Diritto al dissenso cancellato e ambientalisti puniti con il carcere: perché la norma “anti-Gandhi” riguarda il nostro futuro
Una misura che minerà pesantemente il diritto di dissenso e di protestare pacificamente per l'ambiente: la norma "anti-Gandhi" introduce pene detentive per chi blocca strade o ferrovie durante le proteste. Chi commette tali atti rischierà fino a 1 mese di carcere, ma se la manifestazione coinvolge più persone la pena sale a un periodo di reclusione fino a 2 anni.
Questa misura, prima di diventare legge, dovrà ottenere il via libera del Senato, ma già si preannuncia come uno degli interventi più discussi e criticati degli ultimi anni
Infatti, la norma sembra colpire direttamente categorie specifiche, come i movimenti ambientalisti, uno tra tutti quello di Ultima Generazione, che negli ultimi mesi ha organizzato numerosi sit-in e blocchi stradali per portare all'attenzione dei cittadini e dei media la grave crisi ambientale che stiamo vivendo.
Se il traffico venisse bloccato da qualsiasi altro mezzo, come trattori, e non dal proprio corpo, la norma non si applicherebbe. Si tratta quindi di qualcosa che sembra cucito su misura attorno alle proteste di Ultima Generazione nonché di un vero inasprimento delle pene, dato che fino a ora la punizione consisteva in semplici sanzioni pecuniarie o pene minori.
La norma, poi, non si limita a colpire solo le proteste ambientaliste, ma colpisce anche le manifestazioni contro opere pubbliche strategiche, come il progetto del ponte sullo Stretto di Messina e la TAV
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Le reazioni delle associazioni ambientaliste alla norma "anti-Gandhi"
Le critiche da parte dell'opposizione e del mondo dell'associazionismo non si sono fatte attendere, sottolineando come l'introduzione di questo articolo rappresenti un serio rischio per i diritti degli studenti e dei lavoratori che, occupando una strada per protesta, potrebbero incorrere in un reato penale.
Tutto questo si tradurrebbe un soffocamento del diritto al dissenso
Il governo, con questa nuova serie di misure, ha dichiarato di voler adottare un approccio più rigido contro gli attivisti e i manifestanti che, negli ultimi tempi, hanno ricorso a forme di protesta più radicali.
Il presidente del WWF Italia, Luciano Di Tizio, ha espresso una dura critica all'approvazione dell'articolo 14, sottolineando che “la risposta a chi protesta per chiedere un’azione più incisiva contro il cambiamento climatico non può essere il carcere. Si tratta di una compressione inaccettabile del diritto al dissenso”. Ha inoltre ribadito che la crisi ambientale e climatica è una fonte di profonda ansia e frustrazione per le nuove generazioni e che rispondere con misure repressive non solo non risolverebbe il problema, ma rischierebbe di amplificare fenomeni come l’eco-ansia. Di Tizio ha continuato sottolineando: “Siamo in un momento cruciale che definirà il nostro futuro e quello delle generazioni future. La nostra vita come la conosciamo rischia di cambiare. Ce lo dice la scienza, ce lo ricordano il caldo record di quest’estate e le piogge torrenziali che hanno colpito il nostro Paese", invitando a considerare la protesta come un segnale di allarme da ascoltare piuttosto che da reprimere.
Le misure contro Ultima Generazione
Sul fronte opposto, la richiesta di sorveglianza speciale per Giacomo Baggio, consulente legale e attivista di Ultima Generazione, sta facendo discutere.
La misura proposta prevede restrizioni solitamente riservate agli imputati per reati di mafia, tra cui l’obbligo di non allontanarsi dal proprio Comune di residenza, il coprifuoco notturno dalle 20 alle 7, l’obbligo di firma quotidiano e il divieto di partecipare a manifestazioni, eventi sportivi e processioni religiose
A questo punto, ci si chiede se viviamo davvero in un Paese libero e democratico o se stiamo assistendo, giorno dopo giorno e norma dopo norma, a un progressivo aumento della repressione.
Federica Gasbarro collabora con The Wom in modo indipendente e non è in alcun modo collegata alle inserzioni pubblicitarie che possono apparire all'interno di questo contenuto.