#microfeminism, su TikTok il trend che invita ai piccoli gesti femministi

L'obiettivo del movimento #microfeminism è quello di avviare una inarrestabile rivoluzione culturale sensibilizzando sull’importanza di micro gesti che combattono la cultura sessista

Un piccolo gesto, a volte, può fare un’enorme differenza. Soprattutto se non è unico, ma alimenta una catena di altri piccoli gesti che da onda finiscono per diventare marea. Ed è proprio da un singolo video che, su TikTok, un hashtag è diventato in pochi mesi una sorta di movimento culturale: #microfeminism, “microfemminismo” o anche "microfeminism", un neologismo che indica tutti quei piccoli gesti (appunto) femministi che donne (ma anche uomini) possono compiere nella vita quotidiana per contribuire a scardinare stereotipi e pregiudizi e combattere la cultura sessista.

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Com'è nato il trend del #microfeminism

A dare il via a questa tendenza è stata la produttrice 38enne Ashley Chaney, che lo scorso marzo ha condiviso su TikTok un video in cui ha spiegato che «quando invio una mail a un CEO, e devo mettere in copia eventuali assistenti per fissare un appuntamento, se l’assistente è donna inserisco sempre prima il suo indirizzo email e poi quello del CEO. È una delle mie forme preferite di microfeminism». 

Tempo pochi giorni e il video ha totalizzato milioni di visualizzazioni, scatenando il dibattito sul microfeminism e spingendo moltissime persone a contribuire al dibattito condividendo le loro piccole, ma significative repliche al sessismo e agli stereotipi di genere. E aiutando così ad acquisire consapevolezza del fatto che a volte basta davvero poco per scardinarli. 

«Il mio contributo è all'asilo in cui lavoro, chiamo sempre prima i papà quando i bambini sono malati e le mamme per domande sulla fatturazione», è una delle tante risposte arrivate a Chaney. E ancora: «Scrivo contratti immobiliari e metto sempre il nome della moglie al primo posto. Il marito esprime spesso dubbi, anche se non fa alcuna differenza per il contratto, solo per il loro ego», e «il mio è fare una breve pausa nella conversazione dopo le micro aggressioni da parte di colleghi maschi per poi dire "comunque" e passare a un altro argomento».

Tra gli altri comportamenti esemplificativi del microfemminismo ci sono, per esempio, “reclamare” il bracciolo del sedile sul treno se si è seduti vicino a un uomo, non dare per scontato che in posizioni apicali vi sia un uomo ma una donna, usare il femminile sovraesteso, e ancora chiamare in causa il più possibile colleghe e lavoratrici donne quando si discute di un progetto lavorativo. Gli esempi sono tantissimi, e molto spesso hanno a che vedere con il mondo del lavoro, dove d’altronde il concetto di patriarcato si esprime in forme molto evidenti e radicate. 

@fatbackpack.travel

These comments irk me more than they probably should. Because it’s not just about luggage or overpacking. It’s about women being thought of as “silly, ridiculous, impractical” etc. And I’m just done with it. #microfeminism #feminism #travel #femaletravel #solotravel #gapyear

♬ MILLION DOLLAR BABY (VHS) – Tommy Richman

A essere presi di mira sono infatti soprattutto quei comportamenti che si verificano sul luogo di lavoro, dove il gender gap è evidente già dalla scelta delle parole con cui ci si riferisce a chi lavora, ma il microfemminismo aiuta anche a capire quanto la cultura sessista sia radicata: iniziare a dare per scontato, attraverso il linguaggio e la comunicazione, che chi si occupa dei figli o della cura della casa non sia una donna ma un uomo è un primo passo per combattere questa visione ormai intrinseca e data per scontata.

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L’esempio di “Cara, Sei Maschilista!”

In Italia un’attivista in particolare è voluta intervenire sul tema. Karen Ricci, autrice della seguitissima pagina “Cara, Sei Maschilista!”, ha voluto chiarire ai suoi 49.600 follower (e non solo) che «il progetto parte proprio dai micromaschilismi quotidiani che abbiamo interiorizzato e che non ci rendiamo conto di portare avanti, facendo emergere come possiamo invece sovvertire secoli di tradizioni partendo da una auto consapevolezza. Agire in modo microfemminista vuol dire mettere in pratica azioni, linguaggi e comportamenti che sembrano irrilevanti, ma che a volte sono sufficienti per sconvolgere l’ordine “naturale” delle cose, aiutandoci a fermare quegli automatismi che hanno aiutato a costruire e sedimentare la cultura patriarcale».

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Tra gli esempi portati da Ricci ci sono quelli già citati: nominare le professioni al femminile, usare il femminile sovrasteso quando si parla davanti a un gruppo misto di persone, rivolgersi ai padri quando si è in una chat di genitori e non sempre alle madri, scegliere sistematicamente professioniste per realizzare i servizi necessari.

«Il microfemminismo da solo non sarà mai in grado di contrastare secoli di politiche sociali e economiche patriarcali, serve un lavoro collettivo, ma dobbiamo partire della consapevolezza». Per questo, conclude Ricci, la pratica quotidiana del microfemminismo aiuta a «diffondere l’idea che il femminismo non è un’ideologia campata per aria, ma una proposta tangibile di società equa, per tutte le persone. È inoltre la prova che se piccoli gesti danno fastidio, immaginate cosa potremmo fare se agissimo collettivamente».

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