitario. «Non si possono aspettare altre segnalazioni, bisogna intervenire subito. Noi siamo pronti a collaborare» dicono da Sinistra universitaria.
Collaborare per invertire la rotta: le proposte delle studentesse
Dal questionario di Sinistra Universitaria risulta che gli strumenti messi a disposizione per affrontare la violenza e le discriminazioni di genere sono pochi e «inadeguati», oltre a non essere abbastanza conosciuti all’interno dell’università:
più del 60% delle persone non sa che alla Sapienza esiste un centro antiviolenza, e il 90% delle persone intervistate ha detto di non sapere che cosa sia la Consigliera di fiducia
Presentando i dati durante la conferenza stampa, Sinistra Universitaria ha avanzato alcune proposte per migliorare la situazione, chiedendo per prima cosa alla rettrice di fare un sondaggio più esteso per conoscere la reale situazione su violenza e discriminazioni all’interno dell’ateneo e poter così, sulla base di dati completi, programmare degli interventi mirati e più efficaci.
Le proposte avanzate si distinguono per un approccio capillare, non solo “emergenziale” e tocca diversi ambiti: ad esempio, nel mese di luglio del 2022, è stato aperto il Centro Antiviolenza messo a disposizione dalla Sapienza. Ma, sostengono le studentesse, «a seguito di un’analisi che abbiamo condotto sulle esperienze dei centri antiviolenza nati in collaborazione con gli atenei nella città di Roma e sul territorio nazionale, abbiamo potuto osservare come una gran parte di questi, a partire da città come Pisa, Torino e Bologna fino all’ateneo di Roma Tre nella nostra città, facciano parte di una rete nazionale di Centri Antiviolenza e Case delle Donne, la rete D.i.Re (Donne in Rete contro la violenza). Riteniamo fondamentale che l’esperienza del Centro Antiviolenza della Sapienza non rimanga limitata a sé stessa, ma che invece venga valorizzata inserendosi all’interno della Rete, luogo di scambio, confronto e conoscenza tra realtà che operano contro la violenza patriarcale attraverso la condivisione reciproca di esperienze, metodologie e ricerche».
Anche la figura della consigliera di fiducia, nata dalla volontà di prevenire, gestire e aiutare a risolvere i casi di discriminazione e molestia sessuale, risulta poco conosciuta: «Chiediamo, pertanto, che venga istituita una Consigliera di Fiducia per ogni facoltà, in raccordo con la Consigliera di Fiducia di Ateneo. In tal modo si garantirebbe una maggiore accessibilità del servizio e prontezza nella risoluzione dei casi».
Il cambiamento culturale resta il perno di tutte le proposte: «affinché il sapere trasmesso sia inclusivo e plurale, è necessario che il corpo docente sia formato, sensibile e consapevole riguardo le tematiche di genere e alla cultura patriarcale intrinseca nella nostra realtà. Per questo crediamo sia importante che l’Ateneo stesso si faccia promotore di corsi di formazione indirizzati a tuttз lз docenti, ma anche a tutto il personale tecnico, amministrativo e bibliotecario (TAB), in quanto parte fondamentale della comunità di Ateneo» si legge nel report.
Il #MeToo delle università
Battute, richieste fuori luogo, commenti non voluti, molestie, abusi. Il caso della Sapienza non è unico: a metà febbraio all’Università di Torino ci sono forti proteste per due casi di molestie sessuali, per cui sono stati denunciati due insegnanti dell’ateneo.
Tutto è partito da un questionario fatto circolare subito dopo la morte di Giulia Cecchettin da Non Una di Meno Torino, Studenti Indipendenti e dal centro antiviolenza del campus Einaudi. Sono state raccolte 138 segnalazioni di molestie o vere e proprie violenze sessuali. In particolare, negli ultimi anni, a Torino sono emersi due casi: l’ex direttore della scuola di specializzazione di medicina legale Giancarlo Di Vella è agli arresti domiciliari con diverse accuse tra cui quelle di violenza sessuale, minacce e stalking. Si parla di palpeggiamenti, battute a sfondo sessuale e abusi che coinvolgono 5 specializzande e poi minacce e atti persecutori contro chiunque si opponesse a questi comportamenti («Se parlate vi rovino» si riporta sia stato l'ammonimento alle specializzande dopo l'apertura dell'inchiesta).
Anche il professore del dipartimento di filosofia Federico Vercellone è stato sospeso per un mese perché accusato di comportamenti inopportuni nei confronti di alcune dottorande dopo che sono emersi messaggi WhatsApp con battute e foto inappropriate. Lui ha ribattuto parlando di «caccia alle streghe». Parlare di “mele marce” non basta più (e non è mai bastato).