Molestie, anche il luogo di lavoro non è sicuro per le donne: cosa ci dicono gli ultimi dati ISTAT

Non per tutte tornare alla propria scrivania in ufficio significa fare rientro in un luogo sicuro. Sono quasi due milioni le donne molestate almeno una volta nella vita sul luogo di lavoro. I dati arrivano dall’ultimo report dell'Istat "Le molestie: vittime e contesto", relativo agli anni 2022-2023, e ci raccontano come siano soprattutto le più giovani, tra i 15 e i 24 anni, a subire le molestie a lavoro. Ecco cosa è emerso

Avance, sguardi, offese fino ad arrivare a vere e proprie molestie fisiche. Le due milioni di molestate almeno una volta nella vita sul luogo di lavoro rappresentano l’81,6% del totale delle vittime (2,3 milioni di persone tra i 15 e i 70 anni). La fotografia scattata dall’ultimo report dell’Istat è preoccupante e conferma la radice strutturale e sistemica della violenza maschile contro le donne: l’autore delle molestie sulle donne è per lo più un collega maschio (37,3%) o una persona con cui si relaziona nel corso della propria attività come un cliente, un paziente o uno studente (26,2%). Gli uomini vengono importunati, invece, nel 26,4% dei casi da colleghe e nel 20,6% da colleghi.

Molestie sul lavoro, le giovani generazioni le più colpite

Le giovani generazioni, da poco nel mondo professionale, sono le più colpite dalle molestie sul lavoro. Il 12% delle vittime ha dai 15 ai 24 anni e il 10,8% è rappresentato da 25-34enni.

A pagare il prezzo maggiore sono le giovani donne. Il 21,2% nella fascia tra i 15 e i 24 anni ha subìto molestie mentre lavorava, contro il 4,8% dei coetanei uomini. Di poco inferiore è l’incidenza percentuale delle donne di età compresa tra i 25 e i 34 anni (18,9%, rispetto al 3,7% degli uomini)

Tra le offese ricevute si riportano sguardi inappropriati e lascivi che mettono a disagio; la proposta di immagini o foto dal contenuto esplicitamente sessuale che offendono, umiliano o intimidiscono; scherzi osceni di natura sessuale o commenti offensivi sul corpo o sulla vita privata; avance inappropriate, umilianti oppure offensive sui social; e-mail o messaggi sessualmente espliciti e inappropriati.

Una percentuale inferiore, invece, riporta molestie di natura fisica. In diminuzione sono, secondo i dati, i ricatti sessuali. Si stima che negli ultimi tre anni precedenti la rilevazione, le donne tra i 15 e i 70 anni sottoposte a qualche tipo di ricatto sessuale per ottenere un impiego, per mantenerlo o per una promozione siano state circa 65mila, pari allo 0,5% (rispetto all’1,1% della precedente rilevazione).

A incidere sulla riduzione del fenomeno, si legge nel rapporto, «l’ampio impatto delle azioni di denuncia come la campagna #meetoo e la disponibilità di un sistema di protezione legislativo e istituzionale delle vittime». Va considerato, inoltre, che il periodo analizzato corrisponde agli anni 2020-2023 e include, dunque, la pandemia in cui le occasioni di lavoro in presenza si sono fortemente ridotte.

Posizione lavorativa e livello di istruzione incidono sulle molestie sul lavoro

Subire molestie è un fenomeno che varia non solo a seconda del genere e dell’età, ma anche in base al titolo di studio. Sia le donne sia gli uomini con titolo di studio elevato nel corso della vita sono più esposti.

Il 14,8% delle donne di 15-70 anni di età in possesso di una laurea le subisce, contro il 12,3% di quelle che possiedono un titolo medio basso. Per gli uomini le rispettive percentuali sono pari al 3,2% e il 2,2%.  

Inoltre, osservando la posizione professionale delle vittime, per gli uomini prevalgono le posizioni apicali, dirigenti, imprenditori e liberi professionisti con il 4,4% e i lavoratori in proprio (3,4%), mentre tra le donne sono più a rischio le operaie (16,4%) e le impiegate e i quadri direttivi (15,0%).

La mancanza di riferimenti per denunciare

L’80% delle donne, come sottolineano i dati ISTAT, ha subìto più volte le molestie nell’arco di tempo delle rilevazioni, rispetto al 60% degli uomini. Sia uomini sia donne denunciano raramente. Tra le donne, solo il 2,3% ha contattato le forze dell’ordine e il 2,1% altre istituzioni ufficiali.

Sul posto di lavoro le vittime donne si sono rivolte a consulenti nell’8% dei casi, direttamente al datore di lavoro o al loro superiore (14,9%) o si confidano con i colleghi di lavoro (16,3%).

Anche gli uomini si rivolgono in prevalenza ai colleghi (14,8%), cui segue il datore di lavoro o il superiore (8,8%), nonché alla figura che ha la responsabilità di intervenire quando si verificano questi fatti (6,8%). Si tende soprattutto a riportare alla cerchia di amici, parenti e familiari (41,5% le donne e 31% gli uomini), mentre non ne ha parlato con nessuno il 24,8% delle donne e il 28,7% degli uomini.

A pesare sulla difficoltà di denunciare è la mancanza di punti di riferimento in casi di molestia sessuale sul lavoro

L’86,4% del campione afferma che non esiste una persona a cui rivolgersi per denunciare o avere supporto nel caso di molestie. Il 69,7%, infatti, non saprebbe cosa fare. La risposta è prevalentemente negativa sia che si tratti di donne (il 64,8% di queste risponde negativamente) che di uomini (73,6% tra gli uomini).

Fuori dal lavoro la situazione non migliora: crescono le molestie via social

Allargando lo sguardo alle situazioni extralavorative le donne che hanno subìto molestie sono un milione 311mila (il 6,4%), di queste 743mila soltanto negli ultimi 12 mesi. Con lo sviluppo dei social e delle tecnologie – sottolinea ISTAT – il rischio si è esteso alla dimensione virtuale.

I social (WhatsApp, Messenger e altri) sono canali dove si possono ricevere proposte inappropriate, foto o video a contenuto sessuale, o dove possono essere diffusi o pubblicati foto e video a sfondo sessuale senza consenso

Nel periodo analizzato dall’indagine il 3,1% delle donne ha subito almeno una molestia ‘dal vivo’, l’1,7% tramite messaggi da una singola persona e l’1,9% attraverso piattaforme social in cui la vittima è di fronte a un pubblico indefinito.

«I dati dell’Istat confermano oggi che una legge sulle molestie con l’aggravante dei luoghi di lavoro e di studio è quanto mai urgente» ha commentato la senatrice Valeria Valente, aggiungendo: «Punire le molestie senza una fattispecie di reato in questo momento è molto difficile ed è anche per questo che le vittime non si rivolgono all’autorità giudiziaria. È dunque necessario introdurre il reato al più presto. Le molestie sono infatti una delle forme di discriminazione che colpiscono e penalizzano le donne nel lavoro».

Sul tema è intervenuta anche Lara Ghiglione, segretaria confederale della Cgil, osservando come non stupisca affatto «che a subire molestie sul luogo di lavoro siano soprattutto le donne e che a metterle in atto siano in larga parte colleghi maschi, non raramente “superiori” o datori di lavoro. È lo squilibrio di potere – ha affermato – e il permanere di una cultura che oggettivizza le donne».

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