Molestie, anche il luogo di lavoro non è sicuro per le donne: cosa ci dicono gli ultimi dati ISTAT
Avance, sguardi, offese fino ad arrivare a vere e proprie molestie fisiche. Le due milioni di molestate almeno una volta nella vita sul luogo di lavoro rappresentano l’81,6% del totale delle vittime (2,3 milioni di persone tra i 15 e i 70 anni). La fotografia scattata dall’ultimo report dell’Istat è preoccupante e conferma la radice strutturale e sistemica della violenza maschile contro le donne: l’autore delle molestie sulle donne è per lo più un collega maschio (37,3%) o una persona con cui si relaziona nel corso della propria attività come un cliente, un paziente o uno studente (26,2%). Gli uomini vengono importunati, invece, nel 26,4% dei casi da colleghe e nel 20,6% da colleghi.
Molestie sul lavoro, le giovani generazioni le più colpite
Le giovani generazioni, da poco nel mondo professionale, sono le più colpite dalle molestie sul lavoro. Il 12% delle vittime ha dai 15 ai 24 anni e il 10,8% è rappresentato da 25-34enni.
A pagare il prezzo maggiore sono le giovani donne. Il 21,2% nella fascia tra i 15 e i 24 anni ha subìto molestie mentre lavorava, contro il 4,8% dei coetanei uomini. Di poco inferiore è l’incidenza percentuale delle donne di età compresa tra i 25 e i 34 anni (18,9%, rispetto al 3,7% degli uomini)
Tra le offese ricevute si riportano sguardi inappropriati e lascivi che mettono a disagio; la proposta di immagini o foto dal contenuto esplicitamente sessuale che offendono, umiliano o intimidiscono; scherzi osceni di natura sessuale o commenti offensivi sul corpo o sulla vita privata; avance inappropriate, umilianti oppure offensive sui social; e-mail o messaggi sessualmente espliciti e inappropriati.
Una percentuale inferiore, invece, riporta molestie di natura fisica. In diminuzione sono, secondo i dati, i ricatti sessuali. Si stima che negli ultimi tre anni precedenti la rilevazione, le donne tra i 15 e i 70 anni sottoposte a qualche tipo di ricatto sessuale per ottenere un impiego, per mantenerlo o per una promozione siano state circa 65mila, pari allo 0,5% (rispetto all’1,1% della precedente rilevazione).
A incidere sulla riduzione del fenomeno, si legge nel rapporto, «l’ampio impatto delle azioni di denuncia come la campagna #meetoo e la disponibilità di un sistema di protezione legislativo e istituzionale delle vittime». Va considerato, inoltre, che il periodo analizzato corrisponde agli anni 2020-2023 e include, dunque, la pandemia in cui le occasioni di lavoro in presenza si sono fortemente ridotte.
Posizione lavorativa e livello di istruzione incidono sulle molestie sul lavoro
Subire molestie è un fenomeno che varia non solo a seconda del genere e dell’età, ma anche in base al titolo di studio. Sia le donne sia gli uomini con titolo di studio elevato nel corso della vita sono più esposti.
Il 14,8% delle donne di 15-70 anni di età in possesso di una laurea le subisce, contro il 12,3% di quelle che possiedono un titolo medio basso. Per gli uomini le rispettive percentuali sono pari al 3,2% e il 2,2%.
Inoltre, osservando la posizione professionale delle vittime, per gli uomini prevalgono le posizioni apicali, dirigenti, imprenditori e liberi professionisti con il 4,4% e i lavoratori in proprio (3,4%), mentre tra le donne sono più a rischio le operaie (16,4%) e le impiegate e i quadri direttivi (15,0%).
La mancanza di riferimenti per denunciare
L’80% delle donne, come sottolineano i dati ISTAT, ha subìto più volte le molestie nell’arco di tempo delle rilevazioni, rispetto al 60% degli uomini. Sia uomini sia donne denunciano raramente. Tra le donne, solo il 2,3% ha contattato le forze dell’ordine e il 2,1% altre istituzioni ufficiali.
Sul posto di lavoro le vittime donne si sono rivolte a consulenti nell’8% dei casi, direttamente al datore di lavoro o al loro superiore (14,9%) o si confidano con i colleghi di lavoro (16,3%).
Anche gli uomini si rivolgono in prevalenza ai colleghi (14,8%), cui segue il datore di lavoro o il superiore (8,8%), nonché alla figura che ha la responsabilità di intervenire quando si verificano questi fatti (6,8%). Si tende soprattutto a riportare alla cerchia di amici, parenti e familiari (41,5% le donne e 31% gli uomini), mentre non ne ha parlato con nessuno il 24,8% delle donne e il 28,7% degli uomini.
A pesare sulla difficoltà di denunciare è la mancanza di punti di riferimento in casi di molestia sessuale sul lavoro
L’86,4% del campione afferma che non esiste una persona a cui rivolgersi per denunciare o avere supporto nel caso di molestie. Il 69,7%, infatti, non saprebbe cosa fare. La risposta è prevalentemente negativa sia che si tratti di donne (il 64,8% di queste risponde negativamente) che di uomini (73,6% tra gli uomini).
Fuori dal lavoro la situazione non migliora: crescono le molestie via social
Allargando lo sguardo alle situazioni extralavorative le donne che hanno subìto molestie sono un milione 311mila (il 6,4%), di queste 743mila soltanto negli ultimi 12 mesi. Con lo sviluppo dei social e delle tecnologie – sottolinea ISTAT – il rischio si è esteso alla dimensione virtuale.
I social (WhatsApp, Messenger e altri) sono canali dove si possono ricevere proposte inappropriate, foto o video a contenuto sessuale, o dove possono essere diffusi o pubblicati foto e video a sfondo sessuale senza consenso
Nel periodo analizzato dall’indagine il 3,1% delle donne ha subito almeno una molestia ‘dal vivo’, l’1,7% tramite messaggi da una singola persona e l’1,9% attraverso piattaforme social in cui la vittima è di fronte a un pubblico indefinito.
«I dati dell’Istat confermano oggi che una legge sulle molestie con l’aggravante dei luoghi di lavoro e di studio è quanto mai urgente» ha commentato la senatrice Valeria Valente, aggiungendo: «Punire le molestie senza una fattispecie di reato in questo momento è molto difficile ed è anche per questo che le vittime non si rivolgono all’autorità giudiziaria. È dunque necessario introdurre il reato al più presto. Le molestie sono infatti una delle forme di discriminazione che colpiscono e penalizzano le donne nel lavoro».
Sul tema è intervenuta anche Lara Ghiglione, segretaria confederale della Cgil, osservando come non stupisca affatto «che a subire molestie sul luogo di lavoro siano soprattutto le donne e che a metterle in atto siano in larga parte colleghi maschi, non raramente “superiori” o datori di lavoro. È lo squilibrio di potere – ha affermato – e il permanere di una cultura che oggettivizza le donne».